In Italia finalmente si comincia a parlare di eSports in modo serio
Quello degli eSports, le competizioni agonistiche di videogiochi come Call of Duty, League of Legends, Rocket League, è un settore interessante, in particolare per l'Italia. Secondo il rapporto Deloitte del 2023, il nostro paese occupa il terzo posto – dopo Spagna e Polonia – nella classifica europea dedicata al "consumo" di eSports, con 5,9 milioni di utenti attivi. E questo nonostante il calo fisiologico che ha vissuto il settore videoludico con il ritorno alla normalità dopo la pandemia. Un dato interessante, su cui iniziano a interrogarsi anche le istituzioni.
Come è visto il videogioco in Italia
Nonostante la crescita che ha vissuto il medium negli ultimi anni, l'Italia trova ancora difficoltà a riconoscerne la sua validità, in termini culturali, educativi e finanziari. Eppure parliamo di un settore che, solo sul versante eSports, genera fatturati che cominciano ad avere importanza (47-51 milioni di euro nel 2022 in Italia), permette a giovani come Daniela “Effy” Vrabie e Riccardo “Reynor” Romiti di lavorare a tempo pieno come pro-player, così come ad altre persone di diventare allenatore o manager di un team esportivo, nonché organizzatore di tornei e competizioni ufficiali. Parliamo insomma di un ecosistema che offre posti di lavoro
Perché allora in Italia si fatica a supportare un settore che in altri posti viene sostenuto pubblicamente dalla politica? Emblematico il caso mediatico esploso nel 2022 sulle sale LAN, locali dotati di piattaforme di gioco performanti e ottime connessioni internet in cui è possibile giocare con altre persone, erroneamente paragonate alle sale con giochi d'azzardo che come tali soni soggette a una legislazione specifica. Carlo Barone, Supervisor e Brand Manager Italy di Riot Games (League of Legends, Valorant, ecc) ha spiegato a Fanpage.it la necessità di un'apertura da parte della politica. "Noi abbiamo un problema fondamentale rispetto agli altri Paesi europei: le nostre legislazioni sono veramente carenti quindi per ora si è trovata una maniera molto complessa per gestire quelle che dovrebbero essere attività molto semplici".
Le leggi sugli eSports in Europa
In effetti, sia Francia che Germania hanno delle leggi ad hoc per supportare il settore. La Francia ha già iniziato nel 2016, con il Digital Repubblic Act, a cui hanno fatto seguito ulteriori step successivi per regolamentare il tutto, come la National Strategy of eSports 2020-2025 redatta dal Ministero dell'Economia e dal Ministero dello Sport francesi. La Germania, tra il 2020 e il 2021 ha approvato due leggi che mettono sullo stesso livello sport tradizionali ed eSports, che da due anni sono tassabili. Politiche su cui si è dibattuto anche in Commissione europea nel 2022. Di conseguenza, servono anche in Italia normative per favorire la crescita del settore e uno snellimento delle regolamentazioni che al momento bloccano l'ascesa degli eSports, ad esempio quelle legate ai montepremi. Uno dei pochi documenti firmati finora è il protocollo di intesa con il CONI per gli eSports.
Il futuro degli eSports in Italia
Sebbene i passi da fare siano ancora tanti nel panorama italiano, qualcosa dunque comincia a muoversi. Marco Saletta è il presidente di IIDEA, l'Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani. Nei giorni scorsi ha organizzato a Roma un evento in cui in parlare di eSports. Cosa abbastanza inedita nel settore, erano presenti anche dei politici. Nello specifico i presidenti delle commissioni cultura di Camera e Senato, Vincenzo Mollicone e Roberto Marti.
Da qui, per la prima volte, si è registrata qualche apertura. Spiega Lucia Borgonzoni, sottosegretaria al Ministero della Cultura: "Come sottosegretario l’attenzione è massima nei confronti di un settore capace di coniugare creatività e intrattenimento e di parlare a un pubblico ampio. Le politiche che abbiamo adottato e adotteremo mirano a un sempre maggiore sviluppo dell’industria culturale e creativa italiana, grande famiglia di cui le imprese dell'ecosistema degli eSports fanno sicuramente parte”. Anche perché, come visto sopra, il pubblico c'è e non è piccolo. Un pubblico che abbraccia diverse fasce d'età (dai 20 ai 40 anni), che riguarda uomini e donne (rispettivamente 60% e 40%) e che è disposto a muoversi e a spendere soldi per seguire i propri pro-player preferiti.
La strada da fare è certamente in salita. Il videogioco sembra ancora una nicchia in Italia, quando dietro ci sono attori, grandi e piccoli, internazionali e non, che ci credono. Soprattutto a livello economico. Di certo questi primi dialoghi con la politica fanno ben sperare anche se è necessario ricordare che al momento in Italia il settore, esportivo ma più in generale videoludico, si trova a uno stato embrionale.