Dentro i pixel di Stellar Blade, il gioco che ha spaccato il pubblico per come mostra la protagonista
Nell’universo di Stellar Blade, gran parte dell’umanità ha abbandonato la Terra dopo l’arrivo dei Naytiba, creature abominevoli venute dallo Spazio. Per riconquistarla e porre fine al dominio alieno, le colonie umane rifugiatesi nel cielo hanno inviato le Unità Aeree, squadroni composti da super soldatesse specializzate nel combattimento all’arma bianca.
Tra loro c’è EVE, una splendida ragazza non proprio umana che lotta con indosso una tuta aderente che le risalta le curve. Il rimarcare questi dettagli deriva dal fatto che il corpo della protagonista di Stellar Blade sia una delle attrattive del gioco in esclusiva PlayStation 5. Aspetto che è emerso in occasione del lancio della demo lo scorso marzo e che ha innescato una polemica sugli standard estetici delle eroine videoludiche.
Com’è Stellar Blade
Stellar Blade è un videogioco action dalle sfumature soulslike. Questo vuol dire studiare le mosse nemiche prima di gettarsi in combattimento, sapere usare le azioni di parata e schivata per non subire ingenti danni, ripristinare pozioni e salute nell’accampamento sbloccato sapendo che i nemici sconfitti resusciteranno. Il grado di difficoltà risulta tuttavia meno punitivo rispetto a un gioco come Elden Ring, oltre al fatto che è possibile optare per la modalità Storia, che facilita i combattimenti con suggerimenti a tempo per compiere parate e schivate perfette.
La natura action risiede nelle capacità di EVE, agile spadaccina che, tramite combo e mosse speciali migliorabili, dà origine a combattimenti dalle tinte splatter spettacolari. Almeno alla vista, perché il feeling coi comandi non è del tutto immediato e preciso, e questo vale anche nelle interazioni semplici col tasto “R2”. In altre parole, è come se mancasse una certa fluidità tra i tasti premuti e l’azione su schermo, spezzando a volte il ritmo.
Nulla di troppo compromettente, il gioco funziona comunque, ma è un elemento che si nota, considerato che parliamo di un titolo action. Tutto questo è inserito in uno mondo di gioco che alterna strutture a corridoio a zone aperte. In entrambi i casi l’esplorazione viene premiata, occhio solo agli agguati nemici. Stellar Blade però non è solo combattimento ed avanscoperta.
Non tutta l’umanità è riuscita a fuggire in cielo, ma ha ricominciato una nuova vita nella città fatta di baracche che è Xion. È da lì che viene Adam, il predone che ha salvato EVE dall’attacco mortale di un Naytiba Alfa e che ora la supporta seguendola con un drone che all’occorrenza diventa arma da fuoco. La città tiene fede a un profeta più cibernetico che umano e aspetta la salvezza della Sfera Madre. I suoi abitanti chiamano i membri delle Unità Aeree come EVE “Angeli”.
Insomma, la trama di Stellar Blade mescola insieme cyberpunk, riferimenti biblici, natura post-apocalittica e gore, senza però riuscire a ottenere un carattere ben definito e coinvolgente. La trama di gioco avanza con poco pathos, nonostante i colpi di scena, alcuni pure prevedibili. Questo è dovuto a una scrittura priva di guizzi. I personaggi risultano quindi piuttosto piatti, dotati di personalità con cui è difficile entrare in sintonia, a partire da EVE. Ed è proprio la caratterizzazione non riuscita della protagonista a rendere problematica la sua sessualizzazione.
Che questa sia uno dei selling point, ossia punti di forza su cui si basa il marketing di Stellar Blade, è evidente sin dai trailer e dai materiali di promozione. Non a caso il titolo è riservato a un pubblico maggiorenne (Pegi 18). Giocandoci appare evidente che ogni dettaglio, spinto da un comparto grafico di tutto rispetto, è costruito per mettere in evidenza il corpo di EVE, basato sulle fattezze della modella sudcoreana Shin Jae-eun, e creare un rapporto voyeuristico con il giocatore/Adam che la osserva e la segue col drone.
Per dettagli si intendono inquadrature specifiche, slow motion strategici, pose innaturali della protagonista che però valorizzano la sinuosità del suo corpo, già ben evidenziata dai costumi aderenti prima menzionati. In generale, la sessualizzazione riguarda tutti i personaggi femminili di Stellar Blade. Al contrario, la stragrande maggioranza dei personaggi maschili ha pezzi cibernetici ed elmi che nascondono le fattezze.
Questo aspetto ha spaccato pubblico e critica. Da una parte ci sono gamer contenti di avere una protagonista fisicamente appetibile a differenza di quelle imposte dal “politically correct” occidentale, dall’altra ci sono persone videogiocatrici sensibili a tematiche di genere che sottolineano l’oggettificazione della protagonista.
Il valore della bellezza in Corea del Sud
Stellar Blade è una produzione sudcoreana. Dietro c’è lo studio Shift Up, alla prima esperienza di un videogioco per PlayStation 5. “Lo sviluppo di giochi per console in Corea non ha una lunga storia. Il mercato è principalmente incentrato sui dispositivi mobili e i giochi live-service sono diventati la norma” ha affermato Shift Up tramite comunicato stampa.
“Volevamo creare un gioco completo che potesse competere nel mondo. Speriamo anche che l’uscita del nostro titolo possa aprire le porte a un numero sempre maggiore di giochi per console da parte di diverse aziende asiatiche”. La precedente esperienza dello studio è NIKKE, un gioco di ruolo action per dispositivi mobili in cui protagoniste sono ragazzine procaci in tenuta militare.
Si potrebbe pensare che la presenza di figure femminili avvenenti, anche giovani, sia il tratto distintivo di Shift Up, in realtà la questione è più ampiamente sudcoreana. Il Paese dà enorme valore alla bellezza estetica, sia maschile che femminile, diffondendo vere e proprie proporzioni scientifiche di volto e corpo.
Mara Sanvitale, per la newsletter Deus Ex Machina, ha paragonato il viso di EVE alle proporzioni imposte dalla società sudcoreana, per giungere alla conclusione che la protagonista di Stellar Blade “è stata creata seguendo pedissequamente i criteri maggiori di bellezza coreana (13 in tutto)”. Questa riproduzione fedele all’idea di bellezza Made in Korea si riallaccia al valore che i canoni estetici hanno nel Paese.
Avere un perfetto viso a “V”, con la giusta proporzione di occhi, naso, bocca e orecchie, è un passepartoute per ottenere l’accettazione sociale. Un corpo curato e bello è testimonianza di uno stile di vita agiato e di successo, al pari di un lavoro in azienda ben retribuito.
La centralità dell’apparenza nella cultura sudcoreana è stata probabilmente spinta dal K-pop, fenomeno musicale oggi internazionale grazie a gruppi come Blackpink e BST, in cui idol, sia maschili che femminili, racchiudono la perfezione secondo l’opinione pubblica media. Questa spasmodica ricerca della bellezza ha provocato negli anni una crescita del business degli interventi estetici, a tal punto che il Paese è ormai definito “la capitale della chirurgia plastica”.
Ormai i “i ritocchini” sono ben accetti anche in Occidente – oggi gli Stati Uniti occupano il primo posto per numero di interventi di chirurgia plastica, seguiti dal Brasile – ma la Corea del Sud resta comunque il Paese con la più alta percentuale pro capite di interventi di chirurgia plastica al mondo, soprattutto per quel che riguarda rinoplastica, blefaroplastica e liposuzione.
L'estetica nei personaggi videoludici
Questa idea di bellezza perfetta tipica della società coreana è presente anche nei videogiochi che questa produce. Di recente, il mercato videoludico della Corea del Sud sta acquisendo terreno nel panorama globale del gaming tradizionale su console e pc, ed esperimenti riusciti come Lies of P, il souslike di Neowiz ispirato al Pinocchio di Collodi, ne sono la dimostrazione. Anche in questo caso l’estetica dei personaggi va a replicare gli standard di bellezza tipici coreani applicati anche alle figure maschili, come il protagonista.
Si tratta di un punto di forza non indifferente a fini di marketing, considerando che il target è un pubblico maschile non solo adolescienziale, ma tale decisione apre il fianco a una serie di riflessioni sulla figura femminile nel settore videoludico. Innanzitutto crea una spaccatura tra la prospettiva occidentale, principalmente statunitense, che negli ultimi anni ha promosso eroine videoludiche sfaccettate e lontane dall’ottenere l’appagamento dello sguardo maschile in quanto donne, e quella orientale, che invece resta ancorata a una visione della figura femminile oggettificata e sessista.
Una differenza che ha spinto frange di gamer a osannare gli studi di sviluppo asiatici perché liberi dallo spauracchio del “politically correct” occidentale. Il problema è che in Paesi come in Corea del Sud o in Giappone, questa visione della donna si traduce anche in meno diritti, meno opportunità e meno rispetto per le cittadine di quei Paesi.
Stellar Blade segna pure una rottura nel percorso intrapreso da Sony, la quale, dopo aver promosso personaggi come Aloy, Ellie, Abby e Selene, lontane dal modello della femme fatale dei videogiochi, mette il nome a un gioco che limita la protagonista alla sua prestanza fisica in termini di sex appeal. Probabile questo derivi dalla volontà di Sony di rimpinguare la propria offerta di esclusive in un periodo in cui mancano titoli di punta, oltre al fatto di ritagliarsi uno spazio importante nel promettente settore videoludico sudcoreano. Eppure a livello di immagine si tratta di una mossa significativa.
Stellar Blade è un titolo che fa riflettere. È la dimostrazione che il videogioco non è solo resa tecnica e divertimento immediato, ma è un’espressione umana, culturale e sociale. Sul primo fronte, il gioco di Shift Up tutto sommato funziona, seppur con qualche netta sbavatura legittimata dalla poca esperienza dello studio di sviluppo in videogiochi per console. Eppure limitarsi alla resa tecnica di un titolo vuol dire escludere componenti che permettono invece di avere una visione più strutturata e profonda del medium videoludico e delle intricate dinamiche che lo regolano.