Il Ceo di ChatGPT confessa la sua più grande paura: “L’IA potrebbe danneggiare le persone”
È un grido d'aiuto quello di Sam Altman, Ceo di OpenAi, l'azienda di ChatGpt e Dall-E. Oggi, di fronte a una giuria di senatori ha messo sul banco tutte le sue paure. Nel giro di qualche mese è arrivata l'intelligenza artificiale che ora promette di rivoluzionare il mondo, nel bene e nel male. E l'uomo che si trova tra le mani lo strumento del futuro è ragionevolmente spaventato dal potere dell'IA, chiede quindi una regolamentazione ferrea al governo per impedire che la nuova tecnologia crei più danni che benefici.
"I miei peggiori timori sono che causiamo danni significativi, noi, il campo, l'industria tecnologica, causiamo danni significativi al mondo", ha detto Altman a una sottocommissione giudiziaria del Senato. "Penso che potrebbe accadere in molti modi diversi. È per questo che abbiamo avviato l'azienda". Le preoccupazioni del Ceo di OpenAi sono già state ripetute da molti, il lavoro (molte aziende stanno già cercano di sostituire i dipendenti con l'intelligenza artificiale), i pregiudizi e gli errori dei software, i problemi con il diritto d'autore, le fake news. "Pensa che se questa tecnologia va storta, può andare completamente storta e vogliamo essere espliciti al riguardo", ha aggiunto. "Vogliamo lavorare con il governo per evitare che ciò accada".
Il problema dell'intelligenza artificiale che ruba il lavoro
In poche parole Altman sta chiedendo al governo di regolare in fretta una tecnologia dalle enormi potenzialità, che porta però in grembo altrettanti rischi. "Ci sarà un impatto sui posti di lavoro. Cerchiamo di essere molto chiari su questo, e penso che richiederà una collaborazione tra l'industria e il governo, ma soprattutto un'azione da parte del governo per capire come vogliamo mitigarlo", ha detto. "Ma sono molto ottimista su quanto saranno grandi i lavori del futuro. Credo che ci saranno posti altre professioni, e i lavori di oggi miglioreranno. Penso che automatizzerà completamente alcuni lavori e ne creerà di nuovi che riteniamo saranno molto migliori".
Il presidente della sottocommissione Richard Blumenthal, ha spiegato che tra le sue preoccupazioni più grandi c'è la perdita del lavoro. A marzo, Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto, spiega come l‘intelligenza artificiale potrebbe sostituire 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Anche l’Università della Pennsylvania ha realizzato uno studio sull’impatto delle tecnologie GPT (Generative Pre-trained Transformer) sul mercato del lavoro.
Nel documento spiega che l’intelligenza artificiale generativa impatterà l‘80% delle persone, mentre il 20% potrebbe subire un cambiamento radicale riguardo ai tempi, modi, stipendi, offerta di lavoro. I ricercatori hanno anche aggiunto che alcune professioni sono davvero a rischio. "Abbiamo rilevato che i posti di lavoro ad alto reddito potrebbero affrontare una maggiore esposizione da parte dei chatbot”, più al sicuro invece le professioni creative, resistono invece benissimo i lavori manuali che non verranno travolti dalla rivoluzione dell’IA. Le professioni più a rischio sembrano essere i designer, ingegneri ed esperti di blockchain. A seguire nella lista ci sono anche analisti finanziari, sondaggisti, matematici, autori di testi. Anche i giornalisti soprattutto chi si occupa di cronaca e autori di saggi.
Altman dopo aver ribadito le sue paure ha poi aggiunto: "Come con tutte le rivoluzioni tecnologiche, mi aspetto che ci sia un impatto significativo sui posti di lavoro, ma è molto difficile prevedere esattamente come sarà questo impatto. Cerchiamo di essere molto lucidi su quale sia il caso negativo e sul lavoro che dobbiamo mitigare".
L'aumento delle fake news
Il senatore Josh Hawley, ha invece sollevato un altro problema: le fake news. Ha infatti spiegato che teme l'influenza negativa dell'intelligenza artificiale capace di creare immagini e notizie false ma realistiche. Hawley ha sottolineato che potrebbe essere utilizzata per creare falsi annunci pubblicitari oppure influenzare l'opinione pubblica con notizie non vere per manipolare per esempio le elezioni. Un assaggio l'abbiamo già avuto con le false immagini dell'arresto di Donald Trump, o quelle di Vladimir Putin inginocchiato davanti a Xi Jinping.
In un'intervista al Daily Beast, l'esperta di disinformazione e ricercatrice di Harvard Joan Donavan ha spiegato che "purtroppo questi strumenti per creare immagini realistiche sono molto utili per ingannare il pubblico. Stiamo assistendo a una nuova forma di disinformazione preventiva, dove le voci vengono trasformate in realtà attraverso la creazione di media che coprono eventi che non sono mai accaduti".
Henry Ajder, esperto di intelligenza artificiale e Deepfake ha aggiunto in un'intervista a Newsweek che mentre le foto di Trump possono essere chiaramente false per le persone con un background nell'intelligenza artificiale, altri potrebbero percepirle in modo diverso. “Queste immagini potrebbero essere condivise in spazi informativi più isolati e ristretti, dove sono inquadrate in modo diverso da persone che sono alla ricerca di conferme ed essenzialmente alla ricerca di output, immagini che mostrino Trump arrestato per suscitare indignazione o gioia in alcuni casi."Altman anche in questo caso ha spiegato che si tratta di una "significativa area di preoccupazione" e che sarebbe "abbastanza saggio" per il governo creare nuovi regolamenti per il settore.