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Intelligenza artificiale (IA)

E se l’intelligenza artificiale fosse qui per liberarci dal lavoro?

Mustafa Suleyman, co-fondatore di DeepMind, ha detto che bisognerebbe pensare a un reddito per sostenere i lavoratori che perderanno il posto per colpa dell’IA. Ma forse stiamo solo guardando il problema dalla prospettiva sbagliata.
A cura di Elisabetta Rosso
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Potrebbe essere un grande appuntamento mancato quello tra lavoro e intelligenza artificiale. In un mondo dove si parla di settimana da quattro giorni, orari flessibili, burn out e diritto al tempo libero arriva l'IA generativa. E invece di diventare la soluzione per bandire le mansioni alienanti, di routine e alleggerire il carico di lavoro sfruttando i processi automatizzati, si trasforma in una chimera che porta in grembo la disoccupazione di massa. Ma è ancora il mercato a dettare le regole e quindi la legge del profitto sembra battere ogni prospettiva rivoluzionaria. Non affiancare ma sostituire, e così spuntano i primi studi che prospettano i posti di lavoro che ruberà l'IA, e le prime aziende che scelgono di licenziare i dipendenti e assumere chatbot.

In mezzo al caos si alzano le voci contrarie che cercano di mettere le toppe. Tra queste c'è quella Mustafa Suleyman, è il co-fondatore di DeepMind, che ha venduto a Google nel 2014, e durante l'evento GIC Bridge Forum a San Francisco ha parlato di intelligenza artificiale e lavoro spiegando che è necessario affiancare al progresso un reddito di base. La sua dichiarazione diventa un pretesto per provare a ribaltare la prospettiva. Per quanto apprezzabile l'intervento di Suleyman, come dicevamo altro non è che una toppa che cerca di salvare premesse sbagliate. Si da già per scontato che i lavoratori perderanno il posto e che quindi il governo dovrà attivare misure di emergenza per sostenere chi rimane disoccupato.

Eppure 70 anni fa la fantascienza immaginava già un mondo in cui non sarebbe stato più necessario lavorare grazie alle macchine intelligenti. Ma non si tratta solo di fantascienza, tra i modi per ripensare l’economia c’è l’introduzione di un regolare trasferimento di denaro da parte dello Stato, verso tutti e senza vincoli. Lo diceva già Thomas Pain nel 1795 ne La giustizia agraria, o James Meade con il suo modello socioeconomico del dividendo sociale, lo hanno spiegato benissimo anche Nick Srnicek, Alex Williams nel libro Inventare il futuro del 2018. Insomma forse non dovremmo chiederci se l'intelligenza artificiale ruberà il lavoro, ma come potrebbe ridisegnare i confini per un mercato più equo e dignitoso.  

La proposta di Mustafa Suleyman

“Questa è una misura politica ed economica di cui dobbiamo iniziare a parlare in modo serio” ha detto Suleyman. Goldman Sachs ha spiegato che è già difficile distinguere il lavoro dell'IA generativa, e questo è solo l'inizio. Software come Midjourney e ChatGPT diventeranno sempre più performanti e i lavoratori di determinate categorie sempre più sostituibili.  "Indiscutibilmente, molti dei compiti nella terra dei colletti bianchi sembreranno molto diversi nei prossimi 5-10 anni", ha continuato Suleyman. "Ci sarà un numero serio di perdenti [che] sarà molto infelice, molto agitato", ha avvertito Suleyman.

Suleyman non è l'unico ad aver sollevato la questione, sia il Elon Musk sia Steve Wozniak, co fondatore di Apple, hanno firmato una lettera per chiedere di ritardare l'avvento dell'IA sul mercato. "Le decisioni sull'IA non devono essere delegate a leader tecnologici non eletti" e i sistemi più potenti dovrebbero "essere sviluppati solo una volta che siamo sicuri che i loro effetti saranno positivi e i loro rischi saranno gestibili", hanno detto. La tecnologia ora è troppo veloce, regole e prevenzioni non riescono a stare al passo, il rischio è che il conto lo paghino i lavoratori

Gli studi su intelligenza artificiale e lavoro

A marzo, Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto che mostra come l‘intelligenza artificiale potrebbe sostituire 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. L’Università della Pennsylvania invece ha analizzato l’impatto delle tecnologie GPT (Generative Pre-trained Transformer) sul mercato del lavoro. Nel documento si legge che l’intelligenza artificiale generativa impatterà l‘80% delle persone, mentre il 20% potrebbe subire un cambiamento radicale riguardo ai tempi, modi, stipendi, offerta di lavoro. Secondo lo studio alcune professioni sono davvero a rischio. "Abbiamo rilevato che i posti di lavoro ad alto reddito potrebbero affrontare una maggiore esposizione da parte dei chatbot”, più al sicuro le professioni creative, resistono invece benissimo i lavori manuali che non verranno travolti dalla rivoluzione dell’IA.

Secondo lo studio, intitolato "GPTs are GPTs: An Early Look at the Labour Market Impact Potential of Large Language Models" in prima linea ci sono designer, ingegneri ed esperti di blockchain, per loro ChatGPT potrebbe condizionare tra il 94 e il 100% delle mansioni che svolgono quotidianamente. A seguire nella lista ci sono anche analisti finanziari, sondaggisti, matematici, autori di testi. Anche i giornalisti soprattutto chi si occupa di cronaca e autori di saggi.

Le iniziative della Casa Bianca

Un rapporto del Consiglio per il commercio e la tecnologia USA-UE pubblicato dalla Casa Bianca a dicembre 2022 ha spiegato che l'IA potrebbe potenzialmente "esporre ampie nuove fasce della forza lavoro a potenziali interruzioni". La grande differenza rispetto alle innovazioni tecnologiche del passato, che hanno coinvolto principalmente mansioni automatizzate, è “l’impatto che l’IA avrà sulle attività non di routine", ha detto un portavoce della Casa Bianca.

I Ceo delle Big Tech si sono incontrati con Kamala Harris e Joe Biden per capire come arginare i rischi dell'IA generativa. Tra i primi provvedimenti decisi ci sono 140 milioni di dollari da investire nei centri di ricerca sull’intelligenza artificiale e la pubblicazione di linee guida per regolamentare la tecnologia. L'incontro “si basa sui notevoli passi compiuti finora dall’amministrazione per promuovere un’innovazione responsabile. Tra questi, l’importante progetto per una Carta dei diritti dell’AI e le relative azioni esecutive annunciate lo scorso autunno, nonché il Quadro di gestione del rischio dell’IA e una tabella di marcia per la creazione di una risorsa nazionale per la ricerca sull’IA, pubblicati all’inizio di quest’anno”, si legge in una nota.

Chi sta già perdendo il posto per colpa dell'IA generativa

La Bluefocus Intelligent Communications Group Co., uno dei più importanti gruppi di media e pubbliche relazioni della Cina, ha pubblicato in una nota: "Per abbracciare la nuova ondata di contenuti generati dall'intelligenza artificiale (IA), a partire da oggi abbiamo deciso di interrompere tutte le spese per copywriter e designer di terze parti", in poche parole ha comunicato  ufficialmente che licenzierà i suoi dipendenti per sostituirli con l'intelligenza artificiale. Ancora più preoccupante è la risposta del mercato finanziario, l'annuncio ha innescato un aumento del 19% per le azioni dell'agenzia. Per gli investitori è quindi attraente una società che sceglie di investire sull'intelligenza artificiale, e questo potrebbe incentivare diverse realtà a seguire la scelta di Bluefocus Intelligent Communications Group Co.

In un'intervista al quotidiano Bloomberg, invece Arvind Krishna il Ceo di IBM ha spiegato che la sua azienda sta ridisegnando il piano per le assunzioni previsto per il futuro, ha deciso che circa il 30% dei ruoli di back-office potrebbe essere sostituito dall’intelligenza artificiale entro i prossimi cinque anni. Sarebbero quindi 7.800 i posti di lavoro sostituiti con l'IA. E proprio un sondaggio realizzato da IBM e Morning Consult del 2022, aveva già mostrato che il 66% delle aziende in tutto il mondo stava investendo nell’intelligenza artificiale, prima ancora dell'esordio di ChatGPT. Il sondaggio ha anche spiegato che le ricerche da parte delle aziende sono state fatte per ridurre i costi e "automatizzare i processi chiave".

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