Fiorentino di nascita, alla guida Poste Italiane dal 2017, dopo una lunga carriera in Jp Morgan, proseguita con incarichi manageriali in Cassa Depositi e Prestiti e Terna, Matteo Del Fante dice di sé che è un ottimista di natura. E non potrebbe essere altrimenti, visto che in un’epoca in cui si parla solo di metropoli, globalizzazione, connessioni a lungo raggio e digitalizzazione di tutto il digitalizzatile, ha scelto di scommettere sui piccoli comuni, sui servizi di prossimità, puntando a fare degli uffici postali uno dei principali presidi pubblici delle piccole comunità.
Incontriamo Del Fante nel museo di Poste Italiane, nel cuore di Roma, una celebrazione dei 161 anni di storia della prima azienda italiana per numero di dipendenti. E nel cominciare un’intervista che parla del futuro, gli chiediamo cosa si porterebbe dietro dal passato della realtà che guida: “La prima cosa che mi porterei dietro è il Paese, l’Italia. Poste ha sempre accompagnato gli italiani, le abitudini e le necessità degli italiani e questo dobbiamo continuare a farlo. La seconda cosa il farlo tramite la nostra capillarità. Abbiamo fatto una scelta precisa e strategica di rimanere vicini al territorio, vicino alle aree interne vicine ai comuni piccoli e adesso con il progetto Polis, erogando anche dei servizi della pubblica amministrazione proprio in queste aree. E la terza, infine è la dedizione dei nostri colleghi, perché questa è la nostra grande forza. Ed è ciò ci dà la forza e la tranquillità di guardare al futuro in maniera positiva e ottimista”.
Guardiamo al futuro, allora: chiuda gli occhi e ci racconti come si immagina il mondo tra dieci anni…
Allora sono un ottimista di natura, quindi non posso che pensare a un futuro in cui abbiamo risolto il problema del cambiamento climatico, in cui siamo stati abbastanza intelligenti da usare la tecnologia a nostro favore in modo saggio.
Cosa intende per “usare la tecnologia in modo saggio”?
Intendo dire che magari la tecnologia ci ha sgravato di un po’ di attività, ma che allo stesso tempo ci siamo tenuti e ci siamo specializzati in tutti quei lavori in cui è necessario il tocco umano.
Trasliamo questo ragionamento sulle Poste: vent'anni fa consegnavano quelle lettere, oggi consegnano i pacchi, servono per pagare le multe, aiutano a gestire il risparmio. Domani, per i nostri figli, cosa saranno le Poste?
Saremo una piattaforma di aiuto. Un fornitore di servizi per la vita di tutti i giorni. Una cosa molto facile a dirsi, molto complicata da declinare nella realtà. Immaginiamo la vita di un italiano qualunque: si sveglia la mattina e compra delle cose, quindi ha bisogno di un mezzo di pagamento. Magari prende un autobus, quindi anche li deve pagare, deve ricevere un pacco e deve essere a casa, deve pagare delle utenze, adempiere a obblighi burocratici. E ovviamente deve poter risparmiare per potersi permettere tutto questo. Noi proviamo a dare delle soluzioni a tutte queste piccole grandi necessità del nostro cliente tipico medio italiano.
Lei ha parlato per prima cosa di acquisti. La pandemia ha cambiato, e molto, le nostre abitudini in termini di acquisto, scoprendo l’e commerce. A bruciapelo: il futuro che si immagina è senza negozi? Che cosa sarà il presidio fisico per voi che avete tanti presìdi fisici?
L’e-commerce è un trend che rimarrà. Lo dicono i numeri: siamo alla metà circa della media europea dei pacchi consegnati pro capite per anno, quindi è plausibile ci sarà un’ulteriore crescita nei prossimi anni.
È un bene o un male, secondo lei?
Fino a oggi l’e-commerce ha fatto perdere molto lavoro, molti flussi e molte opportunità ai negozi di vicinato. I grandi di quel settore dicono che migliorano la vita dei cittadini, che gli rendono la vita più facile: il consumo istantaneo con la consegna il giorno stesso, al più tardi il giorno successivo è così, è sicuramente un’innovazione enorme. Tuttavia è importante accompagnare, questa transizione e proteggere non solo i negozi di vicinato, ma anche la produzione artigianale che magari su questi canali non ci può andare per motivi di scala. Mi lasci aggiungere una cosa su di noi, però.
Prego…
Per noi, gli anni della pandemia e dei lockdown sono stati un'esperienza molto significativa, che credo che abbia ricordato a tutti noi, ma soprattutto a tutti i nostri clienti, che Poste c’è.
In che senso?
Nel senso che per noi non c’era smart working. Che il postino la mattina doveva uscire, lockdown o no. Che nei centri di smistamento bisogna esserci, coi volumi che erano più che raddoppiati a causa delle restrizioni. Che anche nei giorni peggiori della pandemia una delle poche cose che si poteva fare era uscire di casa a pagare i bollettini, e i nostri colleghi vedevano al giorno una media di cento, centocinquanta persone. Per noi è stato uno sforzo immane chiedere una disponibilità del genere a più di 100mila persone che lavorano per noi. Ma farcela, è stato un motivo di grande orgoglio.
Lei prima ha parlato di protezione di tutto ciò che è piccolo: piccole realtà, piccoli artigiani, piccole città. Ci sono urbanisti che stanno studiando tutti i tipi di modelli di città del futuro: diversi tra loro teorizzano che in un futuro prossimo vedremo in poche, pochissime grandi megalopoli. Altri, invece, immaginano le grandi città come quartieri a 15 minuti. Voi che città avete in mente?
Noi puntiamo sui piccoli centri.
Come mai?
Innanzitutto perché questi centri, con la tecnologia, adesso sono molto più connessi. Con la fibra e la capacità computazionale attuale si possono fare oggi in quei piccoli centri le stesse cose si fanno in città. E poi, fondamentalmente, perché questa è la storia del Paese: io credo che rinnegare la propria storia sia sempre un errore.
Parla dell’Italia o di Poste?
Di entrambe. Per noi, quella è una parte di attività che dobbiamo curare e proteggere. Le grandi aziende che sono andate in difficoltà nella Storia, sono quelle che si sono dimenticate di quello che erano, da dove venivano. Noi veniamo dalle piccole realtà e viviamo della relazione con i cittadini. Cambia il mondo, cambiamo noi, cambia il nostro rapporto, ma dobbiamo mantenere fermo quel che siamo.
Il progetto Polis, che allarga il numero dei servizi che offrirete agli abitanti dei piccoli comuni, va in questa direzione…
È un progetto che è stato molto apprezzato a livello istituzionale, ma anche in sede europea, per la sua forza inclusiva. Perché permette di riportare delle zone del Paese che non erano assistite e non godevano dei servizi di aree più urbanizzate nella condizione di avere gli stessi servizi. Con Polis portiamo in settemila uffici postali che si trovano al centro di piccoli comuni, i servizi alla pubblica amministrazione, tutto quel che noi oggi facciamo in Questura, in Prefettura, al Pubblico registro automobilistico, in Comune. Questo permette di dare a chi abita in un piccolo centro le stesse opportunità di chi abita in città. Evitandogli di prendere ferie e di fare 30 km alla guida, per avere un passaporto.
Voi siete anche fornitori di utenze energetiche: secondo la quale sarà il futuro dell'energia per questo Paese che di fonti energetiche fossili è importatore netto? Soprattutto: ci sarà ancora spazio per il fossile? Dobbiamo prepararci a un mondo per rinnovabili?
Beh, c'è fossile e fossile. Sicuramente non ci deve essere più spazio per il carbone. Non sono un esperto del settore, però di spazio per le rinnovabili ce n'è ancora parecchio, e dobbiamo prendercelo tutto. Soprattutto per quanto riguarda il solare fotovoltaico. Io però credo che ci sia ancora tanto spazio sul consumo intelligente, sia aziendale che domestico e da questo punto di vista la nostra offerta è stata proprio pensata in quest’ottica.
Spieghi meglio…
Noi non produciamo energia, ma la compriamo Green. E questo è il punto di partenza. Però, a mio avviso, è ancora più importante per noi stimolare il cliente in maniera concreta, e con un incentivo, a consumare meno. Perché se riusciamo tutti a essere più attenti, gli spazi di miglioramento sono enormi e quindi il fabbisogno energetico scende, e si arriva più vicini alla parità di emissioni di CO2. In pratica noi ti diciamo che se quest’anno consumi meno dell’anno scorso, ti facciamo pagare l’energia di meno.
Voi siete anche un gestore del risparmio, del resto. E uno dei grandi dibattiti sul futuro è che fine faranno i soldi. O meglio ancora: come saranno i soldi. Secondo lei sopravviverà la carta moneta?
Io credo che quello verso la moneta elettronica sia un trend ineluttabile. L’Italia è partita un po lenta, ma questo rende, diciamo, l'opportunità più grande.
In che senso?
Pensiamo all’Euro digitale e prendiamo gli ultimi documenti della Commissione Europea. C’è proprio scritto nero su bianco che questo strumento dovrà essere alla portata di tutti, e che vorranno appoggiarsi sulle grandi reti di distribuzione dei paesi membri. Non solo: hanno specificato che gli uffici postali avranno un ruolo centrale per permettere a tutti di avere l'opportunità di poter usufruire del digitale. Per noi è la prossima sfida.
Facciamo un piccolo gioco ancora adesso. Io adesso le dico una serie di parole chiave, diciamo in qualche modo che sono dentro il dibattito sul futuro. Lei mi dice se vede più rischio e opportunità in questi temi. Cominciamo: intelligenza artificiale?
Opportunità.
Perché?
Perché se si riescono a ottimizzare i processi, e a minimizzare i problemi, ci renderà la vita più semplice.
Automobili che si guidano da sole?
Opportunità, da gestire con grande cautela. E glielo dico da appassionato d'auto.
Scuola online?
Grande opportunità dove è strettamente necessaria. Assolutamente rischiosa dove non ce n'è bisogno.
Parliamo di valori, adesso: quali sono per lei i tre valori che devono fare da architrave al futuro dell'umanità,
Il primo è l’altruismo. Il secondo è l’impegno a tirare fuori il massimo da se stessi. Il terzo è il coraggio
Secondo lei perché un ragazzo, una ragazza, un ragazzo di vent'anni dovrebbero essere ottimisti sul futuro come lo è lei?
Perché non c'è alternativa. Perché vedere il bicchiere mezzo vuoto equivale a precludersi tante opportunità.