Ecco BRILLO, il robot napoletano che parla e prepara i cocktail
Dopo il robot che costruisce ferrovie in Giappone e i cani-robot usati per i pattugliamenti negli Stati Uniti, dall'Italia arriva il robot bartender. Il suo nome è BRILLO (Bartending Robot for Interactive Long Lasting Operations) ed è stato sviluppato da un team di scienziati dell'Università Federico II di Napoli in collaborazione con PRISCA Labs e Totaro Automazioni. Quest'ultima è un'azienda italiana specializzata in macchine per catene di montaggio alimentari.
BRILLO potrebbe inquietare a primo impatto, nonostante sia dotato di un volto simile a quello umano: ha delle lunghe braccia metalliche attraverso cui creare i cocktail richiesti, mentre l'estetica strizza l'occhio al vintage, come dimostra il gilet azzurro e il papillon rosso. Un miscuglio di elementi particolare, che però non inficia sul suo funzionamento, basato su algoritmi di apprendimento automatico. Questi consentono a BRILLO di acquisire esperienza per la preparazione dei drink e di ricordare i gusti dei clienti. Può persino parlare e fare batture, se si è dell'umore giusto.
L'obiettivo dell'Università di Napoli, PRISCA Labs e Totaro non è quello di creare una semplice macchina per la preparazione delle bevande, ma di "imitare gli importanti aspetti sociali del lavoro di un barista". Lo ha riferito a CNBC Make It Silvia Rossi, professoressa nonché ricercatrice capo presso PRISCA Labs.
Lo sviluppo di BRILLO è iniziato nel 2020. Nei due anni successivi, centrale è stato l'addestramento dell'algoritmo, così da permette al robot-bartender di "studiare il viso e gli schemi vocali di un cliente al fine di apprendere, in tempo reale". Ciò consente a BRILLO di essere consapevole dello stato d'animo della persona con cui interagisce e di avviare un'interazione basata su quanto appreso. Si tratta di una sfida molto complessa, dato che, in generale, le persone sono riluttanti a conversare con i robot. Per tale ragione, sarà difficile incontrare BRILLO dentro i locali italiani. Al momento esiste "solo per scopi di ricerca", ha sottolineato la professoressa Rossi. "Ci sono questioni molto impegnative anche dal punto di vista della privacy e dell'etica, quindi vogliamo occuparci [di quello]".