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Gli affari di Tether, la cripto fatta da italiani con una quota nella Juventus: “Mai stati loschi”

Paolo Ardoino è il Ceo di Tether, una delle criptovalute più importanti del settore. Si tratta di una stablecoin, una valuta che lega il suo valore a quello di un asset di riferimento. Tether si basa sul dollaro americano. Con gli ultimi movimenti dell’amministrazione guidata da Donald Trump potrebbe diventare ancora più importante.
A cura di Valerio Berra
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L’ultima notizia collegata alla criptovaluta Tether in Italia riguarda la Juventus. Giancarlo Devasini, chairman di Tether, ha acquistato il 5,01% della società attraverso la società Tether Investments. Una quota di minoranza, certo. Ma comunque interessante dal punto di vista della comunicazione visto che di Tether in Italia si è iniziato a parlare solo da pochi anni, da quando cioè Devasini ha cominciato a occupare un posto fisso nella classifica degli uomini più ricchi d’Italia.

Al momento con un patrimonio stimato di 9,2 miliardi di dollari, Giancarlo Devasini è il quarto uomo più ricco d’Italia. Per chiarirci, si colloca tra Giorgio Armani e Piero Ferrari. Ma non solo. Il Ceo di Tether è un altro italiano, si chiama Paolo Ardoino e ultimamente sta rilasciando interviste a podcast e giornali.

Il rapporto tra Tether e il governo degli Stati Uniti

L’ultima è stata data al quotidiano britannico The Guardian, in cui spiega quali sono i rapporti tra Tether e il governo degli Stati Uniti. Un asse non certo secondario, almeno per due motivi: il primo è che Tether si basa esattamente sul valore del dollaro americano. Un Tether equivale precisamente a un dollaro.

Il secondo è che il governo Trump sta puntando molto sulle cripto, tanto che ha appena annunciato la creazione di una riserva di bitcoin. Su questo, spiega Ardoino, il legame con gli Stati Uniti di Tether ora è ancora più stretto, anche perché da febbraio il Secretary of Commerce degli Stati Uniti è Howard Lutnick, un uomo d’affari che con il fondo Cantor Fitzgerald è diventato uno dei principali investitori di Tether.

Tether la gestione della sicurezza: “Siamo solo un prodotto”

Un punto interessante nella storia di Tether è il tracciamento del denaro. Tecnicamente è una stablecoin, una criptovaluta collegata ad asset reali. Nell’arco di 10 anni ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 130 miliardi di dollari. Ardoino nell’intervista al Guardian si difende: “Non siamo mai stati loschi”.

La parola usata è “shady”, qualcosa che si può tradurre anche come “nell’ombra”. Secondo Ardoino quindi i sospetti attorno a Theter sarebbero nati solo per mancanza di comunicazione: “Non raccontavamo cosa stava succedendo, e questo è stato usato contro di noi. Se qualcuno non comunica pensi che non sia abbastanza trasparente”.

Certo, non c’è solo il tema della trasparenza. Secondo un report dell’ONU pubblicato nel gennaio del 2024, Tether sarebbe una delle cripto più usate dai criminali per il riciclaggio. Risponde Ardoino: “Ci sono oltre 200 agenzie che lavorano con noi. Non esiste un istituto finanziario, nemmeno le grandi banche, che abbiano questa ampiezza di collaborazione”. E ancora: “Quando i criminali cercano di spostare denaro sulla blockchain in USDT (la valuta di Tether), li vediamo e li blocchiamo. Ci bastano 15 minuti”.

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