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Obbligo di webcam durante l’orario di lavoro? Ora l’azienda deve pagare 73.000 dollari per violazione della privacy

La società di Chetu, in Florida, aveva licenziato uno dei suoi lavoratori da remoto perchè si era rifiutato di lavorare con la telecamera accesa.
A cura di Elisabetta Rosso
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Il 23 agosto l'azienda Chetu, una società di software statunitense, comunica a uno dei suoi dipendenti da remoto che ha l'obbligo di tenere la telecamera accesa per otto ore di fila. Lui si rifiuta, tre giorni dopo viene licenziato per insubordinazione. Ora l’azienda è stata condannata a pagare 73.000 dollari. Il tribunale olandese la scorsa settimana ha emesso la sua sentenza:il licenziamento "non era legalmente valido".

Così l’azienda, con sede in Florida, sarà costretta a risarcire il dipendente. Deve pagare più di 2000 dollari di stipendi arretrati, 8000 per il licenziamento illegittimo, e l'indennità per le ferie non pagate. Infine una multa da 50.000 dollari. L’obbligo infatti, sarebbe in contrasto con il diritto alla privacy dei lavoratori. Nel verdetto la corte suggerisce anche che la sorveglianza tramite webcam è una violazione dei diritti umani.

La spiegazione del dipendente

“Non mi sento a mio agio a essere monitorato per 9 ore al giorno da una telecamera. Questa è un'invasione della mia privacy e mi fa sentire davvero a disagio. Per questo motivo la mia fotocamera non era accesa”, il documento del tribunale cita la comunicazione dell'anonimo dipendente a Chetu. Un’invasione, tra l’altro, non motivata, dato che l’azienda poteva già monitorare tutte le attività sul suo laptop attraverso la condivisione del suo schermo.

La sentenza del tribunale

"Il monitoraggio tramite telecamera per otto ore al giorno è sproporzionato e non consentito nei Paesi Bassi", ha affermato il tribunale nel suo verdetto. Non solo, la Corte sottolinea che il monitoraggio è contro i diritti umani del dipendente e viola anche la Convenzione per la protezione dei Diritti umani e libertà fondamentali, “la videosorveglianza di un dipendente sul luogo di lavoro, occulta o meno, deve essere considerata come una notevole intrusione nella vita privata del dipendente, e quindi il giudice ritiene che essa costituisca un'ingerenza ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione”. Ribadisce infine che, da un lato "il datore di lavoro non ha chiarito a sufficienza i motivi del licenziamento", dall’altro "non ci sono state prove di un rifiuto di lavorare, né c'è stata alcuna istruzione ragionevole".

Il problema della Florida

L’azienda deve pagare la multa per un semplice motivo. Il tribunale era olandese. Se invece il dipendente avesse fatta causa a Chetu in Florida, la sentenza probabilmente sarebbe stata diversa. È infatti uno stato “at-will”, (a volontà), ovvero sia il dipendente, sia il datore lavorano insieme senza alcun vincolo contrattuale a lungo termine. Questo vuol dire che se il proprietario di un’azienda vuole licenziare qualcuno lo può fare senza incagliarsi in ostacoli legali e burocratici. Rimane però una clausola, il datore può licenziare un dipendente per qualsiasi motivo a meno che non violi la legge. A quel punto è possibile intentare una causa.

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