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Le scuole di Seattle fanno causa a Instagram e TikTok: “Troppi suicidi tra gli studenti”

Per la prima volta negli Stati Uniti un distretto scolastico intenta una causa contro le piattaforme di proprietà delle Big Tech: secondo le accuse stanno mettendo i profitti davanti alla salute mentale degli utenti più giovani.
A cura di Elisabetta Rosso
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Il distretto scolastico della città di Seattle ha intentato una causa contro le Big Tech citando Alphabet Inc, Meta Platforms Inc , Snap Inc, e ByteDance di alimentare depressione, ansia e suicidi tra gli studenti. La causa è la prima del suo genere negli Stati Uniti. In seguito alle denunce presentate dalle famiglie, il distretto, composto da più di 100 scuole e 50.000 bambini, ha deciso di alzare la voce contro i giganti della tecnologia, chiedendo risarcimenti e contromisure.

La prima linea di difesa delle aziende sarà la Sezione 230 del Communications Decency Act, lo statuto federale del 1996 che permette alle piattaforme un'ampia immunità da reclami su contenuti dannosi pubblicati dagli utenti. La legge è riuscita a proteggere le Big tech per molto tempo, ora però, di fronte alle pressioni crescenti sta diventando sempre più fragile.

La causa del distretto scolastico

La denuncia è stata presentata il 7 gennaio presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti contro Alphabet Inc, Meta Platforms Inc , Snap Inc, e ByteDance, la società proprietaria di TikTok. Il distretto scolastico di Seattle ha accusato i giganti della tecnologia di aver progettato intenzionalmente i loro contenuti per catturare l'interesse dei giovani e danneggiare la salute mentale degli studenti.

"Gli imputati hanno sfruttato con successo i cervelli vulnerabili dei giovani, agganciando decine di milioni di studenti in tutto il Paese in cicli di feedback positivi di uso eccessivo e abuso delle piattaforme di social media degli imputati", si legge nella causa.

Contromisure e risarcimenti

Il distretto scolastico n. 1 di Seattle ha chiesto al giudice di riconoscere i danni perpetrati dalle Big tech a scapito dei più giovani, e di ordinare un risarcimento economico e nuove strategie per prevenire e curare l'uso eccessivo dei social media. Il distretto infatti ha spiegato di aver assistito a un drammatico aumento dei suicidi e delle visite al pronto soccorso per disturbi mentali innescati dai social.

Ha anche citato il discorso sullo stato dell'Unione del 2022 del presidente Joe Biden: "Chiedo a tutti di ritenere le piattaforme di social media responsabili dell'esperimento nazionale che stanno conducendo sui nostri figli a scopo di lucro. I giovani nella comunità del querelante stanno vivendo la stessa crisi di salute mentale osservata a livello nazionale".

La risposta delle Big Tech

"Abbiamo investito molto nella creazione di esperienze sicure per i bambini attraverso le nostre piattaforme e abbiamo introdotto forti protezioni e funzionalità dedicate per dare priorità al loro benessere", ha dichiarato il portavoce di Google Jose Castaneda, in una mail. "Per esempio, tramite Family Link, offriamo ai genitori la possibilità di impostare promemoria, limitare il tempo davanti allo schermo e bloccare specifici tipi di contenuti sui dispositivi supervisionati".

Snap ha invece spiegato che per proteggere i più giovani ha lavorato a stretto contatto con organizzazioni che tutelano la salute mentale in modo tale da fornire strumenti e risorse in-app per gli utenti. Meta Platforms e TikTok non hanno risposto alla richiesta di commento. Di fronte ad accuse simili, in passato, le piattaforme avevano spiegato di investire sui processi di moderazione per escludere dai feed contenuti dannosi.

Il precedente Haugen

Non è la prima volta. Nel 2021, i legislatori statunitensi avevano accusato il CEO di Facebook Mark Zuckerberg di danneggiare la salute mentale dei più giovani. Tutto era iniziato con la testimonianza di Frances Haugen l’ingegnera informatica statunitense che aveva lavorato per la società. Durante l’intervista 60 Minutes, Haugen, aveva spiegato che “dentro Facebook più e più volte c’erano conflitti di interesse tra ciò che era utile per le persone e ciò che era utile perla piattaforma. E Facebook, più e più volte, ha scelto di ottimizzare i propri interessi, come fare più soldi”.

Le inchieste sul caso avevano poi rivelato come il social network avrebbe privilegiato i profitti alla lotta contro la disinformazione. Non solo, Facebook nonostante fosse a conoscenza dei rischi, ha ignorato i potenziali effetti negativi sulla salute mentale delle persone, soprattutto i danni sui più giovani.

In risposta, Zuckerberg, aveva postato su Facebook: "L'argomento secondo cui spingiamo deliberatamente contenuti che fanno arrabbiare le persone a scopo di lucro è profondamente illogico. Guadagniamo con gli annunci e gli inserzionisti ci dicono costantemente che non vogliono che i loro annunci siano accanto a contenuti dannosi o arrabbiati. E non conosco nessuna azienda tecnologica che si propone di creare prodotti che rendano le persone arrabbiate o depresse".

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