Fabio Kenobit a Fanpage.it: “Faccio concerti con il Game Boy in tutto il mondo, è come una chitarra”
Videogiocatore, traduttore e streamer. Fabio "Kenobit" Bortolotti è tutte queste cose. Kenobit è diventato uno dei punti di riferimento dell'underground videoludico italiano. Una nicchia che alimenta il sottosuolo culturale, soprattutto tra le nuove generazioni. Kenobit però è anche un musicista chiptune e per lui la musica assume le tonalità a 8bit del Game Boy, la popolarissima console portatile di Nintendo del 1989 diventata un pezzo di storia dei videogame anche per la sua tecnologia nata già obsoleta.
"Il suo inventore, Gunpei Yokoi, diceva: ‘Fare pensieri laterali con tecnologie che stanno appassendo'", racconta Kenobit a Fanpage.it. "‘Con il pensiero laterale possiamo fare qualcosa che costa poco e che va oltre le apparenti limitazioni tecniche'. C'è chi come me, le usa per fare musica". Potete vedere l'intervista completa nel video in testa a questo articolo.
Da dove nasce questa necessità di suonare il Game Boy?
Necessità è una parola bellissima, perchè sento la vita creativa come una necessità. Il mio imprinting, come quello di un'intera generazione, è stato quello dei videogiochi. Alcuni suoni, quelli dell'epoca 8bit, avevano colpito in modo potente la mia fantasia e la mia immaginazione. Ad un certo punto, quando ero un batterista punk, ho scoperto che si poteva fare musica col Game Boy tramite una scena già esistente in Italia.
C'era già qualcuno che lo usava come strumento?
Devo tutto quello che ho a Pablito el Drito, Arottenbit, persone che già 10-15 anni fa, quando ho iniziato io, erano attive. Ho voluto provare perchè mi sembrava fichissimo: mi piacevano i suoni, l'idea e tutto quello che lo circondava.
Cosa hai trovato nel Game Boy?
Tre cose. Uno: lo spirito di condivisione tra gli artisti. C'era una rete italiana e internazionale di gente non in compentizione che si voleva bene e che condivideva ciò che scopriva – perchè ovviamente studiavamo per trovare nuovi suoni. Due: un ambiente compatibile con i miei valori. Usare oggi il Game Boy, che è del 1989, per fare musica è un messaggio: non dobbiamo fare montagne di rifiuti tecnologici, fatti di materiali preziosi e di non facile smaltimento. In quei rifiuti c'è dell'oro.
E terzo?
L'abbattimento della barriera d'ingresso della musica a livello economico. Stiamo lanciando alla nuova generazione il messaggio che per fare musica devi avere i soldi, quando con un Game Boy chiunque può fare musica anche con un budget di pochi euro. È anche un modo per dire "Ehy, è esattamente come una volta, quando con una chitarra potevi fare una band punk".
Al di là dell'Italia, in cui la scena milanese e romana sono molto vivaci, quant'è popolare la musica chiptune?
Il Game Boy mi ha portato in tutti i continenti, ed è una cosa che se l'avessi detta al me stesso di 6 anni lo avrebbe mandato al settimo cielo. Ho fatto la Russia, l'Australia, il Giappone, l'Africa, il Sud America. Il concerto più grande che ho fatto fu un festival in Polonia. Era un festival di musica elettronica e techno, completamente indipendente dalla chiptune, anche perché non sempre i concerti chiptune sono solo concerti chiptune. Capita molto spesso che un artista col Game Boy venga invitato a chiudere un concerto punk o a un festival dove c'è techno.
Come cambia il pubblico e il rapporto con la chiptune in base al Paese dove sei?
In Giappone ci si potrebbe aspettare concerti oceanici perché di fatto il Game Boy è nato lì, invece si trova un underground bellissimo ma piccolo che fa festa in questi localini sottoterra. Ho trovato stupenda la scena che c'è in Sud America, dove invece c'è un rapporto fortissimo con la strada. Ho suonato a San Pietroburgo e a Samara in Russia, e lì c'era gente appassionatissima.
Quali sono i posti più assurdi dove hai suonato?
C'è un festival indipentissimo a Bornhole, un'isola della Danimarca, e lì è un raduno di vecchi punk che accorrono per sentire musica fatta con le vecchie macchine. Ci sono i concerti a Londra nei posti fighettini, elegantissimi e ci sono concerti che finiscono a coltellate. Veramente, il Game Boy è come una chitarra. Una chitarra può portarti in una sala da té e una chitarra può portarti in una rissa da bar.
L'ultima domanda, la più difficile: le tre colonne sonore videoludiche preferite?
Space Harrier di Sega, 1985, con le musiche di Hiroshi Kawaguchi e Yu Suzuki, perché ha una colonna sonora che mi è rimasta nel cuore e mi ha lasciato un forte imprinting. Ai tempi la musica veniva organizzata in maniera diversa all'interno dei videogiochi e aveva un ruolo più di spicco, dato che le limitazioni dell'epoca la rendevano molto incisiva a livello estetico. C'è poi sicuramente qualcosa su Commodore, direi la musica di Ghost'n'Goblins nella conversione per Commodore 64, che non ha niente a che fare con la versione arcade. Le musiche di Tim Follin, che ai tempi era un ragazzino e che ha fatto un disco dei Genesis per fare la conversione di Ghost'n'Goblins, le trovo incredibili.
Non c'è niente di più vicino a noi?
Farei un salto in avanti e direi la colonna sonora di Jet Set Radio per Dreamcast. Siamo a cavallo tra gli anni '90 e 2000 ed era una colonna sonora pazzesca che incorporava anche band del mondo reale ma non solo, e che definiva un'estetica incredibile in un momento molto emozionante nel quale sembrava che il futuro andasse veramente nella direzione giusta.