video suggerito
video suggerito

Cos’è l’ipnosi visiva: l’uso massivo dei social che cambia la percezione della realtà

Non si tratta solo di brain rot, il cervello che diventa marcio. Ogni stimolazione visiva su uno schermo crea un prodotto cognitivo: non prestiamo attenzione ma ricordiamo ed elaboriamo. In questo modo le piattaforme influenzano il nostro pensiero critico e manipolano le nostre opinioni.
Intervista a Simona Ruffino
Esperta di comunicazione e neuroscienze
A cura di Elisabetta Rosso
42 CONDIVISIONI
Immagine

Su. Su. Su. Ancora su. Pollice e occhi sullo schermo. Lo scrolling infinito ci impedisce di staccarli e noi seguiamo con lo sguardo il flusso di contenuti sotto l'effetto di un'ipnosi visiva. "Tecnicamente si chiama a bassa cognizione è quello che accade quando distrattamente scrolliamo i feed dei social media. La reiterazione dei contenuti, seppure fruita distrattamente, riesce a far
sedimentare le informazioni della nostra memoria, approfittando di in un momento in cui la soglia del pensiero critico è molto bassa", spiega a Fanpage.it Simona Ruffino, esperta di comunicazione e neuroscienze e autrice si Non tutto è come appare. Contro la cultura della manipolazione. "Ogni stimolazione crea un prodotto cognitivo, un'opinione su un fatto, o sulla proposta di un candidato politico, questo accade sempre anche quando la soglia dell'attenzione è bassa il cervello non smette mai di apprendere", è una voce di sottofondo che si insinua e poi diventa reale nella nostra testa, intanto noi cambiamo idea senza nemmeno accorgercene.

L'uso massivo di social media non stanno solo facendo marcire il nostro cervello (come ha voluto ricordarci l'Università di Oxford nel 2024 scegliendo come parola dell'anno brain rot) ma lo stanno anche manipolando l'informazione e la (disinformazione) sfruttando i nostri bias, favorendo visioni, opinioni, "e tutto questo succede senza che ce ne rendiamo conto".

Bianco o nero, i social sfruttano la dicotomia, in questo modo filtrano la realtà e manipolano il nostro cervello?

Le piattaforme sono gestite da persone che scrivono un algoritmo. Questo algoritmo è in grado di cambiare la percezione, generare bolle che cambiano la percezione . I social media sono uno strumento potente, abbiamo visto quanto durante le elezioni negli Stati Uniti, giusto per fare un esempio recente.

Da dove parte la manipolazione?

Dall'abuso che si fa della nostra fragilità cognitiva: il cervello è un avaro cognitivo, è programmato in maniera fisiologica per fare il minimo sforzo volendo ottenere il miglior risultato. E poi anche
buona responsabilità è anche della nostra cultura binaria, delle dicotomie che ci hanno educato ad interpretare il mondo in maniera duale. Non è mai tutto bianco o nero, questa estrema semplificazione è un modo di vedere la realtà che evita la complessità per rifugiarsi nel pensiero duale, il quale restituisce una visione assai parziale della realtà.

E che spinge verso la polarizzazione. 

Sì, gli algoritmi costruiscono bolle, chiunque entra in contatto con i propri argomenti li guarderà e alimenterà l'algoritmo che andrà a riproporre, questo oltre a creare polarizzazione fa in modo che si costituisca una realtà parziale e quindi manipolata. 

Tutto parte dalla semplificazione binaria, che però ha origini ben più antiche rispetto ai social.

Certo, il pensiero binario ha origini ancestrali. Tutto l'apprendimento umano è costruito attraverso le categorizzazioni e le dicotomie. Lo abbiamo fatto per gestire il caos della complessità.
Affrontarla comporterebbe un carico cognitivo troppo alto: la complessità è stancante, serve uno sforzo di attenzione per la decodifica.

Ma quindi sono i social fatti per manipolare il nostro cervello o viceversa? 

Diciamo che il nostro cervello è pronto a essere manipolato. Non solo, nella società contemporanea la manipolazione ha terreno fertile perché abbiamo disimparato a pensare.

Si spieghi meglio.

Succede perché il mondo ci viene proposto in modo semplificato nella sua accezione viziata. Accade in tutta la comunicazione, a partire dal discorso politico. Avviene anche nella pubblicità: pensi a quelle dei prodotti estetici o dimagranti, ci mostrano solo il prima e il dopo. Tutto lo sforzo e il sacrificio necessari per il raggiungimento degli obiettivi non fa parte della narrazione, perché la complessità farebbe desistere il consumatore.

E poi ci sono i bias cognitivi.

Esatto, che sono la base su cui si costruisce al manipolazione comunicativa quando non vi è caratura umana e professionale. Ognuno di noi cerca di validare informazioni in base al framing
(contesto comunicativo), in base alla cultura o alle informazioni che ha già. Manipolare è cosa facile: basta usare determinate parole per orientare un discorso, è sufficiente costruire una sintassi
organizzata con gli ancoraggi di valutazione, sfruttare gli effetti della mera esposizione per innescare sentimenti di paura, rabbia o orgoglio. Basta davvero cambiare l'ordine di una parola.

Mi può fare un esempio?

Per esempio in Italia i fenomeni migratori sono stati raccontati come invasione. Il nostro cervello crea un'associazione semantica negativa, si attiva una dissonanza, che spinge verso la paura, la
diffidenza. Molto probabilmente se il fenomeno non fosse stato narrato con una parola così violenta la percezione dell'opinione pubblica sarebbe profondamente differente.

Dall’esempio che mi ha fatto è evidente che i nostri bias vengono sfruttati anche a livello politico.

Certo, i bias sono preziosi strumenti per raccogliere consenso e pungolare le fragilità. La comunicazione manipolativa viene utilizzata per attivare sentimenti di paura, per alimentare la
rabbia, e per fare leva sui bisogni primari al fine di rispondere con slogan altamente persuasivi. A bisogni complessi si risponde con slogan semplici. Così si alimenta il consenso: attraverso la
semplificazione estrema.

La stessa strategia viene messa in atto anche per le fake news?

La disinformazione è un problema enorme. Siamo portati a dare maggior credito alle notizie che confermano il nostro punto di vista. Il problema è quest'ultimo spesso si struttura su informazioni
assolutamente false. Vediamo questo fenomeno diventare ingestibile ogni giorno di più. Dai no-vax a quelli che non credono che esista un'emergenza climatica.

Vengono anche manipolati fatti reali. 

Sì, quasi tutto quello che guardiamo, il 90% delle volte non è come sembra. Siamo immersi in maniera inconsapevole nella disinformazione a tal punto che non siamo più in grado di accorgercene.

E non ci sono vie di uscita?

La cultura e la conoscenza. Per avere la libertà di comprendere la realtà è necessario fare lo sforzo di considerare più punti di vista. Conoscere ci serve a restare liberi.

La manipolazione viene alimentata anche dagli strumenti. Secondo la neuroscienza davanti a uno schermo il nostro pensiero critico rallenta. Mi spiega cosa succede?

Certo, quando noi scrolliamo i nostri feed, in media sono tra le 9 e 12 ore, si rende conto?

Sì. 

Ecco in questo lasso di tempo svolgiamo un’attività compulsiva che abbassa la nostra capacità di cognizione critica. È un gesto naturale, quasi non facciamo caso al fatto che stiamo scrollando ma il nostro cervello raccoglie tutte le informazioni.

Possiamo parlare di ipnosi visiva?

In qualche modo sì, ripeto che si tratta di una condizione di "bassa cognizione" quindi non è una condizione che coinvolge solo la vista. Ogni stimolazione sensoriale crea un prodotto cognitivo: se
accende la tv si accorgerà che gli spot non fanno altro che sottolineare che la provenienza del prodotto è italiana. Il cioccolato italiano, le mele italiane. Facendolo si intende specificare che se è
italiano è migliore. Questa è una voce di sottofondo che si insinua continuamente nelle nostre case e che poi si trasforma in pregiudizio nella nostra mente.

Chi è la principale vittima di questo processo?

Direi il popolo profondo che siamo un po’ tutti. Un tempo il popolo profondo corrispondeva a chi abitava le periferie, magari con una bassa scolarizzazione. Oggi è diverso, perché il contesto sociale è cambiato anche a causa dei social. Ma alla fine come dicevo siamo un po’ tutti il popolo profondo. Anche io che lavoro in questo ambito non sono immune alla manipolazione.

L’Università di Oxford ha scelto come parola del 2024 brian rot. Il cervello che marcisce guardando i social. Ci saranno danni permanenti?

Ci sono già, oggi i numeri ci dicono che le nuove generazioni fanno più fatica a costruire un pensiero logico, a comprendere cosa c’è scritto in un testo, a contestualizzare, e sta subentrando l’intelligenza artificiale che depotenzia la nostra capacità di imparare. Senza che ce ne accorgiamo noi perdiamo abilità cognitive tutte i giorni. 

42 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views