Appartengo a quella generazione che ha tenuto un diario segreto nel cassetto, aperto un profilo Facebook di nascosto dai genitori e che ha progressivamente smesso di pubblicare post su Instagram dal 2015 in poi. Per questo quando ho letto la traccia C2 mi sono chiesta come avesse fatto a finire nelle opzioni della Maturità 2024.
La traccia in questione è un estratto di Profili, selfie e blog, di Maurizio Caminito, pubblicato del 2014. Nel testo l'autore analizza come la rivoluzione digitale abbia trasformato profondamente il concetto di diario. I social avrebbero spostato l'attenzione, dal processo introspettivo innescato dal diario, all'esigenza di creare un'immagine idealizzata di sé da dare in pasto al pubblico online. Tutto vero. Ma mancano dieci anni.
La parabola dei social network
Facciamo un passo indietro. Quando è stato possibile collegare i computer alla rete gli utenti hanno cominciato a utilizzarli per costruire e gestire le relazioni. Poi nascono i social network. Su Facebook si condividono gli anniversari dell'amicizia e si caricano gli album delle vacanze estive, qualche rigurgito imbarazzante riemerge ancora nella sezione "Ricordi", dove il social network ci propone i post pubblicati anni fa.
L'idea stessa dei social network era il networking: costruire o approfondire relazioni, soprattutto con persone che si conoscevano. Per farlo era necessario condividere pensieri o contenuti in grado di raccontare sé stessi.
All'inizio, l'inconsapevolezza della dimensione digitale ha innescato una produzione massiva dove tutti dicevano tutto. Poi i social network cambiano. Intorno al 2009 con gli smartphone e il lancio di Instagram diventano social media, non si carica più ogni cosa, si seleziona, scarta, si dedica tempo per costruire profili lucidati, studiati. Al posto di foto sfocate compaiono Grid in palette con coerenza cromatica.
I legami diventano latenti e le piattaforme diventano vetrine che trasformano gli utenti in aspiranti emittenti. Fino a qui il riferimento di Maurizio Caminito è attuale. Ma siamo nel 2009.
L'era delle piattaforme
I social del 2024 sono ancora un'altra cosa: siamo di fronte a piattaforme. Da un lato ci sono gli utenti attivi che creano il proprio reality show personale costruendo narrazioni ad hoc per attirare mi piace, follower, e quindi inserzionisti disposti a pagare. Dall'altro gli utenti passivi scrollano compulsivamente il palinsesto iperpersonalizzato dagli algoritmi. E così le piattaforme si dividono tra profili ipersaturi con una brand identity ruggente, e account deserti che pubblicano sempre meno foto.
Parte da qui l’economia degli influencer, che trasforma gli utenti dei social media in canali per la distribuzione di messaggi di marketing o sponsorizzazioni di prodotti attraverso la portata reale o immaginaria dei loro contenuti. Tirando le fila, non solo non esiste più la pagina bianca "del silenzio interiore", anche il diario digitale ormai è cosa vecchia. Nell'era della piattaforme assistiamo a una ritirata silenziosa. E vien da chiedersi, se forse, al di là dei social, rimane ancora qualcosa da dire e da dirci. Sicuramente poco da scrivere per la traccia C2 della Maturità.