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“In futuro i figli potrebbero rivalersi sui genitori per le foto sui social”: cosa dice l’avvocata

Al momento manca un quadro normativo dedicato ai baby influencer, eppure postare le foto dei minori sui social può essere molto pericoloso. Non solo viene data in pasto la loro impronta digitale senza consenso ma rischiano di finire nel mirino dei pedofili e sviluppare un Falso Sé, essendo esposti sin dall’infanzia sule piattaforme.
Intervista a Valentina Fiorenza
Avvocata esperta di diritti digitali
A cura di Elisabetta Rosso
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La prima generazione di baby influencer è cresciuta, e ora chiede ai legislatori un risarcimento finanziario e il diritto di eliminare i contenuti indesiderati. D'altronde, dopo foto di pannolini, post per annunciare il primo ciclo mestruale e album che documentano l'evoluzione dei capricci, era solo questione di tempo. Le vittime della gogna social chiedono nuove leggi e mettono sul piatto tutti i rischi per i minori.

Le foto, i video, e gli album non sono solo ricordi, ma dati, che costituiscono un'impronta digitale. Non solo, più i profili raccolgono follower più è alto il rischio di attirare pedofili, e dal punto di vista psicologico c'è il rischio di sviluppare un Falso Sé. Essendo esposti sin dall'infanzia sui social i ragazzi potrebbero creare barriere difensive che compromettono l’autenticità. D’altronde non possono imparare la differenza tra pubblico e privato, quando tutto viene postato sui social.

Nonostante i rischi dello sharentig (contrazione di sharing, condivisione, e parenting, genitorialità), al momento manca una quadro legislativo. Per capire meglio le prospettive del fenomeno abbiamo intervistato Valentina Fiorenza, avvocata esperta di diritti digitali.

Ora la prima generazione di baby influencer chiede nuove leggi, in futuro i figli potranno rivalersi sui genitori per le foto che hanno pubblicato?

In futuro è possibile che ciò accada.

Però al momento è legale postare le foto dei figli. 

Beh sì, i genitori non violano alcuna legge postando le foto dei loro figli. È tuttavia sempre opportuno chiedersi se inserire quell'immagine del minore sui social è, effettivamente, la cosa migliore per quest'ultimo.

E infatti, quali sono i rischi per i bambini?

Tendenzialmente possiamo circoscriverli in due grandi categorie. La prima riguarda l'esposizione alle mire di predatori sessuali che, grazie a immagini, tag e altre condivisioni sui social, riescono a ottenere molte informazioni su gusti, luoghi frequentati e abitudini del bambino, la seconda, è relativa alla personalità del minore che viene, in un certo senso "preformata" dall'attività dei genitori sui social, impedendogli, in qualche modo, di dare una personale rappresentazione del proprio sé.

Di chi sono i diritti di immagine dei bambini? Possono davvero essere solo dei genitori?

Il diritto d'immagine è un diritto personalissimo e appartiene solo al soggetto a cui l'immagine si riferisce e, pertanto, in questo senso, appartiene indubbiamente al minore. Il genitore, visto che il minore non ha capacità d'agire fino al compimento della maggiore età, lo esercita in nome e per suo conto. La presunzione è che il genitore abbia a cuore il primario interesse del minore e agisca nel modo più favorevole a quest'ultimo.

Visti i precedenti forse è pericoloso darlo per scontato. 

Se ce lo chiediamo allora è necessario che la società tutta ripensi profondamente alle sue priorità, ai suoi obiettivi e, soprattutto, al fondamentale ruolo di educatori e genitori.

Ci sono sanzioni per i genitori che espongono i figli a situazioni imbarazzanti? Tipo mentre piangono?

No, al momento nessuna sanzione. È chiaro che il genitore, nel preminente interesse del minore, dovrebbe preservarne il decoro e la riservatezza.

Quando si parla di entrate, a chi spettano quei soldi?

Il minore, non avendo giuridicamente capacità d'agire, anche se destinatario di un qualche tipo di retribuzione, non ha possibilità giuridica di gestire il patrimonio che, infatti, viene sempre gestito dal genitore o dall'esercente la potestà genitoriale.

Se ci sono in mezzo sponsor, per esempio, si può parlare di sfruttamento?

Non propriamente. Affinché si possa parlare di sfruttamento, ipotizzando un reato, è necessario capire in che tipo di contesto si verifica l'evento. Nella generalità dei casi, dal punto di vista civilistico, il lavoro del baby influencer può essere ricondotto, al momento, alla legislazione per i lavoratori dello spettacolo.

Il caso Ferragni segna la fine delle famiglie di influencer?

Non credo che segni la fine di questo tipo di approccio ai social, tuttavia, certamente, ha posto molta attenzione sul problema.

A proposito, il Parlamento italiano sta valutando un disegno di legge sul caso. 

Il disegno di legge, che andrebbe a modificare il decreto legislativo sull'impiego dei minori nello spettacolo, non è al momento disponibile e, pertanto, non possono essere fatte ipotesi concrete sul suo valore. Dalle indiscrezioni pare che contenga alcuni elementi estrapolati dalla legislazione francese come la possibilità di convogliare i guadagni in un conto vincolato a nome del minore e da lui utilizzabile al momento del compimento della maggiore età, salvo autorizzazione del giudice o la possibilità di richiedere la rimozione dai motori di ricerca dei contenuti in cui appare, dal compimento dei 14 anni.

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