È la fine di TikTok? Perché ora l’app rischia di essere bloccata anche in Italia
Fine delle trasmissioni. Niente imprenditori che lanciano il loro small business, niente trend che diventano virali, niente creator che si occupano di divulgazione. Quindi niente orecchini di Amabile, filtri di Mare Fuori, panini smollicati di Donato strumenti musicali strambi creati da Pietro Morello. Insomma. Niente TikTok Italia. Sembra uno scenario apocalittico, almeno per tutti gli utenti che sono abituati ad aprire l’app ogni ora per controllare il loro feed. Eppure, quasi ogni giorno stanno arrivando notizie di nuovi provvedimenti in cui si vieta ai dipendenti statali di varia natura di avere l’app nel loro smartphone.
Gli Stati Uniti hanno bloccato (ancora) TikTok
Lo schema non sarebbe nemmeno inedito. Nel gennaio del 2018 gli Stati Uniti guidati dal governo di Donald Trump hanno cominciato una guerra fredda della tecnologia contro Huawei, il primo colosso della tecnologia cinese che è riuscito a intaccare il mercato degli smartphone. Prima sono stati spezzati dei contratti tra la Big Tech di Pechino e le aziende statunitensi e poi si è arrivati al blocco di tutte le tecnologie, all’interruzione del supporto di Google per il sistema operativo e all’arresto in Canada della figlia del fondatore. Risultato: Huawei nel giro di un paio d’anni è stata praticamente spazzata via dal mercato.
Per TikTok sono già arrivati i primi segnali. L’app è stata bloccata per tutti i deputati del parlamento degli Stati Uniti, è stato vietato l’accesso dalle reti WiFi di alcuni campus universitari. E ora l’ultimo colpo. Sempre la Casa Bianca ha dato disposizione a tutte le agenzie federali di eliminare l’app da tutti i dispositivi governativi entro 30 giorni. Scelta strategica, come ha spiegato da Chris DeRusha, responsabile federale della sicurezza delle informazioni: “Questa scelta fa parte dell'impegno costante dell'Amministrazione per proteggere la nostra infrastruttura digitale e proteggere la sicurezza e la privacy del popolo americano”.
Come gli Stati Uniti, anche il Canada. Il governo federale ha scelto di eliminare l’app da tutti i dispositivi statali. Anche in questo caso la paura è quella che esista un canale diretto che dall’app trasporti i dati direttamente verso Pechino. Come riporta il giornale canadese National Post, la presidente del Treasury Board Secretariat Mona Fortier ha spiegato che il livello di rischio è troppo alto: “A partire dal 28 febbraio 2023, l'applicazione TikTok verrà rimossa dai dispositivi mobili emessi dal governo. Agli utenti di questi dispositivi verrà impedito di scaricare l'applicazione in futuro. TikTok presenta un livello di rischio inaccettabile per la privacy e la sicurezza”.
La posizione del governo di Giorgia Meloni
Dopo che anche la Commissione Europea ha deciso di bloccare l’app sui dispositivi dei suoi dipendenti, il tema è arrivato anche sui banchi del governo guidato da Giorgia Meloni. Il primo commento è stato quello di Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica Amministrazione: “Su questo argomento si sta già impegnando il Copasir, ma è evidente che il mio ministero, avendo 3,2 milioni di dipendenti, è fortemente coinvolto. Le opzioni possono essere di muoversi come si è mossa la Commissione europea o eventualmente assumere una decisione diversa. È una scelta che non posso compiere in solitaria, mi devo confrontare con le altre istituzioni e insieme concorderemo una linea”.
Contrario Matteo Salvini, uno dei politici italiani più attivi su TikTok, anche se non è quello che ha più follower: “Censurare, vietare, mettere il bavaglio a TikTok? A Bruxelles già ci stanno pensando. Io sono sempre e comunque a favore della libertà di pensiero, di parola e di espressione e contro ogni censura. Controllare sì, vigilare sì, ma la censura non mi piace mai”. Il primato dei follower è in mano a Giorgia Meloni, unica politica italiana a superare il milione, che non ha ancora parlato del tema anche se continua a usare il suo account regolarmente. L’ultimo video è di 16 ore fa.
Il ban di TikTok però sembra un tema trasversale. È intervenuta anche Giulia Pastorella, 36 anni, vicepresidente di Azione e deputata dallo scorso settembre. Pastorella non è estranea ai temi che riguardano le Big Tech. Prima di dedicarsi alla politica ha ricoperto l’incarico di Direttrice delle relazioni istituzionali con le istituzioni europee per Zoom: “Le aziende che hanno sede in Cina hanno l’obbligo di collaborare con il Governo del Paese e, benché TikTok mantenga i suoi dati in USA e Europa, ha dei dipendenti che operano in Cina, che potrebbero fare da testa di ponte con l’intelligence di Pechino. L’argomento è troppo serio per buttarla in caciara come fa Salvini”.