I social sono un lavoro. E questo Errico Porzio lo sa bene. Negli ultimi anni il pizzaiolo napoletano è stato uno degli imprenditori che hanno cavalcato meglio l’arrivo di TikTok in Italia. Su questa piattaforma è arrivato a un milione di follower, su Facebook ne ha 300.000 e su Instagram 147.000. Una platea che ha contribuito a far decollare le sue attività. Giusto pochi giorni proprio su TikTok cha mostrato l’inaugurazione del 12° punto vendita di Porzioni di Pizza, il suo franchise di pizza al taglio.
Nelle ultime ore dalle pagine di Porzio è arrivata una storia che ha riportato il dibattito sugli influencer ad alcune note posizioni. Brevemente. Una sedicente influencer sarebbe andata a cena in uno dei suoi punti vendita, avrebbe ricevuto un trattamento di favore, una “pizza personalizzata”. Mentre consumava la sua pizza avrebbe poi pubblicato una serie di story entusiasta, almeno fino al momento del conto. Appena lo scontrino è arrivato sul tavolo, la ragazza avrebbe cancellato tutte le story pubblicate su Instagram: “Apprezzo l’accoglienza, però insomma, capirete che il lavoro è lavoro”.
Come funziona il cambio merce
Da quello che si può leggere nel post di Porzio in fondo tutto nasce da un equivoco. La sedicente influencer pensava di aver avviato un rapporto “scambio merce/servizio” mentre la pizzeria l’ha trattata come una cliente, forse noto ma comunque una cliente. Certo. Nessuno di noi miseri utenti si stupisce se dopo una cena il cameriere osa portarci il conto ma nell’equivoco della pizzeria Porzio c’è qualcosa di più di un eccesso di ego social o di un po' di maliza.
“È una situazione di cui negli ultimi anni abbiamo visto approfittarsi un po’ tutti. Ci sono gli imprenditori che invece di pagare un servizio regalano qualche prodotto e i creator che hanno cercato in tutti i modi di farsi le vacanze gratis”. A parlare è Jacopo Ierussi di Assoinfluencer, associazione di categoria che si occupa di creator. Queste dinamiche avvengono soprattutto agli inizi, quando i follower ci sono ma sono ancora pochi.
Per i creator i social sono strumenti di lavoro, e non solo per il pubblico a cui si rivolgono. “Nei contenuti che pubblicano mettono anche tutto il loro know how”. Per creare un contenuto che funziona e che quindi pò davvero diventare una forma di pubblicità bisogna usare dei linguaggi che si apprendono solo dopo un po’ di esperienza. I social sono pieni di maldestri tentativi di marketing affidati a parenti o a tutorial su “come diventare virali”.
Alla fine quindi l’unico punto interessante della storia di Porzio è che questo tipo di rapporti sono spesso regolati in modo molto amatoriale. Il mercato della pubblicità sui social abbia bisogno di nuove leggi, soprattutto per i creatori più piccoli che lavorano fuori dalle agenzie di marketing. Al memento gli influencer non hanno nemmeno un codice ATECO dedicato. Spiega Ierussi: “Pensiamo al cambio merce o al cambio servizio. È un metodo di pagamento molto usato ma di fatto non può essere fuori dalla fiscalità. Pensate: teoricamente qualsiasi scambio di questo tipo dovrebbe essere tassato, anche una pizza”.