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Intelligenza artificiale (IA)

Paolo Benanti, il frate delle commissioni sull’IA: “Questa tecnologia ha un rischio molto chiaro”

Classe 1973, Paolo Benanti è un francescano del Terzo Ordine Regolare. Il suo saio negli ultimi mesi è entrato a far parte di tre commmissioni sull’intelligenza artificiale. La più prestigiosa è quella dell’Onu che ha radunato 39 esperti provenienti da tutto il mondo. Lui è l’unico italiano.
Intervista a Paolo Benanti
Francesco esperto di etica, bioetica ed etica delle tecnologie
A cura di Valerio Berra
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Le commissioni sull’intelligenza artificiale stanno diventano talmente tante che sembrano create con l’intelligenza artificiale stessa. Prima c’è stata quella aperta dal Sottosegretario Alberto Barachini per occuparsi degli effetti sull’editoria. Quella diventa nota per essere guidata da Giuliano Amato. Poi è arrivata  quella voluta dal Sottosegretario Alessio Butti guidata dal professore di informatica Gianluigi Greco. In tutto questo anche l’Onu ha deciso di aprire una commissione sull’intelligenza artificiale con 39 esperti provenienti da tutto il mondo.

Queste tre commissioni hanno una cosa in comune. Meglio, una persona: Paolo Benanti. Classe 1973, francescano del Terzo Ordine Regolare e docente di etica alla Pontificia Università Gregoriana. Nel 2012 ha chiuso il suo dottorato in teologia morale con una tesi dal titolo The Cyborg. Corpo e corporeità nell'epoca del postumano. Nelle sue tante biografie si legge anche "consigliere di Papa Francesco sull'intelligenza artificiale".

Ha accumulato tre nomine in tre commissioni sull’intelligenza artificiale. 

Certo, ma questo non è la cosa più importante. È chiaro che stiamo vivendo un’accelerazione dell’intelligenza artificiale e la possiamo misurare da un dato molto semplice.

Quale?

Il valore di OpenAI. Nel 2018 era 100 milioni di dollari, nel gennaio 2023 era 11 miliardi di dollari, e oggi è stimato sugli 80 miliardi di dollari. Nel Parlamento Europeo si parla di AI Act, il primo regolamento su questo settore. La tecnologia sta cambiando i contorni della realtà in cui viviamo.

Si parla molto dell’impatto che avrà su di noi. Ma forse questi contorni non sono stati ancora tracciati.

L’intelligenza artificiale è una tecnologia destinata a cambiare tutte le cose che conosciamo. Interverrà su tutto: sul mondo in cui intendiamo l’industria e sui social. Io mi occupo di etica e quindi cerco di capire come questa tecnologia cambierà gli equilibri di potere.

Proviamo a dare una definizione di intelligenza artificiale.

È un problema. Anzi, è il primo problema. Non è un caso. C’è una corsa tra gatti e topi, tra i regolatori che vogliono mettere dei confini e le aziende che vogliono fuggire alla definizione di questa tecnologia. C’è chi si sta tirando indietro dicendo che i suoi software non sono basati sull’intelligenza artificiale.

E quindi cosa possiamo dire?

Io per adesso mi atterrei alla definizione che abbiamo usato per l’AI Act: l’intelligenza artificiale è un sistema software che può adattarsi a diversi contesti e raggiungere degli scopi che gli permettono di alterare la realtà a cui viene applicata. Questa più che una definizione è una descrizione.

Lei è un francescano, cosa vuol dire?

Io come scelta di vita sono un francescano. Questo dice qualcosa ma non dice tutto. Ho scelto i vivere in una comunità dove condividiamo beni e valori e in questa comunità mi sono occupato prima di studiare l’etica dell’intelligenza artificiale e poi insegnarla. Essere un francescano mi aiuta a vedere questo tema dalla parte degli ultimi e dei più fragili.

Qual è l’ambito più rischioso in cui viene utilizzata l’intelligenza artificiale?

Quando l’intelligenza artificiale viene agli esseri umani come me e come lei, non solo predice quello che succede ma produce dei risultati. La prima cosa che dovremo capire dell’intelligenza artificiale è cosa succede quando le viene data in deroga la nostra libertà.

Cosa la attrae della tecnica?

Io vengo da questo mondo. Prima di entrare in convento ho fatto studi di ingegneria. La tecnica ha sempre avuto un certo fascino su di me. Tutto quello che è tecnico, richiede un approfondimento anche etico.

Cosa ha chiesto la prima volta che ha provato ChatGPT?

Ogni volta che ho provato una versione di ChatGPT ho chiesto sempre la stessa cosa: una barzelletta. Creare una barzelletta non è banale, soprattutto se si vuole fare ridere. La macchina non può scrivere solo una parola dietro dietro l’altra ma deve pensare a una struttura sintattica complessa.

E come è stato il risultato?

Con ChatGPT 3.0 è stato pessimo. Con ChatGPT 3.5 niente di che. ChatGPT 4.0 mi ha impressionato.

Il paragone con il Nome della Rosa è molto facile.

Non esageriamo, fa più furbetto.

Per certi lavori l’intelligenza artificiale si sta mostrando ottima. Può svolgere i compiti più ripetitivi, più veloci, più semplici. Ci renderà forse più pigri?

Io sono nato nel 1973. Ancora oggi mi ricordo i numeri di telefono di tutti i ragazzi con cui andavo a giocare a pallone. Oggi non è più così ma non per questo abbiamo perso le nostre capacità cognitive. Dobbiamo vederla in maniera diversa. Possiamo liberare energie per altro ma questo non vuol dire che diventeremo tutti Einstein. Siamo di fronte a una possibilità di cambiamento.

Cosa possono fare gli Stati per regolare l’intelligenza artificiale?

Il mondo della tecnologia è dominato da società che hanno un valore di miliardi di dollari. La regolamentazione serve per mettere dei margini in ambiti in cui il desiderio di profitto potrebbe portare solo a risultati negativi. Gli Stati hanno il diritto di mettere al riparo i cittadini da queste aziende e garantire tutti i diritti delle carte costituzionali.

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