Il blocco di TikTok arriva in Belgio: app vietata per gli smartphone del governo. E in Italia?
La decisione è stata annunciata dal primo ministro del Belgio Alexander De Croo. Anche in Belgio TikTok verrà bannato dagli smartphone dei dipendenti del governo federale. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters, questa decisione è arrivata dopo una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale in cui si è parlato dei dati raccolti dall’app e del suo rapporto con Pechino. Tutto il problema infatti ruota attorno alla proprietà di TikTok.
Anche se l’app che usiamo noi è legata alla parte internazionale dell’azienda, TikTok è stato sviluppato e creato da ByteDance, una Big Tech con sede a Pechino. È questo il legame che secondo De Croo rende necessario bloccare le attività dell’app su tutti gli smartphone di persone che ricoprono incarichi di rilievo: “È logico vietare l'uso di TikTok sui telefoni forniti dal governo federale. La sicurezza delle nostre informazioni deve prevalere”.
Dove nasce il ban di TikTok
Tutto parte dagli Stati Uniti. È qui che nei mesi scorsi l’app ha cominciato a collezionare ban prima dal Senato, poi dalle reti dei campus universitari e quindi dai dispositivi delle agenzie federali. Poi l’Europa. Tra fine febbraio e inizio marzo prima la Commissione Europea e poi il Parlamento Europeo hanno chiesto ai loro dipendenti di disinstallare l’app dagli smartphone.
In tutti questi casi, i motivi sono gli stessi, come ha confermato anche la vicepresidente del Parlamento Ue Pina Picierno a Fanpage.it. I problemi sono sempre due: da una parte la raccolta dati, che però non è diversa da quella degli altri social network, dall’altra il rapporto con Pechino.
Al momento quindi non sembra essere stato efficace il Project Clover, l’investimento da 1,2 miliardi di euro all’anno con cui TikTok vuole costruire tre data center dove conservare i dati degli utenti europei. Due delle strutture sarebbero in Irlanda, l’ultima in Norvegia. La posizione dell'azienda, come comunicato più volte anche a Fanpage.it, resta la stessa: "Il governo cinese non ha mai chiesto l'accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo".
La situazione in Italia
In Italia per il momento sembra lontana la possibilità di un blocco. Dopo i primi ban in Europa il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo aveva detto: “Su questo argomento si sta già impegnando il Copasir, ma è evidente che il mio ministero, avendo 3,2 milioni di dipendenti, è fortemente coinvolto. Le opzioni possono essere di muoversi come si è mossa la Commissione europea o eventualmente assumere una decisione diversa. È una scelta che non posso compiere in solitaria”.
Le sue parole sembravano aprire a un ban anche in Italia ma sono state chiarite nei giorni scorsi: “Quindici giorni fa mi sono limitato a dire che ho notato che sia nella comunità europea che in diversi stati federali americani viene vietato ai dipendenti pubblici l’utilizzo di TikTok. Ho sollevato il problema e detto che è opportuno approfondire il tema e capire se effettivamente esistono dei rischi legati alla sicurezza degli utenti di questo social”.
Al momento sembra quindi difficile che l’Italia da sola pensi al blocco dell’applicazione. Ma c’è un precedente. Tra il 2018 e il 2019 una scarica di blocchi e veti aveva investito Huawei, azienda cinese specializzata in hardware per le telecomunicazioni. A un certo punto alcuni Stati avevano minacciato di non condividere più informazioni strategiche con chi utilizzava dispositivi prodotti dall’azienda cinese. E così anche i Paesi che non volevano adottare soluzioni drastiche per bloccare Huawei hanno cominciato a tirarsi indietro.