Dario, collezionista di sorpresine Kinder: “Ho 40.000 pezzi, alcuni mai usciti: valgono una fortuna”
Dario Pietrobono, 36 anni, professione grafico. Nella foto profilo su WhatsApp ha scelto uno scatto con la moglie e due bambini. Fino a qui, nulla da segnalare. In mano però ha un Uovo Kinder, di quelli grandi venduti le settimane prima di Pasqua. È questo l’unico indizio della seconda sua seconda vita. Dario è uno dei più grandi collezionisti in Italia di sorpresine Kinder: ha circa 40.000 pezzi, tutti catalogati. Alcuni non sono mai andati in produzione.
In questi giorni cade l’anniversario per i 50 anni dell’Ovetto Kinder, il dolce è stato lanciato sul mercato nel 1968 e ha la firma di Michele Ferrero. Forse dopo la Nutella l’Ovetto Kinder è proprio la sua invenzione più famosa. È stato venduto in 80 Paesi al mondo. Curioso solo il caso degli Stati Uniti. Qui è vietato per il Federal Food, Drug, and Cosmetic Act: non è possibile inserire elementi non commestibili all’interno di prodotti alimentari.
Quando ti è stato regalato il primo Ovetto Kinder?
È iniziato tutto nel 1991. Avevo tre anni e Ferrero aveva fatto una campagna promozionale per gli Ovetti Kinder. Rimasi molto colpito: è da qui che ho iniziato a comprarne a raffica. Da piccolo soffrivo di asma e dovevo fare delle punture. Mi ricordo molto bene che mia mamma in una mano aveva una siringa, nell’altra un Ovetto Kinder come premio.
Le sorpresine più note sono quelle delle serie dei “dipinti a mano”. Ti ricordi la prima che hai trovato?
Non mi ricordo la prima nello specifico. Ma sicuramente era un personaggio della serie Happypotami. In quel momento erano la novità più importante per gli Ovetti Kinder.
Qual è la prima serie di sorpresine che hai completato?
Le Tartallegre, era il 1992. La serie degli Happypotami sono abbastanza sicuro di non averla mai finita. O almeno, non l’avevo finita quando ero piccolo.
C’era un trucco per trovare le sorprese delle serie principali? Ricordo la leggenda del codice del KKK sugli ovetti singoli.
No ecco, quella era vera solo nelle confezioni con tre ovetti. Lì l’ovetto con il codice KKK aveva una sorpresa della serie principale. Per gli ovetti singoli invece c’era un trucco più sofisticato: li prendevo sempre in pasticceria e chiedevo di pesarli. Se in tutto erano 32 grammi allora c’era una sorpresa della serie principale.
Quasi tutti abbiamo mangiato un Ovetto Kinder, perché sono diventati la tua ossessione?
Da bambino mi piaceva l’idea di completare la serie. Non facevo altro che comprare Ovetti Kinder. Ai tempi mio papà aveva un bar: non ha mai venduto ovetti perché sapeva che li avrei presi tutti io.
Qual è la singola sorpresina a cui sei più affezionato?
Per assurdo è una tedesca: è un orsetto che ha in mano proprio un Ovetto Kinder. È rimasta nel mio cuore e me la sono sempre portata dietro.
C’è stato un momento in cui hai smesso di collezionare le sorpresine?
Si, come tutti a un certo punto ho smesso. Fino alle scuole medie collezionavo ancora tanto, poi alle superiori ho un po’ lasciato perdere. Le sorpresine erano ancora esposte in bacheca ma non collezionavo molto. Poi dopo i 20 è ricominciato tutto.
Come mai?
Non lo so bene. Forse era il desiderio di non veder morire i vecchi ricordi. Ho ripreso in mano tutte le mie collezioni, ho completato quello che non avevo e ho messo le mani su tutto quello che ruota attorno a questo mondo.
Quanti pezzi hai ora?
Da collezione saremo sui 40.000. Non sono solo sorpresine. Ci sono anche oggetti da collezione come i vari diorami, gli espositori, le varianti o i doppioni. Posso dire di essere uno dei più grandi collezionisti in Italia, anche se ci sono persone che si contendono bene questo titolo.
Costo?
Non posso dirlo con certezza. Ci sono dei cataloghi, certo. Alcuni oggetti valgono migliaia di euro ma ci sono cose che non hanno un valore perché sono pezzi unici. Ho una collezione del 1995 che non è mai uscita: sono rimasti solo i prototipi. Ci sarà qualcosa negli archivi Ferrero ma in giro ce l’ho solo io.
E cosa sono?
In concept era quello di un gruppo di elefantini che partecipano a uno show televisivo.
Come hai fatto ad averli?
Questo non posso rivelarlo. Gli oggetti più rari si scambiano con gli altri collezionisti. A volte direttamente a mano, altre volte con spedizioni in tutto il mondo. Conta molto il caso. Anni fa Ferrero stava mandando in discarica alcuni modelli o prove per le aziende, qualcuno ha capito il valore e gli ha presi per rimetterli sul mercato. Una volta ho dovuto convincere un anziano brasiliano ad aprire un conto PayPal per vendermi della merce: non aveva idea di come ricevere soldi dall’Italia.
Domanda dolorosa. Cosa ti manca?
Una Ranoplà con la borsa dell’acqua calda. È una serie uscita nel 1993. Sono state progettate 14 sorpresine ma ne sono state commercializzate solo 12. Una delle due mai arrivate in commercio è proprio una Ranoplà con la borsa dell’acqua calda. Geniale. È il mio sogno proibito.
Abbiamo tutti in soffitta o nelle scatole con le cose vecchie qualche sorpresina. C’è speranza di rivenderle?
Direi di no. Le sorpresine diffuse in maniera standard si possono recuperare facilmente, anche con 10 o 15 euro. Quello che cercano i collezionisti sono le varianti, i difetti di colorazioni o i prototipi. Poi ci sono tutti gli oggetti da collezione collegati come i diorami, gli espositori per i negozi o quelli per i rappresentati della Ferrero che portavano le collezioni ai venditori al dettaglio.
Cosa ci fai con tutte le sorpresine?
Eh. Mia moglie vuole buttarmi fuori di casa. Ogni due giorni arriva un pacchetto. È una collezione iniziata quando ero piccolo. Ogni tanto durante la giornata guardo questi oggetti, li sistemo, li ordino, capisco cosa mi manca. È un balsamo per il cuore.