I segreti di ArgoMoon, il satellite italiano diretto verso la Luna: “Ci prepariamo alla prima base lunare”
ArgoMoon è un CubeSat, un minuscolo satellite dalle forme squadrate. A guardarlo bene sembra una di quelle vecchie camere per registrare filmati diffuse all’esordio dell’era digitale. Ma la tecnologia di ArgoMoon non ha niente di ancestrale. Anzi. Assemblato nello stabilimento di Argotec a Torino, un’azienda da 100 dipendenti e un fatturato da 12 milioni di euro, ArgoMoon in questo momento si sta muovendo da solo verso la Luna. La sua è una missione fotografica: deve registrare immagini del suolo lunare così da avere tutti i dati necessari al ritorno degli astronauti sulla Luna con la missione Artemis 1.
ArgoMoon, per adesso, è anche il primo e più importante contributo dell’Italia a questa missione. Ha delle dimensioni ridotte: 20×30×10 cm e una massa di 14 kg. Si trova nello Spazio dal 16 novembre, quando è stato lanciato con la missione Artemis 1, un lancio rimandato diverse volte a causa di problemi tecnici e condizioni atmosferiche. Il suo esordio nello spazio è avvenuto insieme alla navetta Orion, anche lei in avvicinamento verso la Luna. Se volete qui potete seguire la missione in diretta sul sito della Nasa. A raccontare la tecnologia e la storia di ArgoMoon è David Alvino, fondatore di Argotec.
Partiamo dalle basi. Cos’è ArgoMoon?
ArgoMoon è prima di tutto un satellite di piccole dimensioni. È stato sviluppato nei nostri laboratori a partire dal 2016 e consegnato alla Nasa due anni fa. Artemis 1 per lui è la prima missione. È stato costruito tutto in Italia ed è la prima volta che il nostro Paese manda un satellite così piccolo in orbita lunare.
Come è nata questa collaborazione con la Nasa?
Prima siamo stati selezionati dall’Agenzia Spaziale Italiana, poi da quella Europea e quindi dalla Nasa. Siamo gli unici in Europa a partecipare a questa missione. A bordo di Artemis 1 c’erano dieci satelliti, gli altri sono tutti statunitensi o giapponesi.
Sulla Luna ci siamo già stati. Perché studiarla ancora?
È un ambiente in cui siamo stati solo per qualche giorno. Ora l’obiettivo è un altro: vogliamo capire come si può vivere in un luogo così lontano e vogliamo studiare in modo approfondito tutte le sue caratteristiche. Ma non solo. Le tecnologie che sviluppiamo nella corsa allo Spazio poi possono essere utilizzate anche nei prodotti che troviamo negli scaffali dei supermercati.
Sto pensando ad esempio alle lenti polarizzate. Ora quali sono le tecnologie che si candidano a arrivare sui nostri scaffali?
Questo non possiamo ancora saperlo. Ma facciamo un esempio. Nel nostro caso per ArgoMoon non abbiamo scelto i pc più avanzati ma quelli più affidabili. In un satellite del genere tutto deve funzionare senza dare nessun problema e per questo abbiamo utilizzato un pc che non performante come quelli che abbiamo oggi sulle nostre scrivanie. È stata una grande sfida programmare con pc di questo tipo e le competenze che abbiamo appreso le utilizzeremo anche in altre tecnologie.
A cosa state lavorando oltre ad ArgoMoon?
Sempre satelliti. Stiamo sviluppando una costellazione di microsatelliti che verranno utilizzati per raccogliere dati in grado di migliorare le previsioni meteorologiche e l’agricoltura di precisione. Non solo, stiamo sviluppando anche nuovi satelliti per Asi.
Quando è nata Argotech?
Abbiamo cominciato nel 2008.
In quel periodo non si parlare ancora di esplorazione spaziale come facciamo adesso.
No, è vero. Però già sognavamo tutto quello che stiamo vediamo realizzato ora.