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Oltre 200.000 dipendenti pubblici italiani potrebbero essere sostituiti dall’IA: i lavori più a rischio

Lo studio di FPA mostra come l’IA impatterà sulla pubblica amministrazione. L’unica via è investire nella formazione. Sarà necessario individuare le competenze che saranno ancora richieste e capire cosa sta cambiando per adattarsi e reindirizzare i dipendenti verso settori emergenti.
A cura di Elisabetta Rosso
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L'intelligenza artificiale (IA) cambierà il mondo del lavoro, lo sta già facendo. E i numeri lo dimostrano. Stando ai dati, l'IA impatterà sulla metà dei dipendenti pubblici italiani, e oltre 200.000 persone rischiano di perdere il lavoro. Lo studio è stato presentato il 21 maggio da Fpa durante il Forum Pa 2024, l'evento annuale dedicato al mondo della Pubblica Amministrazione. Secondo i dati raccolti, "il 57% dei dipendenti pubblici è altamente esposto all’IA, circa 1,8 milioni di lavoratori. Al contrario, impatterà in modo moderato sul 28%, e il solo 15% subirà un’influenza minima o nulla."

L'IA potrebbe migliorare la produttività, sollevando dalle mansioni ripetitive e meccaniche, e infatti l'80% dei dipendenti, secondo lo studio, potrebbero trarre vantaggio dalla tecnologia. Ma c'è anche chi rischia di perdere il lavoro.

Il 12% dei dipendenti (circa 218.000 lavoratori) "ha una scarsa sinergia con l’intelligenza artificiale, quindi un rischio concreto di essere sostituito. Questa situazione riguarda principalmente professioni con scarsa specializzazione e compiti ripetitivi e prevedibili. Il restante 8% (circa 154.000 dipendenti) è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione." Tra le professioni più esposte ci sono assistenti e operatori amministrativi.

Quali lavori sono a rischio

È un tema che accompagna tutte le trasformazioni, a ogni rivoluzione aumentano le competenze richieste. E infatti i lavori più esposti sono proprio quelli a bassa specializzazione, le mansioni routinarie, prevedibili e ripetitive. "Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti hanno un potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione", si legge nella ricerca.

"Sarà necessaria una riconsiderazione dei ruoli e di una riqualificazione per mitigarne gli effetti. La rivoluzione dell'IA rappresenta la ‘terza ondata' di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia".

Chi è al sicuro dall'intelligenza artificiale

Ci sono anche professioni a elevata complementarità con l’intelligenza artificiale. La tecnologia non andrà infatti a sostituire ma aiuterà chi ricopre un alto grado di responsabilità. Tra questi ci sono dirigenti, personale con ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.

"La maggiore sinergia tra lavoro e intelligenza artificiale emerge soprattutto nell’istruzione e ricerca, dove la percentuale di personale ad alta complementarità con l’AI è del 91,9%", si legge nello studio.

Come affrontare l'arrivo dell'IA

L’unica via è investire nella formazione. Per prima cosa sarà necessario individuare le competenze che saranno ancora richieste, e capire cosa sta cambiando per adattarsi alle richieste del mercato. Per farlo, è necessario inserire i dipendenti in percorsi di reskilling, per reindirizzarli verso i settori emergenti. D'altronde la possibilità di riconversione c’è in tutti i campi.

"Di fronte a un simile impatto, la pubblica amministrazione è chiamata ad una riforma strutturale. Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie", ha spiegato Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Fpa.

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