video suggerito
video suggerito
TikTok

Partono le indagini dell’Fbi e del Dipartimento di Giustizia: TikTok è accusato di spiare gli utenti

Continuano i ban, dopo la Commissione e il Parlamento europeo, anche la Gran Bretagna e la Nuova Zelanda decidono di vietare il social sui dispositivi del governo.
A cura di Elisabetta Rosso
68 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

TikTok ormai è accerchiato. Mentre i ban continuano a macchia di leopardo (la Gran Bretagna e la Nuova Zelanda sono solo gli ultimi della lista) il social network deve affrontare le indagini del Dipartimento di Giustizia degli Usa. Tutto è iniziato a dicembre 2022, quando la grande paura dell’America è diventata realtà: TikTok spia gli utenti. Ad ammetterlo è stata proprio la società ByteDance, che ha rilevato come alcuni dipendenti abbiano rintracciato e spiato i giornalisti che seguivano le mosse l'azienda, accedendo ai loro indirizzi IP e ai dati degli utenti, per far luce su una presunta fuga di notizie all’interno dell’azienda.

Su queste basi è stata costruita l’aggressiva contro risposta statunitense. Il 14 dicembre, il Senato ha approvato un disegno di legge, il No TikTok on Government Devices Act per impedire ai dipendenti federali di utilizzare il social sui dispositivi del governo, seguita poi dalla Commissione e dal Parlamento europeo. Ora, come ha spiegato il New York Times, il Dipartimento di Giustizia ha aperto un'indagine per dare delle risposte a quei timori che martellano nella testa dell’America ormai da due anni.

L'indagine del Dipartimento di Giustizia degli Usa

La divisione criminale del dipartimento, l'FBI e il procuratore statunitense per il distretto orientale della Virginia stanno indagando su ByteDance, per capire anche quale rapporto lega TikTok con il governo di Pechino. La preoccupazione più grande infatti non è tanto la raccolta dei dati (cosa che ha fatto ogni social network, Facebook e Instagram funzionano allo stesso modo) ma il rischio che quelle informazioni vengano strumentalizzate dalla Cina per minare le istituzioni democratiche, favorire la dipendenza da internet tra i giovani, spiare e influenzare l’Occidente. L'amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, dovrà testimoniare davanti al Comitato per l'energia e il commercio della Camera la prossima settimana, e affrontare tutte le domande sui legami dell'app con la Cina, sui timori che fornisca contenuti dannosi ai giovani.

Dietro le paure però c’è anche la strategia. In campo c'è una guerra ibrida, e infatti TikTok ha rivelato questa settimana che l'amministrazione Biden aveva chiesto al suo proprietario di vendere l'app (app che era già stata bloccata dai telefoni governativi in diverse aree dell’Occidente) o di affrontare un possibile divieto a livello nazionale.

Il caso dei giornalisti spiati da TikTok

È stato tutto piuttosto semplice. I dipendenti di ByteDance, stavano cercando una talpa, qualcuno che avesse parlato tradendo l’azienda. E allora hanno cominciato una caccia provando a ripercorrere le fughe di notizie, conversazioni interne, e documenti commerciali. Sono partiti chiaramente dai giornalisti che si occupavano di raccontare l’azienda, convinti che la spia interna avesse comunicato con loro rivelando informazioni che dovevano rimanere segrete.

Hanno così ottenuto l'accesso agli indirizzi IP e altri dati dei giornalisti e delle persone a cui erano collegati tramite i loro account TikTok. Come spiega l’azienda sono stati immediatamente licenziati, non solo ha anche rassicurato mettendo sul piatto la sua nuova proposta di sicurezza: l'archiviazione dei dati degli americani negli Stati Uniti, e la costruzione di nuovi data center in Europa. "Se l'obiettivo è proteggere la sicurezza nazionale, il disinvestimento non risolve il problema: un cambio di proprietà non imporrebbe alcuna nuova restrizione ai flussi di dati o all'accesso", ha dichiarato questa settimana Maureen Shanahan, portavoce di TikTok.

In realtà il Responsabile Relazioni Istituzionali del Sud Europa di TikTok Giacomo Lev Mannheimer, ha spiegato: “I dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all'interno dell'Unione Europea nei data center irlandesi. Così come dichiarato pubblicamente più volte, il governo cinese non ha mai chiesto l'accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo".

Gli ultimi divieti in Nuova Zelanda e nel Regno Unito

La lista si allunga e anche la Nuova Zelanda ha deciso che da marzo TikTok sarà vietato su tutti i dispositivi che hanno accesso alla rete del Parlamento. L'amministratore delegato del servizio parlamentare neozelandese, Rafael Gonzalez-Montero, ha spiegato che la decisione è stata presa dopo una serie di consulenze con esperti di sicurezza informatica: "Sulla base delle informazioni ricevute, il Servizio ha stabilito che i rischi non sono accettabili nell'attuale ambiente parlamentare neozelandese".

Già all’inizio di questa settimana, il Regno Unito aveva annunciato il ban di TikTok. Il primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak pochi giorni prima che il divieto diventasse ufficiale aveva spiegato: “Prenderemo tutte le misure necessarie per proteggere la sicurezza. Stiamo guardando quello che fanno i nostri alleati. Vogliamo assicurarci di proteggere l'integrità e la sicurezza delle informazioni sensibili”. Ora i dipendenti governativi dovranni cancellare l’app dai loro dispositivi.

L’Italia bannerà TikTok?

Come dicevamo la lista diventa sempre più lunga, tutto è partito dagli Stati Uniti, poi si è aggiunto il Canada, e i timori hanno fatto leva anche sul Parlamento e sulla Commissione europea, sul Belgio, e ora hanno trovato terreno fertile anche in Gran Bretagna e Nuova Zelanda. Lo schema è lo stesso di Huawei. È partito tutto con il ban dagli Stati Uniti che accusano l’azienda di spionaggio e poi è cominciata la pressione sull'Unione Europea che ha scelto di seguire la linea dura degli Usa.

Il tema è arrivato anche sui banchi del governo italiano guidato da Giorgia Meloni. Il primo commento è stato quello di Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica Amministrazione: “Le opzioni possono essere di muoversi come si è mossa la Commissione europea o eventualmente assumere una decisione diversa. È una scelta che non posso compiere in solitaria, mi devo confrontare con le altre istituzioni e insieme concorderemo una linea”, ha spiegato. Sembra però che al momento non ci siano piani effettivi per bloccare il social in Italia

68 CONDIVISIONI
356 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views