Il sogno dei fan di Assassin’s Creed si avvera: la prova di Shadows, dentro il Giappone feudale

È dai tempi di Ezio Auditore che la community di Assassin’s Creed desidera un capitolo ambientato nel Giappone feudale. Finalmente questo momento è arrivato: Assassin’s Creed Shadows accoglie l’atavica richiesta del fandom attraverso un’avventura ambientata nel Paese del Sol Levante nel 1579, durante il periodo Azuchi-Momoyama, corrispondente alla trentina d’anni intercorsa tra lo shogunato Ashikaga e quello Tokugawa. Per shogunato, intendiamo un governo militare al cui capo c’è lo shogun, un generale che comanda attraverso un sistema basato su vassallaggio e controllo militare. L’epoca d’ambientazione di Shadows è dunque quella caratterizzata da samurai, shinobi, guerre di dominio, nonché da un primo incontro con gli europei, in particolare con i portoghesi, ai tempi definiti dai nipponici “barbari del Sud” (nanbanjin).
I due protagonisti sono in cerca di vendetta: Naoe, una shinobi di Iga, e Yasuke, un africano passato dall’essere uno schiavo dei portoghesi a un samurai al servizio di Oda Nobunaga, personaggio storico noto per aver avviato il processo di unificazione del Giappone durante le guerre tra feudi rivali. Il franchise di Ubisoft abbandona quindi i protagonisti intercambiabili visti in Odyssey (Kassandra – Alexios) e in Valhalla (Eivor donna – Eivor uomo) per offrire due personaggi contraddistinti sia nella caratterizzazione che nell’approccio al combattimento.

Scelta aspramente criticata sin dall’annuncio da una parte della community che ha considerato i profli dei protagonisti troppo “woke”. Un dibattito che ormai accompagna molti titoli, lo abbiamo sentito anche per le protagoniste di Split Fiction. In ogni caso, quello che ci interessa in questa sede è capire l’effettiva qualità di Assassin’s Creed Shadows, un titolo che ha l’enorme pressione di risollevare le sorti di Ubisoft: dopo il flop di Star Wars Outlaws, lo studio di origine francese ha la necessità di sfondare il mercato con incassi importanti.
Il Giappone e i protagonisti di Assassin’s Creed Shadows
Naoe, in quanto shinobi, agisce nell’ombra. Utilizza strumenti quali bombe fumogene, shuriken e rampini per operare indisturbata. Anche perché nel combattimento diretto rischia di venire sopraffatta. A volte deve anche ricorrere a dei travestimenti. Ad esempio, in una missione del gioco, deve fingersi una mercante per poter partecipare a una prestigiosa cerimonia del tè ad Osaka e ottenere informazioni. Per non farsi scoprire, deve rispettare tutti i passaggi del rito, che è lento e solenne. Yasuke è invece un samurai, quindi la sua dote principale è la forza bruta. È difficile arrampicarsi e operare nel silenzio nei suoi panni, ma quando è accerchiato dai nemici – siano essi banditi, ronin o combattenti avversari – è devastante. Il risultato è una giocabilità differente in base al protagonista. Non a caso Naoe e Yasuke hanno equipaggiamenti e alberi delle abilità molto diversi tra loro. Si può scegliere con chi giocare durante i viaggi rapidi o in momenti specifici della trama, la quale è ben narrata e ricca di colpi di scena sin dalle prime battute.
Ma ormai Assassin’s Creed non è più un franchise incentrato solo sulle uccisioni. Shadows apre la strada a una serie di attività, strettamente legate alle usanze del Giappone del Cinquecento. Tra preghiere nei templi, raccolta di pagine perdute, disegni sulla peculiare fauna nipponica, meditazioni, il titolo è ricco di cose da fare. Questo non si traduce in una ricerca forsennata di collezionabili, elemento tipico dei capitoli precedenti, ma in un’esplorazione più rilassata e contemplativa. Questo è possibile grazie a un Giappone perfettamente ricreato. Le sue campagne, che sono mutevoli col passare delle stagioni, nascondono santuari, città-castello e scorci da immortalare costantemente con la modalità fotografica.

Anche il passaggio giorno-notte è particolarmente suggestivo, oltre che impattante in termini di gameplay: agire col favore delle tenebre, magari spegnendo le fiammelle di lanterne, permette di ottenere un’invisibilità totale che favorisce l’azione stealth, soprattutto quando giochiamo con Naoe. C’è poi un ulteriore elemento che è centrale in Assassin’s Creed Shadows: il rifugio.
Per attuare la loro vendetta, Naoe e Yasuke hanno a disposizione un territorio da ampliare con edifici, forge, stalle e così via. Si possono aggiungere anche gli animali, tra adorabili gattini e cuccioli di akita. Una vera e propria base operativa, immersa nella natura, in cui accogliere vedette e spie utili alla nostra causa. Un’aggiunta già sperimentata in Valhalla, ma che in Shadows diventa ancora più incisiva.

A tutto questo si aggiunge la miriade di missioni secondarie, com’è tipico della serie, soprattutto da quando è diventata open world con Origin nel 2017. In Shadows, il design delle quest appare più accurato e meno tedioso rispetto ai capitoli precedenti, tuttavia resta un leggero senso di sopraffazione per la quantità di obiettivi sbloccabili. Anche perché, nonostante l’ampiezza del mondo di gioco e la bellezza con la quale è stato ricreato, la sensazione è quello di operare all’interno di un open world a tratti “cartonato”. Tolti i personaggi secondari che riescono a trovare spazio nelle tante e piacevoli cutscene, il resto degli NPC appare finto. Nel 2025, questo aspetto inizia a diventare insofferente, soprattutto nel momento in cui titoli come Red Dead Redemption 2, Zelda: Breath of the Wild, Elden Ring o Death Stranding (alcuni dei titoli citati sono sul mercato da quasi 10 anni) hanno già dimostrato, ciascuno a modo suo, che è possibile fare mondi aperti vivi, con abitanti e luoghi che emanano energia.

In Shadows, la bellezza e la varietà accolte dallo sguardo non sempre trovano riscontro in termini di interazione e immersione. Ed è un vero peccato. E questo nonostante l'ottimo sound design, che gioca a braccetto con la bellezza visiva. A tal proposito, vale la pena menzionare il doppiaggio dinamico, che cambia in base al personaggio parlante: nelle fasi legate all'Animus la voce guida quindi parlerà italiano, ma quando saremo nel Giappone di Naoe e Yasuke sentiremo giapponese e portoghese.
Riassumere un titolo che può arrivare anche a 100 ore di gioco è veramente complesso, tuttavia durante la nostra prova abbiamo potuto appurare che Shadows è un buon Assassin’s Creed, fedele all’essenza del franchise, ma che al contempo non ha paura di sperimentare con aggiunte e novità strettamente legate al luogo d’ambientazione, già di per sé ricco di fascino. In tal senso, è interessante notare che il titolo si inserisce in un periodo in cui la wave giapponese è particolarmente accattivante. A partire da Ghost of Tsushima passando per Rise of the Ronin, il Giappone sta acquisendo sempre più spazio nell’immaginario collettivo, grazie anche all’enorme spinta che ha travolto il Paese con la fine della pandemia, sia in termini di turismo che di trend social.

Assassin’s Creed Shadows riesce a sfruttare il fascino occidentale nei confronti del Giappone proponendo un’esperienza ricca e suggestiva. Sicuramente il passo in avanti rispetto a Origin, Odyssey e Valhalla è netto, ma resta quella sensazione di "azioni riempitive" per far sì che il mondo gigantesco meravigliosamente ricreato non appaia vuoto. Il risultato quindi è un titolo caratterizzato nelle cutscene, nell'estetica e nelle meccaniche di combattimento, ma non troppo nell'essenza. E questo dispiace, specialmente sapendo che dietro c'è Ubisoft, uno studio un tempo fautore di rivoluzioni e avanguardie videoludiche, oggi ancora indietro rispetto agli standard raggiunti dai grand open world.