Il primo razzo stampato in 3D ha provato a raggiungere l’orbita, ma non è finita benissimo
Mentre in Italia era l’4.25 della notte del 23 marzo il razzo Terran-1 è decollato da Cape Canaveral, la base di lancio della Florida. Era solo un volo di prova. Nessun equipaggio, nessun carico da trasportare e nessun operazione di rientro per gli stadi del vettore. Nulla che meriterebbe una citazione nel giro di space reporter che si occupano ormai a tempo pieno di esplorazione spaziale. Insomma, un lancio ordinario, ad eccezione di una cosa: Terran 1 è il primo razzo stampato quasi completamente in 3D.
Vi fermiamo subito. Se avete una stampante 3D sulla scrivania non c’è nessuna speranza per cui possiate usarla per costruire un razzo da lanciare nello Spazio. Almeno non con le tecnologie che ci sono adesso. Il razzo in questione è stato assemblato grazie a macchinari industriali che utilizzano la stessa tecnica delle stampanti 3D di casa ma con materiali e strutture diverse.
Terran 1 è stato creato da Relativity Space, azienda aerospaziale degli Stati Uniti fondata nel 2015 da Tim Ellis e Jordan Noone. Sulla loro pagina Instagram mostrano tutto il processo di costruzione di questi razzi. Nelle loro fabbriche ci sono enormi braccia robotiche in grado di muoversi con precisione millimetrica mentre depositano strati di leghe metalliche per formare tutte le componenti necessarie. Ancora non si può fare tutto ma con questo processo Relativity Space ha costruito l’85% del suo Terran-1.
Il primo volo del Terran-1
Il razzo era diviso in due segmenti, stadi come si dice in gergo. La sezione di lancio che riguardava il primo stadio è andata come previsto. Tra l’altro il Terran-1 ha bruciato metano liquido, un carburante più pulito rispetto ai propellenti più usati adesso, a partire dal cherosene. Dopo che il primo stadio si è staccato doveva essere al turno del secondo che però (dopo qualche guizzo) non è più partito.
Poco male per Relativity Space che comunque ha potuto raccogliere tutti i dati necessari per i prossimi lanci. L’obiettivo dell’azienda infatti è quello di arrivare a produrre razzi che siano stampati al 95% in 3D e che siano in grado di portare in orbita un carico da 20 tonnellate. Non solo, esattamente come i razzi di SpaceX anche Relativity Space punta a razzi in grado di tornare a terra per essere riutilizzabili. Obiettivi ambiziosi, ma il nome di questa missione era comunque benaugurante: “Good Luck, Have Fun”.