Ora Elon Musk può impiantare i suoi chip nel cervello di altri pazienti: il futuro di Neuralink
Incidenti di percorso che non fermano il progresso. I problemi che sono stati riscontrati nel chip cerebrale Telepathy, l'impanto di Neuralink che è stato installato con un intervento nel cervello di Noland Arbaugh, dimostrano che anche nella scienza c'è un lato umano. Il paziente tetraplegico ha ammesso di aver pianto quando ha scoperto che il dispositivo non funzionava più a dovere. Poi, però, ha capito che il progresso non si ferma con lui. "Ci ho messo qualche giorno per capire che tutto quello che ho fatto fino a quel punto avrebbe avvantaggiato tutti quelli che verranno dopo di me".
E infatti gli esperimenti non si fermano al primo intoppo. Molto presto potrebbe essere annunciato l'intervento su un secondo paziente che dovrebbe arrivare già entro giugno, come riportato dal Wall Street Journal. Un passo avanti verso l'obiettivo ambizioso di Elon Musk: arrivare entro la fine di quest'anno a dieci Telepathy impiantati nel cervello di altrettanti volontari.
Perché la FDA si è convinta a dare l'ok per il secondo impianto
Il semaforo verde l'ha acceso la Food and Drug Administration (FDA), l'agenzia statunitense che regolamenta tutto quello che riguarda la salute. Per convincere l'ente a dare l'ok a nuovi esperimenti ci sono volute rassicurazioni da parte di Neuralink. L'azienda avrebbe proposto di scendere più in profondità con i sottilissimi fili impiantati nella corteccia motoria: dai 5 millimetri del primo impianto, il nuovo Telepathy verrà spinto fino a 8 millimetri nel secondo paziente. Quasi il doppio rispetto al dispositivo installato nel cervello di Arbaugh.
Ora che è stato superato l'ostacolo più grande, cioè ricevere l'ok dalla FDA, il resto del processo è in discesa. Non mancano, infatti, i candidati tetraplegici che vogliono farsi impiantare il dispositivo sperimentale per riacquistare autonomia. Sarebbero almeno mille le persone che si sono presentate come possibili volontari. Non tutti, però, hanno superato una selezione iniziale. Così il gruppo di idonei è stato ridotto a cento persone. Abbastanza da poterne scegliere almeno uno per il secondo esperimento che dovrebbe avvenire già a giugno. E abbastanza anche per scegliere i prossimi otto potenziali candidati per raggiungere la soglia di dieci impianti installati come vuole Musk.
I problemi con l'impianto di Noland Arbaugh, il primo paziente
I candidati iniziali erano più di mille, oltre a quelli che continuano a rispondere agli appelli di Musk (l'ultimo è del 17 maggio). Nessuno di loro si è fatto scoraggiare dai problemi che sono stati riscontrati nel primo esperimento. E nonostante lo sconforto iniziale, neanche Arbaugh si è fatto abbattere dal malfunzionamento dell'impianto.
Dopo appena un mese dall'intervento che gli aveva donato una nuova forma di indipendenza, il ventinovenne dell'Arizona ha cominciato a notare una riduzione nel funzionamento del dispositivo. In sostanza, il cursore che poteva comandare con la sola forza del pensiero ha cominciato a perdere velocità e precisione. Il responso era chiaro: solo il 15% dei fili impiantati stava funzionando correttamente. Un colpo per Arbaugh, che ha visto la propria autonomia scomparire subito dopo averla riacquistata.
Un problema legato al movimento del cervello dentro la scatola cranica. O meglio un problema di calcoli: i movimenti intracranici in Arbaugh sono stati tre volte superiori rispetto a quello che si aspettavano i ricercatori. Non che fosse un rischio inatteso: lo stesso comportamento era stato già registrato negli esperimenti sugli animali che sono stati fatti prima di passare a quelli sugli esseri umani.
Riaprire il cranio è stato sconsigliato dai medici che seguono il caso di Arbaugh. Così, gli scienziati di Neuralink hanno dovuto intervenire senza spingere di nuovo i fili nel cervello di Arbaugh. Un aumento nella sensibilità degli elettrodi che si trovano sui fili ancora integri è stato sufficiente per riportare l'impianto al funzionamento corretto. Per il prossimo paziente, invece, si interverrà direttamente alla radice, portando i 1024 elettrodi a quasi un centimetro di profondità nel cervello, nella speranza che sia sufficiente per lasciare i 64 fili al loro posto.