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È arrivata Temu, l’app di e-commerce con i prezzi stracciati di cui non avevamo proprio bisogno

Magliette a 0,69 euro, i soffioni per la doccia ne costano 0,58. Ormai sappiamo cosa c’è dietro ai prezzi bassissimi: materiali inquinanti, sfruttamento dei lavoratori, e bassa qualità. Eppure Temu è in vetta tra le app più scaricate.
A cura di Elisabetta Rosso
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Se apriamo l'App Store troviamo una nuova app di e-commerce Made in China che si è subito fatta notare per i prezzi particolarmente convenienti. Si chiama Temu e sembra essere l'ennesima icona di un fast fashion feroce di cui non abbiamo bisogno. Ormai lo sappiamo, dietro a uno zaino che costa 1,18 euro c'è materiale scadente, prodotti inquinanti e lavoratori. E così quando abbiamo aperto Temu e sfogliato le numerose offerte con sconti del 90% l'impressione è stata di essere di fronte a uno Shein 2.0, che si porta dietro tutte le storture delle offerte che riducono i prezzi a una manciata di centesimi.

Eppure Temu sta scalando la classifica della categoria shopping degli Store digitali conquistando le prime posizioni. Supera lo stesso Shein, Amazon e Walmart negli Stati Uniti. Ora è arrivata anche in Italia. Abbiamo fatto un giro sull'app per capire meglio come funziona. Come dicevamo i prodotti costano pochissimo. Ci sono set di pennelli a 2,07 euro, tappetini da bagno a 0,68 euro, soffioni per doccia che costano 0,58 euro, cuffie wireless a 5,88 euro, e affettatrici a 13 euro. Anche se i prezzi sono bassi, in realtà paghiamo un costo molto più alto senza nemmeno accorgercene.

Gli enormi problemi dietro ai prezzi bassi delle app

Di solito dietro ai maxisconti ci sono prodotti di bassa qualità. Su Temu infatti non si trovano magliette di cotone ma in poliestere, la plastica è l'elemento base di ogni prodotto. E questo solleva anche un altro problema: la sostenibilità. Siti come Temu vendono prodotti altamente inquinanti, difficili da smaltire, che disperdono microfibre, sostanze chimiche e materiali tessili nell'atmosfera. Il ciclo di vita di un prodotto è brevissimo e segue i ritmi del capitalismo compulsivo. La qualità dei tessuti, di solito, è talmente bassa che gli abiti possono essere indossati pochissime volte. Si innesca così una sorta di obsolescenza programmata che spinge poi a comprare vestiti nuovi non appena si consumano quelli appena acquistati. Non solo, il circolo vizioso spinge poi a buttare via i vestiti nelle discariche perché costa meno gettarli, rispetto a riutilizzarli provando a rimetterli sul mercato promuovendo l'economia circolare. E così sostanze chimiche dannose e inquinanti si disperdono nel terreno e nelle acque, lasciando che le microplastiche si decompongano in libertà per centinaia di anni.

E poi abbiamo già scoperto cosa succede nelle fabbriche che producono oggetti a prezzi bassissimi, si pensi proprio al caso Shein, che citavamo prima. Un documentario di Channel 4 aveva mostrato le condizioni di lavoro dei dipendenti sfruttati e sottopagati. Non hanno un contratto, guadagnano 550 dollari al mese per produrre 500 capi in un giorno, lavorano 18 ore consecutive e hanno un solo giorno di riposo al mese. Chi sbaglia perde due terzi dello stipendio. Anche un’indagine di Public Eye ha mostrato i salari bassissimi, le condizioni precarie o assenti per la sicurezza sul posto di lavoro, i ritmi di produzione serrati e le persone trattate come una catena umana per massimizzare la produttività delle aziende.

I danni al consumatore

Gli abiti, i tappetini, i set di pennelli, potrebbero anche essere nocivi anche per chi li indossa o li usa. Sempre pensando a Shein, il rapporto "L’ultra fast fashion di SHEIN: un modello di business insostenibile basato su sostanze chimiche pericolose e devastazione ambientale", aveva dimostrato la presenza di sostanze cancerogene e pericolose per la salute come ftalati, formaldeide, o nichel, presenti nel 96% dei prodotti analizzati. Il 15% dei tessuti invece contengono sostanze illegali.  A insospettire sono anche le recensioni, sfogliando l'app si trovano, su quasi tutti i prodotti, quattro stelle e mezzo, alcuni ne hanno cinque, mai meno di quattro. Visto la quantità e la scarsa qualità dei prodotti insospettisce. Le valutazioni così alte potrebbero essere state comprate o fatte da account falsi.

Ci sono delle vere e proprie agenzie per comprare le recensioni in modo tale da aumentare la credibilità di siti o prodotti, ci sono anche gruppi Facebook e canali Telegram che reclutano persone per fare false recensioni in cambio di prodotti gratis. Il primo a rimetterci è proprio il consumatore che viene ingannato con commenti fuorvianti che descrivono i prodotti come "eccezionali", "funziona benissimo", "è proprio quello che cercavo" (sono solo alcune delle recensioni che abbiamo visto su Temu). Questo sistema si chiama boosting, e si basa sullo scambio, a gestire le operazioni sono di solito agenzie di intermediazione del rivenditore, quelle che commissionano il servizio. In poche parole Temu sembra essere solo l'ultimo prodotto di un universo digitale che funziona male e incentiva una modalità di consumo nociva, alla fine per tutti, anche per chi pensa di fare un affare comprando quell'affettatrice a 13 euro.

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