Cos’è il Web3 e perché se ne sta parlando
Chi naviga online interessandosi ai settori di piattaforme tecnologiche, social network e criptovalute avrà probabilmente iniziato da qualche tempo a sentire parlare di Web3 come della prossima versione del web che rivoluzionerà app, siti e portali Internet a 360 gradi. Non stupisce dunque che da pochi mesi a questa parte le conversazioni sul tema stanno iniziando a uscire dal territorio degli addetti ai lavori per finire sotto i riflettori pubblici, ma la realtà è che dietro al termine Web3 si nasconde ancora molta incertezza e una dose non indifferente di scetticismo.
Il web 1.0 e 2.0
Il termine Web3 designa genericamente il prossimo cambio di paradigma che cambierà i connotati di app connesse e pagine Internet dopo la rivoluzione del web 2.0. Il numero tre fa riferimento infatti alle precedenti "versioni" del web come lo abbiamo conosciuto finora, là dove la numero uno rappresenta l'iterazione originale e statica nata insieme al concetto di www negli anni 90, caratterizzata da pagine scritte e progettate da webmaster che venivano lette e viste da naviganti, e da una divisione netta tra i due ruoli di creatore e fruitore di contenuti. La dicitura web 2.0 è invece quella che definisce l'attuale struttura del web, rivoluzionata da piattaforme centralizzate nelle quali gli utenti sono anche creatori di contenuti, come blog, social network, piattaforme di condivisione e marketplace o ecommerce.
Un web decentralizzato
Il web 3.0 non è ancora tra noi, e proprio per questo ne sono state date molteplici descrizioni a seconda degli scenari che negli anni potevano risultare plausibili da chi le ha formulate. L'ultima definizione in ordine di tempo ha assunto il nome di Web3 e dipinge un web decentralizzato, nel quale i contenuti e i servizi presenti non risiedono su server e piattaforme di proprietà di singole aziende, ma sono distribuiti in modo omogeneo sull'intera rete, attraverso l'uso della stessa tecnologia blockchain sulla quale si basano anche le criptovalute. Si tratta di un concetto in aperta contrapposizione con il modello prevalente in Rete in questo momento, nel quale i contenuti prodotti dagli utenti sono in larga maggioranza sotto la proprietà o il controllo di multinazionali proprietarie delle singole piattaforme: da Facebook a Instagram, passando per TikTok, YouTube, Amazon, App Store e molte altre.
Le potenzialità
Nel Web3 – profetizzano i suoi fautori – il funzionamento di Internet si baserà invece su dispositivi che non si collegano a server centrali per reperire i dati dalla piattaforma desiderata, bensì a registri distribuiti in rete sui quali le informazioni richieste possono essere reperite sempre e comunque, e non dipendono dunque da nessuna azienda. Questo aspetto, oltre al fatto di poter assicurare la proprietà dei contenuti ai legittimi autori, ha acceso l'entusiasmo di chi immagina il Web3 come un luogo meno influenzato dalle attività dei colossi della tecnologia e da siti web e servizi che sono mossi dall'esigenza di profitto di chi li finanzia.
Le critiche
Da una parte insomma gli entusiasti profetizzano che con l'avvento del Web3 chiunque potrà guadagnare in modo equo e proporzionato al valore che produce online, ma dall'altra non manca una corrente di scettici che in questa visione così ottimistica trova punti deboli potenzialmente critici. Alcuni pongono l'accento sulla moderazione di contenuti pubblicati su una rete che non ha proprietari; altri lamentano come la potenza di calcolo necessaria per alimentare i sistemi basati su blockchain rappresenti attualmente un preoccupante motore per i cambiamenti climatici; altri ancora sottolineano come tutti i progetti più interessanti legati al concetto di Web3 siano attualmente finanziati da venture capitalist che rischiano di influenzare l'evolversi di questo cambio di paradigma a vantaggio dei propri investitori – con conseguenti rischi per l'indipendenza del progetto e del futuro del web.
Applicazioni in divenire
In tutto ciò, a oggi non è ancora neppure troppo chiaro quali saranno le applicazioni pratiche più gettonate di questi concetti. Allo stato attuale, NFT e criptovalute sono i primi esempi delle potenzialità dell'utilizzo delle tecnologie blockchain al servizio della decentralizzazione, ma entrambi hanno dimostrato di saper sortire effetti ben poco equi. I primi esperimenti in fatto di social distribuiti non sono ancora decollati, mentre il metaverso del quale parla ultimamente Mark Zuckerberg è una delle realtà che stando al fondatore di Facebook potrebbe crescere secondo i dettami del Web3 – con contenuti di proprietà degli utenti e libertà di movimento da un ambiente all'altro.