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Intelligenza artificiale (IA)

Le modelle artificiali mostrano che gli uomini hanno ancora un problema con il corpo delle donne

La influencer digitali hanno colonizzato i social, si assomigliano tutte, sono donne giovanissime e sessualizzate, pubblicano reel e post dove mostrano i corpi tonici stretti dentro completini intimi in lattex.
A cura di Elisabetta Rosso
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Mi arriva una notifica, apro Instagram: Manila Montella ha iniziato a seguirti. Entro sul profilo. Scorro il feed. Sembra vera ma non lo è, Manila è una modella generata con l'intelligenza artificiale. Solo in Italia sono già state lanciate Emily Pellegrini e Rebecca Galani. Si assomigliano tutte, seguono gli stereotipi della bellezza sessualizzata, magre, labbra carnose, seni e occhi enormi. I corpi scolpiti sono stretti in tutine in lattex, completini intimi ricamati e vestitini semi trasparenti. Sdraiate sui letti con le gambe socchiuse scrivono: “Chiedimi quello che vuoi”, “Sono qui per te”. Sono donne create da uomini, per uomini, e viene da chiedersi se dopo anni di battaglie per contestare standard di bellezza stereotipati e donne ridotte a oggetti di piacere non basti una modella virtuale per iniziare da capo un lavoro lungo e faticoso.

Le modelle sono create da team di ingegneri e pubblicitari, a volte prendendo anche corpi di donne reali. Il loro scopo è semplice: farle diventare abbastanza famose da guadagnare attraverso i loro contenuti e attrarre aziende che le “assumano” per pubblicizzare i loro prodotti. Per farlo hanno bisogno di follower. Chi le ha create ha quindi cercato di realizzare lo stereotipo di donna in grado di attrarre il maggior numero di interazioni nel minor tempo possibile. La ricetta è vecchissima. Ed è così che sui social spuntano donne artificiali e passive che mostrano i glutei sorridendo e che in modo servile chiedono “cosa vorresti per pranzo?” mentre stringono un décolleté strabordante.

Premessa, ogni donna è libera di utilizzare il proprio corpo come preferisce. Diventa un problema quando si è indotte a spogliarsi per ottenere più follower, o si penalizza chi non lo fa. Ci sono anche esempi di donne che hanno ottenuto successo nonostante i vestiti addosso, e rimane lunga la lista di aspiranti influencer che posano nel giardino di casa seminude con camperos ruggenti ai piedi e una manciata di follower. Le modelle artificiali però rischiano di veicolare da un lato un modello di business che riduce ancora le donne a oggetto del desiderio maschile e dall’altro creare nuovi standard di bellezza irraggiungibili. Ne avevamo bisogno? Decisamente no.

Instagram premia i nudi femminili?

Emily Pellegrini ha 247.000 follower, Aitana Lopez 266.000, Rebecca Galani 15.000. I contenuti pubblicati sui loro profili si limitano a scatti sexy in completini intimi, foto insieme ad amiche con i glutei in primo piano, o reel in slow motion dove si aggiustano il reggiseno facendo tremare il decoltè come un budino di gelatina. Visti i numeri raggiunti e i contenti pubblicati viene da chiedersi: Instagram premia i nudi femminili?

Algorithm Watch, un’associazione non profit di ricerca che si occupa delle conseguenze sociali degli algoritmi, in collaborazione con l’European Data Journalism Network, nel 2020 ha diffuso un report dove mostra come l’algoritmo di Instagram aumenti la visibilità dei post in cui ci sono donne svestite. I dati sono parziali, eppure secondo gli autori del report la causa potrebbe essere un bias dell’algoritmo che farebbe apparire più spesso nei feed le immagini di ragazze in completini intimi o in pose ammiccanti.

INSTAGRAM | Rebecca Galani
INSTAGRAM | Rebecca Galani

Perché le donne continuano a essere sessualizzate online

Il peccato originale ha radici antiche. Da un lato l’algoritmo è figlio di uomini, sono pochissime le donne che hanno lavorato e lavorano nell’ambito tech. Il Women in Tech Report di Skillsoft del 2023 ha mostrato che c’è ancora un forte squilibrio di genere, per ogni donna ci sono quattro uomini. E poi l'intelligenza artificiale è stata alimentata da testi e immagini provenienti dal web, impregnati di bellezza stereotipata e bias di genere. Basti pensare alla foto della modella Lena Forsen nuda pubblicata su Playboy, è stata una delle prime immagini di ARPANET, il predecessore di internet, e poi del world wide web.

Non stupisce quindi che provando a generare immagini femminili l’IA sputi fuori riproduzioni ipersessualizzate delle donne. Ad ogni modo chi ha creato le modelle digitali non è una vittima delle macchine, ma ha espressamente chiesto ragazze giovanissime e attraenti. E qui si arriva al cortocircuito delle colpe. Perché alla fine (e i follower lo dimostrano) vogliamo ancora vedere donne in lingerie che con le gambe semiaperte chiedono: "Cosa posso fare per te oggi?".

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