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Intelligenza artificiale (IA)

La Cina lancia un’intelligenza artificiale basata sul pensiero di Xi Jinping: nasce ChatGPT-Xi

L’Accademia per gli studi del cyberspazio ha sviluppato un chatbot dedicato basato sul pensiero di Xi Jinping. Al momento si tratta ancora di uno strumento molto tecnico. Non serve per sostituire il leader ma per “migliorare l’educazione nel Paese in tema di sicurezza informatica”.
A cura di Lucrezia Goldin
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Un chat-bot basato sull’intelligenza artificiale (IA) per informare in materia di cybersecurity, addestrato secondo il pensiero ideologico di Xi Jinping. È il nuovo progetto di applicazione dell’IA generativa realizzato in Cina, dove l’Accademia per gli studi del cyberspazio ha annunciato il lancio di un large language model (LLM, modello di rete neurale applicata al linguaggio come quelli alla base di ChatGPT e Bard) fondato sul pensiero politico del presidente cinese in tema di sicurezza informatica e digitale.

In una bozza pubblicata lunedì 20 maggio sul social Wechat, il think tank affiliato alla Cybersecurity Administration of China (Cac), l’ente per la regolamentazione della sfera digitale in Cina, ha presentato il progetto parlando di un chat-bot in grado di rispondere a domande, creare report, riassumere testi e tradurre tra il cinese l’inglese. A incuriosire i media internazionali, il dettaglio che tra i materiali utilizzati per “allenare” l’algoritmo dietro al chat-bot c’è anche il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”.

Il corpus di testi che racchiude l’ideologia del leader della Repubblica Popolare Cinese (Rpc) e che dal 2018 è diventato parte integrante della Costituzione della Repubblica popolare cinese. Sui social occidentali invece, c’è chi ha parlato di “distopia” e chi ha paragonato l’idea al canale Twitch “AI Jesus”, nel quale un bot con le sembianze di Gesù Cristo risponde alle domande degli utenti.

È arrivato ChatGP-Xi?

“Il mondo dei media si è entusiasmato all’idea di un LLM basato sul pensiero di Xi”, spiega a Fanpage.it Rogier Creemers, professore associato presso la Leiden University e cofondatore dell’istituto di ricerca sulle politiche tecnologiche cinesi DigiChina. “Ma la realtà dei fatti è che questa tecnologia ha poco a che fare con l’ideologia e molto a che vedere con il voler rispondere a un obiettivo specifico: migliorare l’educazione nel Paese in tema di sicurezza informatica”, continua.

Nella bozza pubblicata dal think tank cinese, visionata da Fanpage.it e successivamente rimossa dall’ente in seguito alle polemiche scaturite nel contesto internazionale, risulta infatti che il pensiero del presidente cinese è solamente uno di sette database utilizzati per addestrare il modello linguistico. Gli altri documenti riguardano invece linee guida della Cac e politiche sulla sicurezza informatica approvate dal governo cinese. Niente Chat-GP-Xi dunque, ma uno strumento tecnico per ottimizzare la gestione del digitale in Cina e formare le aziende che hanno a che fare con grandi quantità di dati.

Per studiare il pensiero del leader cinese, d’altronde, esiste già un’app dedicata: Xuexi Qiangguo, letteralmente, imparare come rendere grande la nazione ma anche un gioco di parole sull’imparare il pensiero di Xi.

Uno strumento per i funzionari

Quello proposto dall’Accademia si presenta quindi come un toolkit a disposizione di utenti e start-up per navigare il neonato e complesso panorama normativo cinese in ambito tecnologico. “Le domande a cui il chat-bot potrà rispondere saranno specifiche su come proteggere i propri dati e su come raccoglierli in conformità con le nuove regolamentazioni”, commenta a proposito Creemers. A partire dal 2017 il governo cinese ha creato un impianto normativo a regolamentazione della gestione dei dati (con la Data Security Law), della protezione della privacy (People Information Protection Law, 2018) e delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale generativa, definendo il settore tecnologico una delle “nuove forze produttive” che dovranno essere il propulsore dell’economia cinese negli anni a venire.

“Il pensiero di Xi serve a dare un’impostazione ideologica, ma il presidente cinese non si ‘abbasserebbe’ a rispondere a domande di tipo generalista come quelle che rivolgiamo ai chat-bot basati sull’IA”, sostiene ancora il professore, sottolineando come in questo caso quella proposta dal governo cinese è un esempio di una tecnologia “pragmatica” e “non un’applicazione autoritaria dell’IA”.

Soprattutto, il nuovo LLM ideato dagli accademici vicini al Partito comunista cinese, sembra riaffermare la tendenza del governo a educare e formare i cittadini in materia di sicurezza informatica in una società sempre più digitalizzata e quindi esposta a “minacce esterne”. Lo stesso premier cinese, Li Qiang, lo scorso marzo ha promosso diverse iniziative per formare i dipendenti di settori tradizionali che dovranno integrare l’IA generativa nei loro processi industriali.

Meno spazio all’utilizzo commerciale dell’IA. Più spazio ai servizi digitalizzati grazie all’IA. “Per i politici cinesi l’IA generativa non è uno show tool, un giocattolo da mostrare, ma un mezzo tecnico da integrare in processi esistenti”, commenta Creemers, aggiungendo che “lo si vede anche nel modo in cui le compagnie tecnologiche come Baidu (creatrice di ErnieBot, ndr) presentano le loro innovazioni, offrendo insieme ai tool di IA partnership in settori chiave come auto elettriche e manufatturiero”. Il tutto sempre sotto la supervisione del leader cinese, bot o non bot.

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