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“Il problema dei social è che i genitori non sanno occuparsene”

Nick Clegg sostiene che i genitori non usino le funzioni messe a disposizione dalla piattaforma. In parte potrebbe anche essere vero, i genitori non sono formati per tutelare i bambini online, d’altro canto le piattaforme devono difendersi dalle pressione normative.
A cura di Elisabetta Rosso
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Abbiamo tutti gli strumenti ma non li usiamo. O almeno così pensa Nick Clegg, Presidente di Affari globali di Meta. Durante un evento organizzato dalla Chatham House di Londra, Clegg ha spiegato che i genitori non utilizzano i parental control su Facebook e Instagram introdotti dall'azienda negli ultimi anni per proteggere i bambini. I colossi tech hanno messo a disposizione alcune funzionalità per permettere a tutori e genitori di controllare la vita online dei minori. È possibile per esempio stabilire un numero massimo di ore da trascorrere su un social, oppure attivare filtri per impedire che determinati contenuti, considerati inappropriati, compaiano sul feed.

"Siamo rimasti sorpresi quando abbiamo scoperto che i genitori non hanno attivato il parental control sui dispositivi dei loro figli", ha spiegato Clegg. "Ci troviamo quindi di fronte a un problema comportamentale, ovvero, noi come azienda ci chiediamo perché abbiamo dato ai genitori delle scelte per limitare la quantità di tempo in cui i bambini sono e non le usano".

Come funziona il parental control

Meta negli ultimi hanno ha lanciato diverse funzioni per permettere ai genitori di controllare la vita online dei figli, per esempio il monitoraggio del tempo trascorso sui social. Non solo, "per contribuire a proteggere gli adolescenti da contatti indesiderati su Instagram, impediamo agli adulti di età superiore ai 19 anni di inviare messaggi agli adolescenti che non li seguono e limitiamo il tipo e il numero di messaggi diretti (DM) che le persone possono inviare a qualcuno che non li segue a un solo messaggio di testo", spiega Meta sulla sua pagine ufficiale.

A maggio ha lanciato anche una nuova funzione chiamata "Centro per le famiglie", che permette di supervisionare l'account e sapere cosa fanno i figli online sulla piattaforma, fare una “selezione all’ingresso” dei followers, decidendo quali account non possono seguire e viceversa. Eppure non basta. 

Davvero i genitori non usano le funzioni di Meta?

Clegg sostiene che i genitori non usino le funzioni messe a disposizione dalla piattaforma. In parte potrebbe anche essere vero. Come ha spiegato a Fanpage.it il pediatra Osama Al Jamal, membro della segreteria nazionale FIMP e referente del progetto Educare al digitale: "È necessario responsabilizzare i genitori educandoli a un uso consapevole della rete. Spesso si siedono a tavola accendono la tv e guardano lo schermo del pc, e devono capire che è importante non farlo." Non solo,"i ragazzi devono essere responsabilizzati sui rischi della rete così che imparino poi a farne sempre un uso consapevole."

C'è poi l'altro lato della medaglia. Le piattaforme devono difendersi dalle pressione normative. Il primo ministro, Anthony Albanese, vuole impedire ai bambini di accedere ai social media e ad altre piattaforme digitali. Enti di beneficenza e attivisti chiedono dal 2017 una regolamentazione più rigorosa sulla sicurezza online. L'associazione NSPCC ha affermato che in questi sei anni sono stati registrati 34.400 crimini di adescamento online contro i bambini.

E infatti, Andy Burrows, amministratore delegato della Molly Rose Foundation, ente di beneficenza, ha risposto così alla dichiarazione del Presidente di Affari globali di Meta: "Nick Clegg renderebbe un servizio alla sicurezza dei bambini se smettesse di scaricare la responsabilità e iniziasse ad assumersi la responsabilità dei danni prevedibili causati dalle scelte di Meta".

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