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Intelligenza artificiale (IA)

La storia del prof di Genova che spoglia le studentesse con un bot apre a un futuro pieno di problemi

Secondo le accuse della Polizia Postale un professore dell’Università di Genova creava materiale pornografico partendo dalle foto rubate ai profili social delle sue studentesse. Nessuna competenza di photo editing: tutto veniva fatto con l’intelligenza artificiale.
A cura di Valerio Berra
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Il caso di Genova è solo l’ultimo. Secondo la Polizia Postale un professore associato della Facoltà di Architettura dell’Università di Genova aveva iniziato da tempo a spogliare le sue studentesse con un’app. Prendeva le foto dai loro profili social, le modificava e poi girava tutto su altre chat Telegram. Non è chiaro a chi fossero destinate le immagini modificate ma il caso è arrivato comunque al rettore dell’università, Federico Delfino. È da lui che è partita la segnalazione. Una tra le studentesse coinvolte sarebbe minorenne.

Le notizie su questo caso non spiegano esattamente il modo con cui venivano create le immagini, parlano in generale di intelligenza artificiale. Non si trattava quindi di un fotomontaggio costruito ad arte. Le foto diffuse dal professore, almeno secondo le indagini, erano il risultato di un processo veloce. Probabilmente non è nemmeno servito un software: ormai sono parecchi i casi di bot di Telegram che promettono questi servizi. Il risultato in gergo informatico si chiama deepnude: un’immagine pornografica falsa ma del tutto realistica. Un'immagine che può diventare anche l'inizio di un ricatto.

Il reato di pornografia virtuale

Certo. Da quando le immagini sono diventate un agglomerato di pixel colorati è diventato più semplice creare immagini di questo tipo. Come abbiamo già detto la differenza sta tutta nella portata. Pensate ai filtri per l’invecchiamento che andavano di moda nell’estate del 2019. Era un filtro molto realistico di un app russa che si chiamava FaceApp. Anche qui era un effetto che chiunque poteva creare con un po’ di lavoro ma averlo reso disponibile a chiunque ha innescato una valanga di contenuti.

La stessa cosa sta succedendo con i deepnude. I primi casi nelle scuole italiane sono stati registrati nell’aprile del 2023, in una scuola media di Roma. Ai tempi Monica Sansoni, Garante dell’Infanzia della Regione Lazio, aveva chiarito “non è una bravata”. Almeno per i minori in Italia esiste un reato che definisce questa forma di abuso: si chiama “pornografia virtuale”.

Introdotto nel 2006, molto prima dell’arrivo dell’intelligenza artificiale per come la conosciamo, la "pornografia virtuale” punisce “ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore di anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate”. Un reato che vista la diffusione di queste app potrebbe comparire molto più spesso nei titoli di cronaca dei prossimi mesi.

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