Quando l'iPhone emette un suono, quasi sempre puoi capire che tipo di notifica stai per trovare sullo schermo. Uno di questi suoni è particolarmente riconoscibile: è quello degli SMS o dei messaggi ricevuti su iMessage, l'app di messaggistica di Apple che include anche i tradizionali SMS di testo che viaggiano su rete cellulare. Prendi lo smartphone, apri la chat e noti subito una cosa: le bolle che racchiudono il testo possono essere di due colori, o verde o blu. In questa differenza c'è tutta la polemica nata nel corso degli ultimi giorni negli Stati Uniti, dove iMessage è diventato una parte fondamentale delle comunicazioni dei più giovani. Ma anche uno strumento in grado di creare una disparità che a volte sfocia nel bullismo nei confronti di chi ha Android.
Il problema sta proprio nel colore delle chat: se il messaggio che riceviamo è blu, vuol dire che chi ci sta scrivendo possiede un iPhone e sta effettivamente utilizzando iMessage, quindi il testo (o il contenuto multimediale) viaggia attraverso la connessione internet in maniera simile a quanto avviene su WhatsApp. Se il messaggio è verde, invece, l'utente è Android e quello che stiamo vedendo è un "semplice" SMS. Una piccola differenza, no? Nulla di cui preoccuparsi, solo un colore diverso per identificare diversi sistemi operativi, giusto? Invece no, perché iMessage è di fatto uno degli elementi che Apple sta cercando di difendere a tutti i costi e che garantiscono alla mela un vantaggio enorme.
D'altronde iMessage non è solo testo: ci sono chat interattive, effetti visivi da inviare insieme ai messaggi, Memoji, reazioni alle chat e altri elementi digitali che solamente un servizio di messaggistica in grado di sfruttare il web può offrire. Di fatto molti non si rendono conto che iMessage è a tutti gli effetti un social network come WhatsApp, forse quello più di successo di Apple. A differenza di WhatsApp (e di tutte le altre app di messaggistica, a dire il vero) iMessage ha però una grande limitazione: è disponibile solamente per utenti Apple. Che siano iPhone, iPad, Mac o Apple Watch, si possono inviare messaggi attraverso la piattaforma solo se ci si trova all'interno dell'ecosistema della mela. Altrimenti, la bolla diventa verde.
Una limitazione che Apple si è autoimposta, come emerso dai documenti dello lo scontro legale tra l'azienda di Cupertino ed Epic Games e resi pubblici dal The Wall Street Journal. "iMessage su Android rimuoverebbe un ostacolo per le famiglie e gli consentirebbe di comprare un telefono Android ai figli" scriveva in una mail Craig Federighi. "Ci danneggerebbe più di quanto ci possa aiutare" rispondeva Phil Schiller. Per capire il perché basta guardare i dati: negli USA, il 70% della fascia 18-24 anni possiede un iPhone. E la maggior parte di questi adolescenti utilizzano in maniera massiccia iMessage e FaceTime, il servizio di videochiamate di Apple.
Lo fanno tra di loro, perché quando in questi gruppi si inserisce un utente Android, e quindi arriva il fatidico messaggio con bolla verde e non blu, si attiva un meccanismo di esclusione. "Alcune persone si sono scusate con me perché avevano Android e non potevano inviare messaggi su iMessage" spiega al WSJ Grace Fang, una 20enne del Wellesley College, in Massachusetts. "Gli altri ragazzi non sembrano apprezzare le bolle verdi, hanno un reazione negativa quando le vedono". Una situazione che senza mezzi termini è stata definita dal capo di Android, Hiroshi Lockheimer, come "bullismo".
"Il blocco di iMessage da parte di Apple è una strategia documentata" ha scritto Lockheimer su Twitter. "Utilizzare pressione e bullismo per vendere prodotti è sbagliato per un'azienda che definisce umanità ed equità una parte fondamentale del suo marketing. Gli standard esistono per risolvere questo problema". Gli standard, ecco. Quello di Google, rilanciato anche dall'account ufficiale di Android, è un messaggio che ovviamente punta a tirare acqua al suo mulino, che in questo caso si chiama RCS: Rich Communication Services.
RCS è uno standard che Google ha abbracciato da diverso tempo e che punta a sostituire gli SMS in tutto il mondo, proponendo un'evoluzione che consenta di inviare non solamente messaggi di testo ma anche elementi multimediali. Proprio come avviene su WhatsApp e iMessage, ma incastonato all'interno di uno standard e non in un'app di proprietà di un'azienda. Quella di Google, che di fatto è diventato l'esponente principale di questa nuova tecnologia, è però una corsa ai ripari: da quando iMessage è stato integrato in iOS nel 2011, Big G ha lanciato 13 app di messaggistica, nessuna delle quali ha avuto successo. Così l'azienda di Mountain View sembra essersi rassegnata a dover utilizzare il nuovo standard, cercando di spingere Apple a saltare sul carrozzone. Fino a quando non lo farà, o fino a quando non si aprirà ad Android, quelle bolle verdi continueranno a essere un problema. Per lo meno per i giovani utilizzatori del servizio della mela.