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Cosa sta succedendo per Google negli Usa e perché si parla di “monopolio illegale”

Secondo il giudice distrettuale statunitense Amit Mehta, Google avrebbe pagato miliardi di dollari ogni anno aziende come Apple, Samsung, Mozilla per diventare il motore di ricerca predefinito su smartphone e browser. Le altre realtà, quindi, non hanno avuto l’opportunità o le risorse per competere in modo significativo.
A cura di Elisabetta Rosso
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I Golia del XXI secolo hanno il volto delle Big Tech, una manciata di aziende (molte con le radici nella Silicon Valley) che dominano il mercato schiacciando la concorrenza. Tra queste c'è anche Google. Una sentenza storica ha stabilito che l'azienda avrebbe agito illegalmente per mantenere il monopolio sulla ricerca online e sulla pubblicità correlata. "La corte giunge alla seguente conclusione: Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio", ha scritto il giudice distrettuale statunitense Amit Mehta. "Controlla circa il 90% del mercato della ricerca online e il 95% sugli smartphone".

L'azienda ha violato la legge antitrust attraverso contratti restrittivi con Apple e altri produttori di smartphone per installare Google come motore di ricerca predefinito sui dispositivi. Non è ancora chiaro quali sanzioni Google e Alphabet dovranno affrontare. Le misure saranno decise nelle prossime udienze. "Una cessione forzata del business della ricerca separerebbe Alphabet dalla sua principale fonte di entrate. Perdere la capacità di stipulare accordi di default esclusivi potrebbe essere dannoso per Google", ha spiegato Evelyn Mitchell-Wolf, analista senior di Emarketer. Un lungo processo legale ritarderebbe però qualsiasi effetto immediato per i consumatori.

Perché Google viola la legge antitrust

Secondo il giudice distrettuale statunitense Amit Mehta, Google avrebbe pagato miliardi di dollari ogni anno a "Apple, Samsung, Mozilla e altre realtà" per diventare il motore di ricerca predefinito su smartphone e browser. Le altre aziende, quindi, non hanno avuto l'opportunità o le risorse per competere in modo significativo. "La migliore testimonianza di ciò, dell'importanza dei default, è il libretto degli assegni di Google", ha sostenuto l'avvocato del Dipartimento di Giustizia Kenneth Dintzer durante il processo.

Il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland, ha definito la sentenza una "vittoria storica per il popolo americano. Nessuna azienda, non importa quanto grande o influente, è al di sopra della legge. Il Dipartimento di Giustizia continuerà a far rispettare con vigore le nostre leggi antitrust".

La risposta di Google

Il motore di ricerca di Google è una delle principali fonti di entrare per l'azienda. Genera infatti miliardi di dollari soprattutto grazie alla pubblicità visualizzata nelle sue pagine dei risultati. Gli avvocati dell'azienda hanno difeso il colosso affermando che gli utenti scelgono Google perché rimane la migliore offerta sul mercato.

Non solo, durante il processo l'avvocato di Google, John Schmidtlein, ha dichiarato che l'azienda deve affrontare una forte concorrenza, non solo dai competitor, per esempio Bing di Microsoft, ma anche da siti e app specializzati che vengono utilizzati dagli utenti per cercare servizi specifici come ristoranti o voli aerei.

Alphabet ha dichiarato che intende presentare ricorso contro la sentenza. "Questa decisione riconosce che Google offre il miglior motore di ricerca, ma conclude che non dovremmo essere autorizzati a renderlo facilmente disponibile", si legge nella dichiarazione dell'azienda.

Quali sono le conseguenze della sentenza

Le conseguenze della sentenza non sono ancora chiare. Il giudice nel prossimi mesi si pronuncerà sulle misure. Potrebbe impedire a Google di pagare per essere utilizzato come motore di ricerca sugli iPhone di Apple e altri dispositivi e browser web. Se venisse comunque selezionato dalle aziende però andrebbe a vantaggio del colosso che non sarebbe costretto a pagare per garantirsi un posizionamento privilegiato.

La Corte potrebbe anche obbligare i browser e i produttori di smartphone a chiedere direttamente ai consumatori quale motore di ricerca vorrebbero utilizzare quando configurano per la prima volta il loro dispositivo. Questo sistema però è già stato testato in Europa, e Google ha mantenuto il suo predominio.

Secondo Luther Lowe, responsabile delle politiche pubbliche presso Y Combinator la sentenza "potrebbe rimodellare significativamente il panorama competitivo a vantaggio della ‘piccola tecnologia', riducendo il potere di controllo di Google", ha scritto su X.

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