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Ora anche gli screenshot di WhatsApp possono essere usati in tribunale: cosa cambia per gli utenti

Negli ultimi decenni le prove digitali hanno assunto un ruolo centrale nei procedimenti giudiziari. I documenti fisici, le testimonianze orali e le prove materiali sono state affiancate da mail, chat, registrazioni audio, metadati, geolocalizzazione e blockchain. Ora gli screenshot di WhatsApp possono essere utilizzati come prove documentali.
A cura di Elisabetta Rosso
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Sembrava un ordinario caso civile tra un privato e una ditta di serramenti. Il cliente aveva pagato solo un terzo delle cifra stabilita, l'azienda chiedeva che gli accordi venissero rispettati e quindi che il privato pagasse il servizio completo. Il Tribunale di Pavia inizialmente ha accolto la tesi del cliente, non c'erano infatti prove che confermassero gli accordi sul pagamento, eppure la Corte d'appello di Milano ha ribaltato la sentenza. Tutto grazie a un messaggio su WhatsApp.

Uno screesnshot della fattura presentato come prova ha confermato che gli accordi iniziali non erano stati rispettati dal cliente. E così per la prima volta viene riconosciuta la valenza probatoria alla messaggistica digitale WhatsApp nei giudizi civili. Gli screenshot possono quindi essere utilizzati come prove documentali, salvo contestazione di autenticità.

Come funzionano gli screeenshot

Con l'ordinanza 1254/2025, la Cassazione ha riconosciuto la valenza probatoria di WhatsApp nei giudizi civili. I messaggi WhatsApp sono documenti elettronici giuridicamente rilevanti anche se non firmati. Rientrano quindi nel novero delle riproduzioni informatiche previste dall'articolo 2712 del Codice civile. Hanno quindi piena efficacia  e possono essere legittimamente acquisiti mediante semplice riproduzione fotografica. Deve essere però verificata la provenienza e l'attendibilità degli screenshot, possono essere fondamentali prove accessorie, come metadati, email di conferma, estratti server o registrazioni notarili.

Non solo, affinché WhatsApp venga considerata una prova valida non solo il dispositivo deve essere identificabile ma anche attribuito a una persona specifica, lo screenshot poi non deve essere manipolato. Infine non deve essere contestato dalla controparte, se infatti viene negata l'autenticità, lo screenshot può non essere considerato valido.

L'evoluzione delle prove digitali

Negli ultimi decenni le prove digitali hanno assunto un ruolo centrale nei procedimenti giudiziari. Per esempio con l'articolo 20 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) i documenti informatici hanno acquisito lo stesso valore probatorio di quelli cartacei a patto che rispettino specifici criteri di autenticità.  I documenti fisici, le testimonianze orali e le prove materiali sono state affiancate da mail, chat, registrazioni audio, metadati, geolocalizzazione e blockchain. Prove più semplici da modificare e quindi valutare l'autenticità. Di conseguenza l'informatica forense ha assunto un ruolo centrale nella verifica delle prove digitali. 

Diverse sentenze hanno progressivamente riconosciuto il valore probatorio delle prove digitali. Il Tribunale di Milano nel 2016 ha considerato valida una mail senza firma digitale che non era stata contestata. Il Tribunale di Roma nel 2018 ha usato come prova di diffamazione online un post su Facebook. Ora anche gli screenshot di WhatsApp possono essere utilizzati come prove documentali.

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