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Il reality degli orrori: violenze, cibo scarso e niente cure mediche per vincere 5 milioni di dollari

Lo youtuber MrBeast e Prime Video hanno prodotto un reality show in cui 1.000 concorrenti si sfidano per un montepremi da 5 milioni di dollari. Nelle scorse settimane diversi concorrenti hanno denunciato al New York Times le condizioni con cui sono stati costretti a gareggiare. Ora hanno avviato anche un’azione legale.
A cura di Valerio Berra
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MrBeast è lo youtuber più seguito al mondo. Classe 1994, al secolo James Donaldson, su YouTube ha 316 milioni di iscritti. I suoi video sono ormai piccoli documentari o sfide a premi. Gli ultimi due si intitolano “Uomini vs Donne si sfidano a sopravvivere nella natura selvaggia per 500.000 dollari” e “Ho vissuto sette giorni bloccato in una grotta”.

Milioni di visualizzazioni, milioni di dollari raccolti grazie alla pubblicità. Un successo che gli ha consentito di collaborare con Prime Video per un reality show che però non sembra andato esattamente secondo i piani. Cinque participanti allo show hanno iniziato un’azione legale contro MrB2024, la casa di produzione di MrBeast che si occupata degli aspetti logistici dello show.

Le accuse delle concorrenti del reality

La notizia non è arrivata all’improvviso. Nelle scorse settimane il New York Times aveva pubblicato le testimonianze di alcune persone che avevano partecipato alla competizione. Le accuse erano diverse. Il reality show a quanto sembra si basa su delle prove di vario tipo, anche fisiche. Stando a quanto emerso dal format, 1.000 concorrenti dovrebbero sfidarsi per un montepremi da 5.000.000 di dollari.

Il New York Times ha raccolto testimonianze che raccontano di vari problemi. Pasti non sufficienti, cure mediche non somministrate e premi mai arrivati. Spesso infatti nelle sfide di MrBeast vengono garantiti dei premi di consolazione per chi supera le prime fasi dello show ma non riesce ad arrivare alla fine del programma.

Secondo quanto riporta la BBC questa azione legale sarebbe proprio sulla linea di queste dichiarazioni. Non solo. Nel documento viene citato anche un atteggiamento violento da parte dello staff. Tra le pagine si parla infatti di un ambiente che “sistematicamente ha fomentato una cultura di misoginia e sessismo”.

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