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Il Museo Nazionale del Cinema avrà una sezione permanente sui videogiochi: questa è un’ottima notizia

Il videogioco è ancora un medium che ha difficoltà ad essere riconosciuto come espressione culturale e artistica in Italia. Ne abbiamo parlato nel dettaglio con Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema.
Intervista a Domenico De Gaetano
Direttore del Museo Nazionale del Cinema
A cura di Lorena Rao
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Se i videogiochi sembrano un fenomeno di nicchia in Italia è perché non esistono al di fuori degli spazi di competenza, siano essi eventi di settore, streaming su Twitch o articoli della stampa. Spazi in cui il medium viene comunque trattato come semplice prodotto di consumo e intrattenimento. Questo è un grande problema. A differenza del cinema, della musica e del fumetto, il medium videoludico ha difficoltà ad essere riconosciuto in Italia come un'espressione culturale, sociale e artistica, dietro cui c'è un'industria, nella top 10 del panorama globale, composta da studi di sviluppo, divulgatori, docenti, giornalisti, critici e persino archivisti pionieri.

Un mix di professionalità ed esperienze legate a un medium che grazie all'interattività e alla fruzione attiva su schermo riesce a mandare forte i suoi messaggi. Il recente Hellblade 2 ne è un esempio perfetto ma l'elenco generale sarebbe davvero lungo. Nonostante queste premesse pessimistiche, qualcosa in Italia sta cambiando. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino aprirà un’area permanente dedicata ai videogiochi.

L'inaugurazione sarà il 2 luglio e vedrà la partecipazione di David Cage, noto autore videoludico francese che nel 1997 ha fondato Quantic Dream, studio che ha dato i natali a titoli oggi divenuti cult come Heavy Rain, Beyond Two Souls e Detroit: Become Human. Tra i videogiochi presenti nell’area, Alan Wake 2, Final Fantasy VII, Gone Home, Red Dead Redemption, Death Stranding e il primo Prince of Persia. Un mix di titoli del passato e contemporanei per far emergere le commistioni tra cinema e videogiochi, ma non solo. Ne abbiamo parlato direttamente con Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema.

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Ci può dire nel dettaglio quali sono le intersezioni tra cinema e videogioco?

Cinema e videogame sono due linguaggi artistici che più di altri, oggi, plasmano fortemente l'immaginario collettivo. I punti di contatto sono moltissimi a livello produttivo e narrativo anche se da una parte lo spettatore si immerge in una sala buia e si lascia trasportare dalle immagini in movimento sul grande schermo e dall’altra partecipa attivamente alla costruzione di esperienze interattive. E in questi ultimi anni le intersezioni e le contaminazioni tra i due media sono notevoli: molti film hanno ispirato celebri videogame e, viceversa, da molti videogiochi sono nati progetti cinematografici.

Cult degli anni ‘90 come Final Fantasy VII avevano già sollevato la questione del videogioco come forma di cultura. Come mai, secondo lei, in Italia si sta prendendo coscienza di questo aspetto solo adesso a livello istituzionale?

Il nostro Paese ha un passato, una storia, una cultura, maestri talmente straordinari ed eccezionali in tutti campi artistici che può risultare più difficile inserire le novità contemporanee o i nuovi linguaggi innovativi. Per qualunque istituzione aprirsi ai videogiochi è una grande sfida, ma molte istituzioni lo stanno facendo usando il gaming per attirare i giovani in termini di nuove modalità di fruizione. Per il Museo del Cinema invece è connaturato al proprio percorso di studio delle immagini in movimento, per questo abbiamo previsto una politica di acquisizione e di ricerca dei rapporto tra cinema e videogiochi in collaborazione con l’Università.

Possiamo pensare a questa inaugurazione come un passo per legittimare il videogioco e farlo penetrare nella società, come già accade da tempo in metropoli come Tokyo o Londra?

Sì, l’attenzione del Museo per i videogiochi rappresenta un primo tassello per riconoscere l’importanza di questo fenomeno, di questo linguaggio, di questa arte. In questi anni ho visitato i principali musei e dialogato con loro per comprendere il modo in cui approcciano il rapporto tra cinema e videogiochi. L’Australian Center for Moving Image (ACMI) da questo punto di vista è il più avanti di tutti.

Da anni ha avviato una ricerca sulle intersezioni tra immagine in movimento ed immagine interattiva e ha destinando una ampia area del percorso di visita permanente ai videogiochi, dove è possibile giocare. Certo loro possono permettersi di raccontare la storia del cinema australiano in poche stanze, cosa da noi fortunatamente impensabile. Anche MOPop Museum di Seattle è diviso in tre grandi aree: cinema, musica e videogiochi, con una serie di percorsi che attirano soprattutto i giovani. Tokyo è la Las Vegas per i videogiocatori. Il Moma di New York e il BFI di Londra hanno introdotto in collezione permanente il medium videoludico aprendo la strada ad un percorso di acquisizioni continuato negli anni successivi.

La nuova area accoglierà trailer, interviste e materiali legati allo sviluppo videoludico. Per il Museo è quindi fondamentale far emergere la componente umana e creativa dietro al videogioco? 

Per noi è l’aspetto più importante. Al di là di molte tecniche come il motion capture usato sia nel cinema che nei videogiochi, che permette di vedere Willem Dafoe o Léa Seidoux di prestare i loro volti alle avventure interattive, quello che ci interessano sono i designer, i creativi, i “registi” dei videogiochi e capire come sono venute in mente quelle visioni incredibili che hanno catturato l’immaginario di milioni di ragazzi.

Saranno previste postazioni di gioco per toccare con mano le peculiarità dei singoli videogiochi che fanno parte dell'esposizione?

Per il momento non sono previste ma ci stiamo pensando nel progetto di restyling del Museo. Ci interessa di più studiare il rapporto tra videogiochi e cinema e musealizzare l’esperienza esponendo bozzetti preparatori, documenti di game design, sceneggiature, props, reference visive che singoli creatori, team indipendenti e grandi studios AAA ci hanno fornito. Il prossimo anno però ci sarà una mostra temporanea con alcuni titoli giocabili. E stiamo valutando l’idea di organizzare delle competizioni tra gamers usando i due grandi schermi dell’Aula del Tempio.

Ultima domanda, un po’ personale: qual è il suo videogioco preferito e perché?

Da giovane andavo nelle sale giochi, poi ho seguito l’evoluzione dei videogiochi attraverso la passione di mio figlio. È stato lui a introdurmi a giochi come Assassin’s Creed: potersi muovere in quel mondo ricreato con tanti particolari sullo schermo era stupefacente, molto cinematografico! Andammo pure a Monteriggioni… Adesso gioco solo ogni tanto a FIFA in modalità carriera per prendermi la soddisfazione di vedere il mio Torino che batte la Juve e vince lo scudetto.

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