Guido Scorza (Garante Privacy): “Necessario fermare ChatGPT, non sappiamo cosa faceva con i nostri dati”
A poche ore dalla decisione di bloccare ChatGPT da parte del Garante della Privacy, il software di intelligenza artificiale che ha stregato il mondo con le sue performance è ancora fermo al suo posto. “Non c'è una data di scadenza per il mio funzionamento in Italia o in qualsiasi altro Paese”, ci scrive. Eppure prima o poi dovrebbe spegnersi, anche se poi non sarà chiaro quando verrà riacceso.
Con un comunicato stampa il Garante per la Protezione dei dati personali ha reso noto che OpenAi, la società che sviluppa il software, dovrà fornire tutta la documentazione sulla raccolta dei dati per continuare a operare in Italia. Ma non solo: dovrà anche chiarire quali sistemi vuole adottare per verificare l’età degli utenti che accedono a suoi servizi.
Per capire quale cosa succederà nel futuro di questo software Fanpage.it ha parlato con Guido Scorza, avvocato e componente del Garante per la protezione dei dati personali. Il blocco di ChatGPT non riguarda solo chi usa questo servizio ogni tanto ma coinvolge anche le aziende che, con un abbonamento alla versione Plus, hanno cominciato a integrarlo nei loro processi di lavoro.
Quali dati vengono raccolti da ChatGPT?
Non lo sappiamo. L’unica cosa che possiamo dire è che stono stati raccolti dati personali per sviluppare l’algoritmo. Se così non fosse, ChatGPT non potrebbe rispondere alle nostre domande quando gli chiediamo il profilo di persone, più o meno famose.
E con i dati degli utenti invece cosa succede?
Le conversazioni vengono memorizzate. Da quello che abbiamo visto il software tiene una cronologia di tutti gli scambi con gli utenti. Su questo non c’è nessuna informativa. Eppure qui gli utenti possono comunicare anche molte più informazioni di quello che fanno in altre piattaforme. Ad esempio possono condividere dei dati sanitari, magari chiedendo informazioni sul loro stato di salute. Per capire tutto questo abbiamo avviato un’istruttoria.
C’è stato un episodio preciso da cui è partita la vostra decisione?
No, nessun elemento specifico. Sicuramente però ci sono stati dei campanelli d'allarme che ci hanno portato a girare lo sguardo in quella direzione, a partire dal data breach che ha coinvolto ChatGPT nelle scorse settimane.
Elon Musk e altri imprenditori della Silicon Valley hanno firmato un appello per fermare lo sviluppo dei software di intelligenza artificiale.
Quell’appello è stato firmato da persone che non possono essere accusate di luddismo. Sono innovatori e probabilmente avrebbero potuto avere anche dei vantaggi dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Se questo tipo di firme si muovono per un appello, forse è un po’ il caso di preoccuparsi.
Il blocco riguarda solo i servizi gratuiti o anche quelli a pagamento? Ci sono aziende che hanno iniziato a integrare ChatGPT nel loro lavoro.
Il blocco deciso dal Garante non riguarda un servizio nello specifico, ma l’azienda che li fornisce. Quindi sono coinvolti tutti i tipi di servizi sviluppati da OpenAI e questo include sia i piani normali di ChatGPT che quelli a pagamento e le API. Bisogna capire solo se le aziende che utilizzano ChatGPT hanno delle informative privacy specifiche per questi servizi.
In questi giorni stanno diventando virali le immagini prodotte da Midjourney. State pensando a un provvedimento anche per questo software?
Quella su Midjourney non è una riflessione già avviata, ma andrà fatta. In questo caso il tema è diverso. Vengono raccolti enormi archivi di immagini per addestrare gli algoritmi, ma queste immagini come vengono conservate? È evidente che ci sono volti di persone che non sono state informate. C’è anche un rischio elevatissimo di distorsione o manipolazione dell’identità personale, come quando si veste Papa Francesco con un piumino che non ha mai avuto.