Cosa succede ai videogame: in Italia sono sempre meno le persone che giocano
L’associazione IIDEA ha pubblicato il suo report sul mercato dei videogiochi in Italia relativo al 2023. Dopo il calo del 2022, dovuto in parte anche alla fine dei lockdown, il giro d’affari generato quest’anno dal settore equivale a 2,3 miliardi di euro. Una crescita pari al 5%, che vede un aumento significativo dell’acquisto degli hardware, ossia le piattaforme di gioco.
Fino a due anni fa era davvero difficile trovare una PlayStation 5 o una Xbox Serie X, a causa della crisi dei chip scaturita dalla pandemia di Covid-19. “La contrazione del 20-22 è stata dovuta al lancio di nuove console che poi non erano disponibili in stock nei negozi e quindi nonostante ci fosse una domanda da parte dei consumatori, l'industria non era stata in grado di soddisfarla”, ha detto a Fanpage.it Thalita Malagò, Direttrice Generale di IIDEA. Questo spiega il boom pari al 65% degli acquisti hardware da parte dell’utenza italiana quest'anno.
Il segmento trainante del mercato restano però i software, nonostante il – 8% rispetto al 2022. “In prima battuta questo dato può essere interpretato in modo non positivo, in realtà abbiamo una spiegazione: spacchettando il dato tra nuovi videogiochi e acquisti in-game, quello che vediamo è che l'acquisto di nuove uscite è in crescita rispetto all'anno precedente del 6%”, afferma Malagò.
Del resto, il 2023 è stato un anno di grandi uscite: per citarne alcune, Zelda: Tears of the Kingdom, Starfield, Marvel’s Spider-Man 2 e Baldur’s Gate 3. Eppure, nessuna di loro figura nel podio dei videogiochi più giocati in Italia nel 2023. Al primo posto, poche sorprese: EA Sports FC 24, il nuovo FIFA. Al secondo, Hogwarts Legacy, il videogioco ambientato nel mondo di Harry Potter. Al terzo, Call of Duty: Modern Warfare III.
Il fatturato generato dai nuovi videogiochi è pari a 577 milioni di euro. Il 54% dei consumatori e delle consumatrici ha optato per l’acquisto nel formato digitale, ma il restante 46% ha preferito la versione fisica. Un dato interessante, che lascia crollare in parte la percezione generale sul totale declino dei videogiochi in formato fisico, quelli con custodia e disco di gioco da inserire nella console o nel computer.
Videogiocatori in Italia: chi sono, quanto giocano e su che piattaforme
Nel 2023 hanno giocato ai videogiochi 13 milioni di italiani e italiane, ossia il 31% della popolazione compresa nella fascia d’età 6 – 64 anni. Per quanto altisonanti, sono numeri in calo rispetto al 2022, nel dettaglio dell’8%. “Vanno fatte delle distinzioni, perché è un numero che deve essere suddiviso tra videogiocatori occasionali, cioè chi gioca meno di un'ora al mese, e i videogiocatori appassionati, cioè coloro che giocano una o più volte alla settimana”, specifica Malagò durante l’intervista. “Qui la decrescita riguarda soprattutto i giocatori occasionali”. Il che spiega perché é diminuito pure il tempo di gioco (6,52 ore a settimana nel 2023 contro le 7,52 del 2022).
Questa tendenza, imputabile per IIDEA al definitivo ritorno alla normalità post-pandemia, non è tipicamente italiana, ma è riscontrabile nei principali mercati europei. In altre parole, si sta verificando quanto sottolineato già nel 2021 su GameIndustry.biz dal giornalista Christopher Dring e dall’ex Presidente di Sony PlayStation Shawn Layden: il pubblico videoludico non cresce in modo massiccio dagli anni ‘90, è solo disposto a spendere di più.
Tornando al pubblico in Italia, 9,2 milioni prediligono giocare su smartphone, soprattutto a puzzle games; 5,6 giocano invece su console, specie a titoli sportivi; infine, 4,6 giocano su pc, in modo specifico agli strategici. Entrando ancora più nel dettaglio dell’analisi, il 61% è composto da giocatori uomini, mentre le donne rappresentano il 38%, . Il restante 1% coinvolge le persone di genere non binario, dato per la prima volta inserito nel rapporto IIDEA.
Cosa stanno facendo le Istituzioni per i videogiochi in Italia
Considerato il periodo di crisi che ha coinvolto l’industria dei videogiochi, tra licenziamenti di massa e cancellazione di progetti, l’Italia è stata uno dei Paesi meno impattati. In parte questo è dovuto a due fattori. “Il primo è che la presenza delle multinazionali è più ridotta in Italia rispetto ad altri Paesi”, spiega Malagò. Il secondo fattore è che l’ecosistema dello sviluppo italiano è composto in maggior modo da imprese indipendenti. “Non abbiamo grandissimi studi di sviluppo che fanno capo a grandi publisher, a parte Ubisoft e adesso Milestone che fa parte nel gruppo Embracer”. È chiaro tuttavia che la situazione globale in cui si trova l’industria va comunque a coinvolgere l’Italia, specie sul fronte della ricerca dei finanziamenti.
L’associazione al momento ha un dialogo aperto con il governo per migliorare il Tax Credit (incentivi fiscali per gli studi di sviluppo) e dare più respiro e competitività alle imprese italiane. “Abbiamo chiesto se è possibile di aggiungere una misura di finanziamento diretto, una sorta di fondo prototipi per gli studi più piccoli, quelli che non hanno le possibilità per accedere al Tax Credit. Stiamo lavorando per far passare il messaggio che i videogiochi sono la nuova frontiera del Made in Italy, digitale, creativo e internazionale”, aggiunge Malagò.
Il videogioco come risorsa è un concetto che può essere applicato anche al di fuori dello sviluppo. Oggi il panorama esports (competizioni videoludiche tra giocatori professionisti) rappresenta un ramo della game industry florido, anche in Italia, come dimostrato da eventi come il Red Bull Kumite, il torneo di Street Fighter, o da carriere di pro-player come Daniela “Effy” Vrabie, del team femminile LXT. Secondo il rapporto Deloitte 2023, il nostro Paese conta 5,9 milioni di persone appassionate di competizioni di videogiochi.
Eppure, nonostante i numeri promettenti e le buone intenzioni dell’incontro sugli esports tenutosi a settembre scorso con i presidenti delle commissioni cultura di Camera e Senato, Vincenzo Mollicone e Roberto Marti, e la sottosegretaria al Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni, il settore esports ha difficoltà ad affermarsi in Italia e ad essere sbocco professionale per le giovani generazioni, come tra l'altro già accade in diversi Paesi, primi fra tutti Corea del Sud e Stati Uniti.
“A gennaio, la Lega ha presentato un disegno di legge in materia di regolamentazione delle competizioni videoludiche in Senato”, spiega Malagò. “Attualmente questo disegno può rappresentare un punto di partenza molto utile per il settore, perché introduce una normativa specifica per l’organizzazione di eventi esports. Lo fa con un’impostazione che colloca il mondo degli esports all’interno dell’industria culturale, creativa e dello spettacolo”. Il disegno inoltre inserisce una serie di obblighi modulari per chi organizza le competizioni, regole come i limiti di età e visti speciali per gli eventi esportivi. “Questo potrebbe essere importante per attrarre sul suolo italiano grandi eventi internazionali”, chiarisce Malagò.