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Fao e Oms: “I problemi della carne coltivata sono gli stessi degli alimenti tardizionali”

È stata pubblicata la ricerca sui richi degli aliemnti creati in laboratorio. Sfata i falsi miti, come la creazione di masse tumorali e le modifiche del Dna del consumatore.
A cura di Elisabetta Rosso
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Dopo il disegno di legge, per vietare la produzione e l’immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, arriva il rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ribalta il quadro descritto dal governo mettendo in luce i veri rischi e le false paure. La buona notizia è che le soluzioni esistono già, e non c'è nessun pericolo identificato dai ricercatori che non abbia già un corrispettivo nelle produzione di alimenti oggi. In poche parole si tratta un cibo sì, innovativo, che deve però seguire le stesse regole di sicurezza dei prodotti tradizionali.

L'obiettivo della ricerca è fare chiarezza perché: “È necessario dare una maggiore informazione sulla sicurezza alimentare in questo campo”, scrivono i ricercatori. Prima di elencare i problemi e le prospettive del settore il rapporto parte dalle basi: dal nome. Non va bene carne sintetica, è fuorviante e alimenta pregiudizi verso alimenti che sono a base animale. La premessa in partenza quindi è chiamarla carne coltivata o a base cellulare.

Il rapporto dell'Oms e della Fao

Nel rapporto Food safety aspects of cell-based food l’Organizzazione mondiale della sanità ha individuato 53 criticità, che potrebbero causare disturbi più o meno gravi a seconda della quantità e del tipo di carne consumata. Lo studio è stato condotto per capire meglio un settore che potrebbe risolvere diversi problemi nel futuro.

Uno studio del centro di ricerca indipendente Ce Delft, certificato dall’Unione europea, ha spiegato che la carne artificiale “potrebbe ridurre significativamente le emissioni di gas serra del settore del 92%, produrre il 93% in meno di inquinamento, diminuire del 95% il consumo di suolo e del 78% quello di acqua”. Un altro vantaggio è quello della sicurezza alimentare. La carne artificiale infatti viene prodotta in laboratorio, controllata, non ha contaminanti biologici, o chimici.

Capire prima i rischi e creare una regolamentazione forte è un modo per permettere a un settore che parte stigmatizzato dai pregiudizi. Basti pensare al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha portato alla seduta del Consiglio il disegno di legge, che chiama la carne sintetica, carne Frankestain.

Tumori e allergeni sono molto improbabili

Tra i rischi principale c’è quello di contaminazione con sostanze di derivazione biologica (virus, batteri, protozoi, parassiti vari, ma anche prioni, tossine, banalmente capelli degli operatori), farmacologica (con farmaci veterinari, compresi antibiotici), contaminanti chimici, microplastiche, metalli pesanti, nuovi allergeni magari derivanti da eventuali modifiche genetiche. In realtà questi problemi, come spiega la ricerca possono essere gestiti applicando le regole del cibo in altri settori. Per esempio attraverso test estesi, procedure di igiene, controlli sulla certificazione degli alimenti, e usare etichette per segnalare la presenza di allergeni.

La ricerca spiega anche che le formazioni simil tumorali della carne coltivata non sono impossibili ma comunque altamente improbabili. La lotta alla carne coltivata è stata costruita anche su basi scientifiche posticce e strumentali, insomma si è creato il mito di un prodotto che intossica le persone e crea masse tumorali. Non è proprio così, come spiega lo studio è piuttosto difficile. Le cellule dovrebbero sopravvivere a tutti processi di produzione dalla crescita nei bioreattori in poi. Non solo, dovrebbero verificarsi una serie di eventi estremamente improbabili affinché le cellule sovravvivino. Innanzitutto dovrebbe resistere alla digestione e all’immissione nel circolo sanguigno. I ricercatori hanno spiegato poi che è remota la possibilità che un Dna estraneo possa modificare le cellule del consumatore, e anche il pericolo di infezioni da Mycoplasma, batteri comuni in ambito di ricerca sulle colture cellulari, è inverosimile. Ad ogni modo è necessario continuare a investire nella ricerca per perfezionare la produzione della carta coltivata.

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