La Francia lavora a una legge sugli influencer, ora rischiano il carcere se pubblicizzano certi prodotti
In Italia l’ultimo tentativo registrato di mettere delle regole sul mercato degli influencer risale al marzo del 2022. Esattamente un anno fa. Nella scorsa legislatura la Commissione Lavoro Pubblico e Privato della Camera dei Deputati ha pubblicato una relazione di 31 pagine dopo un’indagine conoscitiva in cui decine di creator attivi su diverse piattaforme sono stati sentiti per capire le modalità, i problemi e il giro d’affari del loro lavoro. In Francia invece l’impianto legislativo per regolamentare il lavoro dei creator sta diventando sempre più chiaro.
L’Assemblea Nazionale, uno dei due rami del Parlamento Francese, ha approvato un disegno di legge che introduce i primi paletti per questo tipo di professione. Chiariamo un punto. Inizialmente questi professionisti venivano definiti solo influencer perché si riteneva che avessero l’obiettivo e le capacità per “influenzare” le scelte delle persone. Influencer rimane il termine più diffuso e forse semplice per identificare questa professione ma la parola più corretta ormai è creator: il loro lavoro principale è quello di creare contenuti che poi vengono pubblicati sulle piattaforme e che, solo di conseguenza, riescono a “influenzare” alcune scelte.
Le nuove regole decise dalla Francia per gli influencer
Il disegno di legge è stato approvato dai membri dell’Assemblea Nazionale ma è appena all’inizio del suo iter legislativo. Tra i punti presenti nella bozza ci sono anche una serie prodotti o servizi che non potranno più essere commercializzati. Si parte dalla chirurgia estetica fino agli investimenti finanziari, sia quelli tradizionali che quelli che si muovono nel settore delle criptovalute. Se queste regole non saranno rispettate ora sono previste anche delle sanzioni, da multe fino a 300.000 euro al carcere.
Da questo punto di vista ci sono già parecchi esempi in Italia. Non è difficile infatti trovarsi nelle Story di Instagram creator che pubblicizzano gruppi Telegram dedicati agli investimenti o al dropshifting, quella pratica che prevede l’acquisto e la vendita di prodotti senza doverli possedere fisicamente. Queste sponsorizzazioni non vengono fatte dai profili più in vista, o in salute, ma tendenzialmente si trovano su profili più piccoli gestiti da creator che hanno bisogno di arrotondare con le entrate.
Non solo. Come riporta la testata francese specializzata in tecnologica Bfm Tech&Co, tra i punti presentati in questo disegno di legge c’è anche quello che riguarda l’obbligo di chiarire se le immagini che vengono pubblicate sui social sono state ritoccate. Il problema in questo caso riguarda soprattutto l’effetto psicologico: scrivere che le immagini sono identificate aiuterebbe gli utenti a non confrontarsi con standard di bellezza non raggiungibili.