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Intelligenza artificiale (IA)

Geoffrey Hinton, la storia del Nobel per Fisica che ora ha paura dalle sue stesse scoperte

Hinton ha dedicato la sua carriera a sviluppare macchine sempre più simili al cervello umano, dopo aver lavorato per anni nel team di apprendimento automatico all’avanguardia di Google ha lanciato il suo allarme: “Non sappiamo cosa significhi avere cose più intelligenti di noi”.
A cura di Elisabetta Rosso
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La sindrome del distruttore di mondi è una costante nella storia della scienza. Nella lista dei grandi inventori pentiti c'è anche Geoffrey Hinton, che ha appena vinto insieme a John J. Hopfield il Nobel per la fisica per le sue scoperte nell'ambito dell'apprendimento automatico (intelligenza artificiale) con reti neurali artificiali, ispirate alla struttura delle reti di neuroni nel nostro cervello. Negli ultimi mesi Hinton è stato ribattezzato il padrino dell'intelligenza artificiale. D'altronde ha trascorso la sua carriera cercando di costruire e sistemi di IA simili al cervello umano.

La tesi che ha sempre portato avanti è semplice: il cervello è meglio delle macchine, quindi le macchine per progredire devono diventare sempre più simili al cervello. Funziona, a tal punto che nel 2023 lancia il suo allarme: "L'intelligenza digitale che abbiamo ora potrebbe essere migliore di qualsiasi cervello. Semplicemente non è ancora così grande".

In un'intervista al New York Times, Hinton ha ammesso: "Mi consolo con la solita scusa: se non l'avessi fatto io, l'avrebbe fatto qualcun altro". E come spesso succede nella storia delle grandi invenzioni, il padre finisce per rinnegare il figlio. Ora Hinton è stato premiato per aver creato una memoria associativa in grado di immagazzinare e ricostruire immagini e altri tipi di modelli nei dati, e durante una telefonata al comitato Nobel ha ribadito is suoi dubbi: "Sono sbalordito da questo premio", ha detto.

Chi è Geoffrey Hinton

Hinton discende da una lunga stirpe di luminari. Tra questi la matematica Mary Everest Boole e il logico George Boole, pilastri dell'informatica contemporanea, il chirurgo James Hinton, e il geometra George Everest, che ha dato il nome alla montagna. È sempre stato affascinato dal cervello umano, tanto che, dopo aver frequentato durante i suoi studi all'università di Cambridge corsi di matematica, fisica e filosofia, decide di laurearsi in psicologia sperimentale nel 1970. 

Dopo la laurea comincia a lavorare come falegname, poi decide di iniziare un dottorato di ricerca in intelligenza artificiale presso l'Università di Edimburgo, l'unica che aveva programma post-laurea del Regno Unito sull'IA. D'altronde erano gli anni '70. La seconda guerra mondiale aveva smorzato ogni entusiasmo sull'IA non a caso il periodo successivo venne battezzato come l'inverno dell'intelligenza artificiale. 

Hinton però nell'IA ci crede ancora, e per questo decide di investire tutto sulle reti neurali. Devono funzionare come un cervello umano, quantomeno imitarlo, questa è la tesi del suo dottorato, e ogni volta che il suo relatore prova a dissuaderlo proponendogli alternative Hinton risponde: "Dammi altri sei mesi e ti dimostrerò che funziona".

Il grande progetto del padrino dell'intelligenza artificiale

Hinton si trasferisce negli Stati Uniti dopo il dottorato. Segue i soldi, oltre oceano infatti ci sono i finanziamenti per la sua ricerca. Gli Usa tornano a credere nell'intelligenza artificiale e sono pronti ad accogliere i futuri pionieri della Silicon Valley. Tra questi, Hinton, che accetta la cattedra di informatica presso l'Università di Toronto. Nel 2012 insieme a due suoi ex studenti Alex Krizhevsky e Ilya Sutskever (ora scienziato capo presso OpenAI) partecipano a ImageNet, competizione per costruire i sistemi di intelligenza artificiale per il riconoscimento delle immagini più accurati.

La gara è una vetrina, i modelli creati da Hinton funzionano e attirano potenziali investitori, tra questi Google, Microsoft, Baidu e DeepMind. Dopo una settimana Hinton sceglie Google, nel 2013 entra a far parte del team di apprendimento automatico all'avanguardia.

Il suo apporto è determinate. E infatti nel 2018 riceve, insieme a Yann LeCun, e Yoshua Bengio, il Premio Turing "per i contributi concettuali e ingegneristici rivoluzionari che hanno reso le reti neurali profonde una componente informatica essenziale". Nello stesso anno venne nominato Companion dell'Ordine del Canada.

La paura di Geoffrey Hinton

Dopo una vita a costruire macchine simili agli uomini Hinton fa un passo indietro, si licenzia da Google e lancia il suo allarme. Come ha spiegato in un'intervista al New York Times, i chatbot sono “abbastanza spaventosi” e che anche se "in questo momento, non sono più intelligenti di noi, penso che presto potrebbero esserlo."

Non solo, potrebbero essere strumentalizzati, deformati per raggiungere obiettivi pericolosi. L'intelligenza artificiale, secondo Hinton, metterebbe a rischio anche la pluralità di pensiero, attraverso risposte simili e omologate all'ideologia dominante. Come spiega il padrino dell'IA tappare tutte le falle è una corsa contro il tempo: "Guarda com'era cinque anni fa e com'è adesso".

Hinton ora segue il tracciato di un'altra sua celebre parente, Joan Hinton, una delle poche donne a lavorare nel Progetto Manhattan. La fisica dopo aver contribuito a costruire le armi nucleari è diventata un'attivista per la pace. Ora il premio Nobel consiglia cautela, "non bisogna applicare la tecnologia su larga scala fino a quando non sono confidenti di essere in controllo". Conscio delle dinamiche del mercato Hinton prevede "una serie di possibili conseguenze negative” .

"Non abbiamo esperienza di cosa significhi avere cose più intelligenti di noi", ha detto Hinton durante una telefonata con la commissione Nobel. "Sarà meraviglioso sotto molti aspetti… Significherà enormi miglioramenti nella produttività. Ma dobbiamo anche preoccuparci di una serie di possibili conseguenze negative, in particolare la minaccia che queste cose sfuggano al controllo".

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