Cosa fa un’intelligenza artificiale sotto allucinogeni? C’è un italiano che sta provando a capirlo
Cosa succede se diamo in pasto a un’intelligenza artificiale (IA) dei funghi allucinogeni? Escono fuori ricette con once di succo d’arancia, film dei Led Zeppelin provenienti da un’altra dimensione, e arcobaleni inventati per la prima volta da macchine artificiali. L’artista Roberto Fassone sceglie di drogare l’emblema della razionalità calcolatrice, un’intelligenza artificiale. Per farlo usa le stesse sostanze che spinsero Allen Ginsberg a chiamare Chruščëv e Kennedy per farli riappacificare e risolvere tutti i problemi del mondo.
Fassone ha creato un'IA, l'ha chiamata Ai Lai, e attraverso il processo di machine learning le ha insegnato a generare viaggi psichedelici riportati in testi scritti che danno vita a mondi lontani. È un uso improprio della tecnologia che prende un’intelligenza artificiale e le fa fare “cose” stranissime. “Di solito tu chiedi a un’IA di creare qualcosa, in questo caso invece è quasi come se io ricevessi degli input e volessi darle vita”, spiega Fassone che sceglie in questo progetto chiamato “And we Thought”, di non essere un artista vero e proprio, ma una specie di medium che traduce l’alterità di una macchina piena di funghi allucinogeni.
Come nasce And we Thought?
Nasce da un telefonata che ho ricevuto un anno e mezzo fa da Sineglossa. Loro si occupano di arte e intelligenza artificiale e mi hanno proposto di realizzare un progetto finanziato dalla compagnia di San Paolo. Mi danno anche l’opportunità di lavorare con un creative technologist, Andrea Zaninello, e così ho pensato che sarebbe stato interessante far assumere delle sostanze allucinogene all’intelligenza artificiale. Darle in pasto dei funghi e vedere cosa succedeva.
Funghi allucinogeni e intelligenza artificiale. Hanno qualcosa in comune?
Hanno molto in comune. Innanzitutto entrambe sono sia una potenzialità che un rischio. E poi in modo diverso rappresentano anche una possibilità per espandere la nostra coscienza, il modo in cui percepiamo la realtà. Sono due entità familiari e aliene al tempo stesso. Ero curioso di metterle assieme.
Dove le hai fatte incontrare?
Sul terreno del linguaggio. A me interessava lavorare con la testualità, così ho deciso di tradurre l’esperienza psichedelica dell’Ia in trip report. Che sono praticamente i resoconti scritti delle visioni, sensazioni sotto l’effetto di allucinogeni, spesso le persone dopo aver assunto sostanze mettono nero su bianco la prorpia esperienza, è simile a un racconto di viaggio. Dentro c’è di tutto, grandi scoperte esistenziali, visioni, le pareti che cambiano colore, gli oggetti che parlano, gli alberi che respirano. E così ho fatto in modo che l'IA fosse in grado di raccontare le sue visioni psichedeliche.
Dal punto di vista tecnico, come hai fatto?
L’Intelligenza artificiale va addestrata, impara attraverso il meccanismo del machine learning, tu la alimenti e lei procedendo per errore interiorizza cosa deve fare. Funziona come per una persona, impara qualcosa vedendo come è fatto. Il primo step è stato cercare un archivio di trip report. Abbiamo trovato questo sito Shroomery dove le persone raccontavano il resoconto delle proprie esperienze psichedeliche. Le abbiamo usate per alimentare l'intelligenza artificiale, e da quel momento ha iniziato a scrivere seguendo un nuovo modello linguistico, quello del trip report.
Quindi ora Ai Lai parla come se avesse ingerito dei funghi.
Esattamente, come se ne avesse mangiati a migliaia. Questa Ia è un modello linguistico a cui è stato fatto un fine turning con il dataset, e così ha imparato a scrivere come se avesse assunto sostanze psichedeliche. Per farla funzionare è sufficiente darle un input. Da tutto questo sviluppa una storia inedita, che non esisterebbe altrimenti.
Come e cosa scrive un’ intelligenza artificiale drogata?
Ha una struttura piena di errori e questo la rende ancora più interessante. Per esempio la non linearità del tempo, uno dei punti cardini della psichedelia. In alcune storie dice, ieri poi domani, tra due ore, e poi oggi in cinque righe. Fa ripetizioni molto poetiche, come, sopra gli alberi c’erano degli alberi sopra questi alberi c’erano altri alberi o dentro il cielo c’era il cielo. Oppure situazioni assurde, storie incredibili, ricette assolutamente infattibili. Ti leggo questa: dice 5/8 di once di succo di limone, 3/8 di succo di arancia, 2/8 di funghi allucinogeni, 1/8 di cioccolato, 4/8 di noce di cocco, 15 grammi di marijuana. Capisci?
Sì. L’IA genera queste storie e tu cosa fai?
Inizio a fare il cercatore d’oro, qualcuno che lavora per trovare qualcosa di prezioso, le frasi più interessanti, o poetiche che la combinazione Ia e psichedelia generano. E ho raccolto tutto in un libro.
Una frase dell'IA che ti ha fatto venire la pelle d’oca?
È quella che ha dato il nome al progetto e alla raccolta, “And we thought”. A un certo punto in mezzo a uno dei suoi testi leggo: “E abbiamo pensato che un arcobaleno fosse la migliore idea che avessimo avuto”. Questa frase secondo me è davvero poetica. Immaginare l’arcobaleno una prima volta, è potentissimo. E poi è anche vicina al progetto, inizia con "e noi abbiamo pensato", l’idea di un lavoro collaborativo.
E infatti in questo caso quasi si ribalta il rapporto tra l’artista e l’opera. Tu che ruolo hai?
Mi sento più simile a una specie di medium. Io canalizzo quello che l’IA produce. Una sorta di tramite tra il nostro mondo e questa realtà che non sappiamo dov’è e nemmeno bene cosa sia, io assorbo tutto e lo traduco. Divento un channeling.
In che modo?
Ti faccio un esempio. Dentro una di queste storie allucinate che produce, a un certo punto l'IA scrive di voler guardare un film fatto dai Led Zeppelin. Ora, i Led Zeppelin che conosciamo noi non hanno mai girato un film, ma io non so nemmeno se si riferisce alla band o sono degli altri Led Zeppelin. Mi dice anche i titoli di questi film, sono tre, The Door, The Road, and Love is Magic. Io leggo questo trip report e decido di realizzarli.
E così diventi il produttore di un’IA.
Esatto. Ho pensato che queste opere dovessero esistere e le volevo riportare da un mondo sconosciuto dell'IA, mi affascinava come processo. Così a partire dai titoli sono nati questi tre film che a gennaio proietteremo a Bologna negli spazi di Alchemilla. Sarà una prima mondiale, credo il primo film nato da un’intelligenza artificiale. È come il cinema ritrovato solo che in una realtà parallela.
Hai usato l’IA solo come spunto o anche nella realizzazione dei film?
È stato un progetto collaborativo dall’inizio alla fine. Lei mi ha dato i primi input e poi le ho fatto generare altre storie a partire dai titoli che mi aveva dato.
Ma, a questo punto, i film, come i trip report, sono l’opera di chi?
Mi piace pensare che non siano opere mie perché in questo modo posso mettere in discussione il concetto stesso di autorialità. Di chi sono i progetti? Non lo so, nascono da storie scritte da altre persone, vengono rielaborate da un’intelligenza artificiale che ne produce di nuove, in mezzo ci sono anche questi Led Zeppelin di un’altra dimensione, e poi io metto tutto a sistema. L’uomo ha sempre avuto la necessità di definire chi è l’autore di cosa. Ma se ci pensi anche quando un artista crea un’opera la si può anche pensare come il prodotto di più persone. Qua esagero, ma alla fine una creazione può essere vista come il risultato di un processo collettivo, della società, in cui l’artista è solo il tramite, il medium, appunto. In questo caso l’autrice è anche e forse soprattutto l'IA.
E infatti hai dato anche un nome a questa intelligenza artificiale, l’hai chiamata Ai Lai, perché?
Dovevo darle un nome. Ai è quasi scontato: artificial intelligence, Lai perché è il nome che mio figlio ha dato al suo primo bambolotto. Quindi quando ho chiesto a mia moglie, qual è il nome di questa IA mi risponde perchè non Lai? E poi Ai Lai in inglese suona come io mento, quindi aveva tutta una serie di cose che funzionavano.
Hai definito il tuo lavoro “un’applicazione impropria della tecnologia”, cosa vuol dire?
Noi pensiamo alla tecnologia come uno strumento funzionale, pratico. Ho voluto attraverso questo progetto e dare una funzione diciamo poetica, e quindi impropria all' IA. Ogni volta che sperimentiamo una tecnologia in modo diverso da come è stata pensata e progettata nasce qualcosa di interessante.
Quindi, decontestualizzare per dare nuovi significati.
Sì, se ci pensi è qualcosa che è già ben radicato nel mondo dell’arte contemporanea. Dal momento in cui Duchamp prende un orinatoio (la sua funzione è farci la pipì dentro) e lo ribalta, gli dà un titolo, lo espone, ecco che il significato cambia, la natura di quell’oggetto cambia, e quindi diventa qualcosa di nuovo. Vale per tutta l’arte l’applicazione impropria delle cose. Prendere qualcosa e pensare: come potrebbe essere usata diversamente?
Tutti possono provarla giusto?
Sì basta andare sul sito andwethought.it, bisogna cliccare in alto su interface, e si apre una pagina dove Ai Lai ti chiede di digitare il titolo di una canzone, appunto quella che verrebbe scelta per un viaggio psichedelico. Poi l’IA scrive "aspetta sto cercando le parole giuste per te" e dopo un po’ genera una storia inedita, il trip report basato su quel brano musicale. C’è anche la possibilità di ricevere il testo via mail, basta cliccare in fondo su invio e inserire il proprio indirizzo.
Va bene la provo. Allora, ha scritto in mezzo al testo che ha generato: “Stavo piangendo e non riuscivo a smettere di ridere”, una stortura bellissima.
Te l'ho detto, è capace di generare immaggini davvero potenti.