Lo smart working può davvero migliorare le prestazioni lavorative, ma a una condizione
Lo smart working è arrivato da un giorno all'altro. Con la pandemia da Covid-19 i lavoratori si sono trovati davanti a un computer, con i pantaloni del pigiama addosso, seduti sulla poltrona di casa. Poi come è iniziato è finito. Le aziende hanno richiamato i dipendenti in ufficio, le big tech minacciato chi ha provato a prolungare lo smart working, persino realtà come Zoom hanno deciso di abbandonare la modalità da remoto. A esperimento terminato viene da chiedersi: ma lo smart working funziona? Come spesso succede la risposta non è univoca, ma un nuovo studio pubblicato su Plos One prova a tirare le fila.
"Il lavoro da casa (WFH) è diventato più popolare dopo la pandemia di COVID-19. È in corso un dibattito sulle implicazioni di produttività del WFH, ma il clima fisico dell'ufficio domestico ha ricevuto un'attenzione limitata", spiega Martijn Stroom, autore della ricerca insieme ai colleghi dell'Università di Maastricht, Paesi Bassi. "Questo studio esamina la relazione tra l'ambiente di lavoro domestico, compresi gli hardware disponibili (ad esempio computer, sedia, ecc.), ma anche le condizioni ambientali (ad esempio qualità dell'aria, temperatura, ecc.) e le misure auto-riportate di soddisfazione lavorativa, produttività e tendenza al burnout". In altre parole la produttività potrebbe dipendere dall'ambiente domestico.
Lo studio svolto dai ricercatori
Come spiegano i ricercatori passaggio dall'ufficio di lavoro all'ufficio domestico deve essere accompagnato da un'attenta progettazione e da investimenti nella qualità dell'ufficio e del suo clima. In generale chi lavora in smart working è più soddisfatto, a patto che la propria abitazione sia adeguata.
"Abbiamo intervistato oltre 1.000 persone olandesi", spiegano i ricercatori. I risultati mostrano che una buona ventilazione, l'assenza di rumore e la strumentazione adeguata sono necessarie per poter lavorare da casa. Se le condizioni sono adeguate, allora lo smart working si rivela una risorsa. "Il clima fisico della casa-ufficio gioca un ruolo chiave nella produttività del lavoro da casa è probabile che uffici diversi portino a una differente disponibilità a lavorare da casa e successo durante lo smart working".
Pro e contro dello smart working
Un recente rapporto di buffer condotto su 2.300 dipendenti ha mostrato che oltre il 97% vorrebbe continuare a lavorare da casa, almeno in parte. In media, i dipendenti sono disposti ad accettare un taglio dello stipendio del 5% per 2-3 giorni di lavoro da casa. "L'autonomia percepita sembra essere uno dei principali fattori trainanti di questi effetti positivi: il grado in cui i dipendenti possono scegliere un luogo e un orario per lavorare, indipendentemente dai loro supervisori, prevede sia l'intensità del lavoro da casa, sia le prestazioni lavorative, il burnout mentale e la dedizione al lavoro, anche durante la pandemia" spiegano i ricercatori.
Lavorare da casa presenta chiari vantaggi, ma non solo. Un sondaggio condotto da State of the Work nel 2022 ha rilevato che, tra 2.000 intervistati, il 45% pensa che la crescita della carriera sarà a rischio se scelgono di lavorare da remoto. Non solo, anche l‘isolamento professionale potrebbe influire psicologicamente e creare problemi comunicativi all'interno di team lavorativi.
Infine secondo uno studio condotto dai ricercatori Alan Felstead e Golo Henseke, pubblicato su Wiley, i lavoratori da remoto rischiano di cadere nella "teoria dello scambio sociale": lavorano di più, più a lungo e lavorano ore non retribuite per giustificare la loro libertà di lavorare da una posizione preferita. I lavoratori quindi (sovra)compensano la percezione che potrebbero lavorare meno quando non vengono osservati.