“Maschere del respiro e bagni gelati”: siamo stati al raduno dei biohacker che non vogliono più invecchiare
Siamo sull'Appennino a 1.250 metri di altitudine. Piove, ci sono quattro gradi, e intorno a noi uomini e donne si tolgono pantaloni, giacche, impermeabili, magliette, calzini e guanti. Rimangono in costume, qualcuno tiene un cappello di lana sulla testa. Urlano. Uh ah. Uh ah. Uh ah. Applausi. Una volta spogliati si prendono per mano ed entrano con gli occhi chiusi dentro l'acqua gelida del lago. “Affrontate questa sfida, tenendo presente qual è il nostro obiettivo. Accogliete il freddo. Sorridete, accogliete questo sentimento di vittoria,” dice Leonardo, coach di biohacking. È stato il primo a immergersi e ora fermo a riva, con i piedi a pochi centimetri dall'acqua, guida la pratica dell'esposizione al freddo.
Siamo a un ritiro di biohacking naturale. Il percorso inizia dal rifugio Lagdei, tra le montagne vicino a Parma. Una volta arrivati abbiamo trovato un gruppo di dodici persone disposte in semicerchio. Inspiravano ed espiravano, poi hanno scrollato gambe e braccia e in silenzio si sono immersi nella nebbia bassissima. Lungo la salita per raggiungere il lago Leonardo Pelagotti spiega: “Con il biohacking intendiamo tutte quelle pratiche, naturali o tecnologiche, che permettono di ottimizzare il nostro corpo e i nostri meccanismi biologici. Noi usiamo qualche strumento tech ma pratichiamo soprattutto biohacking naturale, non facciamo parte di quella corrente legata al transumanesimo, vogliamo solo hackerare il nostro corpo per migliorare le funzioni fondamentali”.
Come funziona il biohacking: l’obiettivo è superare i limiti umani
Possiamo dividere il biohacking in tre grandi categorie: naturale, biologico e tecnologico. Gli obiettivi sono simili, potenziare il corpo, la mente, allungare l'aspettativa di vita e ritardare la vecchiaia. La ricerca della longevità prevede metodi più o meno invasivi. C’è chi come Leonardo e il gruppo di biohacker pratica l’esposizione al freddo e la meditazione, e chi invece decide di sperimentare la medicina di precisione, fare trasfusioni di sangue e trapianti fecali.
I biohacker però non vogliono solo potenziare il corpo e aumentare l’aspettativa di vita, c'è anche chi cerca di invertire il processo di invecchiamento, come dimostra l’esperimento Blueprint di Brian Johnson (il miliardario che fa trasfusioni con il sangue del figlio e misura le sue erezioni notturne).
Perché le persone scelgono di diventare biohacker
Per capire meglio come ci si avvicina al biohacking chiediamo a chi ha deciso di partecipare al ritiro. Giulio, 55 anni, racconta: "Ero da un po’ alla ricerca di qualcosa che mi facesse stare bene, volevo anche ritardare l'invecchiamento, per questo mi sono avvicinato all’esposizione al freddo”. Alcuni hanno trovato annunci su internet, molti sono stati introdotti da fidanzati, fidanzate, compagni, amici, tanti hanno deciso di iniziare il percorso insieme.
“Io e mio marito abbiamo deciso di fare i ritiri per rimanere giovani e allungare le aspettative di vita”, racconta Martina, 46 anni. Accanto a lei Dario, 37 anni, spiega “sai non è solo allungare le aspettative di vita è proprio arrivare meglio alla vecchiaia quindi ritardarne i sintomi”. Non è una parola a caso, "sintomi", i biohacker infatti trattano l'invecchiamento come una malattia, l'obiettivo è trovare la cura.
Ci fermiamo, siamo quasi arrivati al lago, ora è necessario scaldare il corpo. Leonardo sale su una roccia in mezzo al bosco. Tutti si radunano attorno a lui, posano gli zaini e alzano le mani verso il cielo, chiudono gli occhi e seguono la voce del coach che scandisce quando piegarsi, allargare i piedi, spingere un’energia invisibile con il palmo prima della mano destra e poi della sinistra. Dopo circa dieci minuti riprendiamo il cammino, manca poco al lago, dice Leonardo.
L'immersione nel lago e l'esposizione al freddo
La respirazione, la meditazione, l'esposizione al freddo fanno parte del biohacking naturale. “In questo corso noi pratichiamo il metodo Wim Hof”, spiega Leonardo, mentre costeggiamo il lago, “è una pratica basata su tre pilastri, respirazione, esposizione al freddo e concentrazione, e permette di resistere senza fatica a temperature bassissime.” L’obiettivo è aumentare la concentrazione, ridurre lo stress, ma anche migliorare la qualità del sonno e avere un effetto antinfiammatorio, dice.
Una volta arrivati Leonardo si spoglia inspira profondamente ed entra nel lago, poco dopo in fila tutti si immergono tenendo per mano il proprio buddy, “è la persona che ti accompagna in questa esperienza, diciamo che ti tiene d’occhio e ti dà la forza di completare la sfida”, spiega Mattia che aspetta il suo turno a bordo lago. “Di solito si sceglie una persona che non si conosce, è davvero importante avere qualcuno su cui fare affidamento e che affronta insieme e a te l’esposizione al freddo”. I buddy si guardano, sorridono, rimangono qualche secondo immersi e poi alzano le braccia al cielo accolti dagli applausi di chi sta a riva.
Una volta usciti si asciugano, si vestono e cominciano a scaldare il corpo a ritmo di musica, ballano, cantano, si battono le mani sul petto accogliendo quello che Leonardo chiama “il sentimento di gratitudine” dato dall’esposizione al freddo. Hanno superato la prova.
Gli strumenti usati dai biohacker
Non solo esposizione al freddo, mentre scendiamo lungo il sentiero Leonardo spiega che ci sono diversi strumenti che i biohacker usano per stimolare il corpo, la mente, per lavorare su longevità e metabolismo. Dopo pranzo Leonardo ci accompagna dentro una saletta rivestita da pannelli di legno, tra un quarto d'ora il gruppo lo raggiungerà per fare respirazione biohacking. “Venite, ho sistemato qui alcuni strumenti tech", si siede su un tappetino verde acqua e apre lo zaino, “vi faccio vedere”.
Leonardo tira fuori un dispositivo simile a un fischietto, inspira ed espira profondamente, “in questo modo analizza la composizione del mio fiato.” Prende in mano anche una maschera nera e la lega dietro al collo, “così invece regolo la velocità per allenare il mio respiro”. Mi mostra cerotti notturni, anelli per i biofeedback e un cilindro utilizzato per i massaggi fasciali profondi.
“Poi possiamo usare la luce rossa sempre per i muscoli, ci sono degli strumenti che stimolano l'altitudine per lavorare con la ipossia, e c'è tutta la parte degli integratori per andare a lavorare sulle molecole specifiche che non riusciamo ad avere in quantità giuste”, spiega Leonardo.
I biohacker usano anche camere iperbariche o stimolatori elettromagnetici per i cambiamenti fisiologici o guarigioni più rapide. “Ci sono poi i test epigenetici per capire come il nostro sistema genetico risponde alla vita di tutti i giorni e ci sono poi anche i test genetici. Io questi non li pratico, anche perché in Italia sono illegali”.
Non siamo più soli, mentre parliamo gli altri sono entrati nella stanza. Si sdraiano e si sistemano una coperta sul corpo. Leonardo si alza, fa segno di abbassare la voce e spegne le luci. Rimane accesa solo una piccola lampada arancione in fondo alla stanza “ora inizia la respirazione di biohacking”, dice. “Con questi esercizi si impara a gestire meglio lo stress, ottimizzare la concentrazione, energia e prestazioni”. I petti cominciano ad alzarsi e abbassarsi guidati dalla voce di Leonardo che scandisce il ritmo. È l’ultima fase del ritiro dei biohacker. “Liberate la mente e il corpo”, sussurra Leonardo "siete davvero connessi con voi stessi”. Le luci diventano ancora più deboli. Ora si sentono solo i respiri regolari che rompono il silenzio.
Quali sono gli effetti e i rischi del biohacking: il parere dell'esperto
Per capire gli effetti e i rischi del biohacking, in particolare dell’esposizione al freddo, incontriamo Alessandro Brunetti, professore ordinario di Chimica Biologica all'Università degli Studi di Milano. Appena si siede dice subito: "Stiamo per parlare di un fenomeno tutt'altro che semplice e soprattutto molto ampio". E infatti "chi si definisce biohacker porta avanti processi e tecniche (di vario tipo) in grado di riprogrammare la biologia e le funzioni fondamentali del corpo, alcuni processi sono scientificamente provati, altri no”. Quando parliamo di biohacking naturale ci riferiamo a “pratiche legate agli stili di vita, come i bagni ghiacciati o i digiuni intermittenti. Sono pratiche con basso grado di invasività e di rischio che possono essere attuate in modo autonomo o in gruppo”, spiega Brunetti.
“Esporsi a un bagno freddo è una pratica senza dubbio salutare. È una pratica che non comporta rischi significativi per un individuo sano, ma può essere un problema per un individuo cardiopatico o con problemi di pressione arteriosa. In questo caso è molto rischioso.”
Come spiega Brunetti si parte con il biohacking naturale "ma ci sono anche altre pratiche più invasive, per esempio l'assunzione di molecole che dovrebbero essere in grado di modificare in modo significativo la nostra fisiologia”. Per esempio l'assunzione di integratori o farmaci, il doping, il trapianto di cellule staminali, l'emotrasfusione, ozono terapia o il trapianto fecale.
Nel corso di biohacking naturale conoscono queste pratiche, c’è chi si è schierato contro i trattamenti estremi, per esempio Mauro, 57 anni, che li ha definiti “pericolosi e assolutamente da non sperimentare”, e invece chi, come Marta, vorrebbe provarli. “Sto già assumendo integratori, e poi ho sentito parlare di infusioni che non ho ancora provato, che vorrei provare come l’ozonoterapia oppure di glutatione, per rigenerare il sangue”.
Il biohacking naturale è spesso il primo passo verso un universo di esperimenti fai da te che rischiano di essere estremamente pericolosi. "Quando si arriva a mischiare pratiche mediche, che dovrebbero essere seguite da specialisti, per casi specifici è un problema", spiega Brunetti. “Spesso questi trattamenti vengono fatti dopo un'autodiagnosi, spesso vengono seguite terapie e pratiche mediche che dovrebbero essere somministrate solo da medici e solo a persone che davvero ne hanno bisogno, il rischio sono danni per la salute, anche gravi”.