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Elon Musk rallenta su X i siti che lo criticano: “Non si caricano. È troppo folle anche per lui”

Una ricerca UX sulle prestazioni web mostra che basta un ritardo di un 1 secondo per spingere le persone a cambiare pagina. Per entrare su diverse testate e sui social di Meta ora ne servono oltre 5.
A cura di Elisabetta Rosso
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Siamo su X, abbiamo provato a cliccare su alcuni link, si aprono molto lentamente, c'è un ritardo di circa cinque secondi. Tra questi: New York Times, Instagram, Facebook, Bluesky, Threads, Reuters e Substack. Tutti hanno un elemento in comune: sono stati criticati da Elon Musk. Non è un caso quindi che il traffico sia stato limitato proprio sul suo impero sorto dalle ceneri di Twitter. Il meccanismo è semplice, ritardando l'apertura del link Musk incide sul traffico, e di conseguenza sulle entrate pubblicitarie dei siti. Bastano infatti una manciata di secondi per disincentivare gli utenti, che chiudono la pagina e cercano altrove.

È stata anche fatta una prova del nove, un rapido test ha mostrato che solo alcuni siti facevano fatica ad aprirsi, altre testate giornalistiche o piattaforme come YouTube e Fox News non hanno subito rallentamenti. I primi a notare che qualcosa non andava sono stati gli utenti sul forum Hacker News. Non sarebbe la prima volta che Elon Musk, in questa nuova veste a metà tra un feudatario medievale e un Dio dissacratore che dispensa cacca via mail, decide di dare e togliere a suo volere.

L'ex capo della sicurezza di Twitter ha scritto su Bluesky: "I ritardi sembravano essere qualcosa di troppo folle per essere veri, anche per Twitter, poi abbiamo visto che Chrome impiegava 5 secondi per ricevere 650 byte di dati. Inspiegabile " Ha poi aggiunto: “la ricerca UX sulle prestazioni web mostra che basta un ritardo di 1 secondo per spingere le persone a cambiare pagina, e questo aumenta la frequenza di rimbalzo e diminuisce il tempo trascorso sul sito collegato. I ritardi sono abbastanza fastidiosi, anche inconsciamente, da allontanare le persone." Mark Zuckerberg, Ceo di Meta, ha invece aggiunto sotto un post su Threads che segnalava i rallentamenti un'emoji con l'espressione pensierosa. 

La vendetta di Musk

Elon Musk aveva già definito il New York Times e Reuters giornali "propaganda" che producono "diarrea". Il portavoce del Times Charlie Stadtlander ha spiegato al Post che si sono accorti quasi subito del rallentamento e del conseguente calo del traffico online, ma X non ha voluto rilasciare alcuna spiegazione. Aveva anche già bandito temporaneamente alcuni giornalisti perché lo avevano criticato nei loro articoli, tra questi Donie O'Sullivan della CNN, Ryan Mac del New York Times e Aaron Rupar, ex giornalista di Vox News.

Il precedente con il New York Times

L'account principale del New York Times, che ha circa 55 milioni di follower, ad aprile aveva perso la spunta blu. "Non abbiamo in programma di pagare la tariffa mensile per lo stato del segno di spunta per i nostri account Twitter istituzionali", aveva spiegato un portavoce del New York Times, aggiungendo che rimborserà solo i giornalisti per l'utilizzo di Twitter Blue, "nei rari casi in cui questo stato sarebbe essenziale per finalità di segnalazione”. La testata statunitense aveva scelto di non cedere al ricatto di Musk ed è stata punita. La risposta del Ceo? "Oh ok, allora lo toglieremo". Non solo, scrive anche: "La vera tragedia di @NYTimes è che la loro propaganda non è nemmeno interessante". E poi: “Il loro feed è l'equivalente Twitter della diarrea. È illeggibile".

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