Con gli impianti cerebrali possiamo sbloccare i nostri poteri: inizia l’era dell’Homo Deus?

A gennaio 2024 Noland Arbaugh si è sottoposto a un'operazione per farsi impiantare un chip nel cervello. L'uomo, rimasto paralizzato in un incidente nel 2016, pochi giorni dopo l'intervento ha cominciato a muovere il cursore con il pensiero. Grazie al chip di Neuralink, azienda di Elon Musk, Noland ha "rivoluzionato la sua vita". Questo è solo l'inizio. Come si legge sul sito di Neuralink infatti gli impianti permetteranno a breve di "sbloccare il potenziale umano di domani".
La fantascienza ha già offerto qualche spunto. Basta pensare a Gattaca, Upgrade o Neuromante. Per citare qualche esempio più recente, Black Mirror, ma anche la serie Severance, dove i protagonisti riescono a separare i ricordi della vita personale da quelli lavorativi grazie a un chip. Come insegna la storia, spesso le tecnologie usate come strumenti narrativi della fantascienza sono poi diventate realtà. Gli impianti cerebrali non fanno eccezione, e l'era degli "esseri umani aumentati" potrebbe non essere poi così distante.
Memoria aumentata, telepatia, controllo di dispositivi con il pensiero, apprendimento ultra-rapido, sono solo alcuni dei "super-poteri" che potremmo sviluppare grazie agli impianti cerebrali. Tecnologie però che saranno accessibili a pochi, o meglio a chi può permettersele. Come ha spiegato Alessandro Prinetti, professore ordinario di Chimica Biologica all'Università degli Studi di Milano, a Fanpage.it: "Il rischio è di creare fazioni umane diverse: da un lato gli umani ‘normali' dall'altro una classe di élite cognitivamente superiori".
Il futuro degli impianti cerebrali
La tecnologia di base esiste da decenni. Le prime sperimentazioni cliniche sull'uomo risalgono agli anni '90 quando Phil Kennedy, ricercatore del Georgia Tech, impiantò un sistema in un paziente affetto da grave paralisi. Dopo l’intervento il paziente è riuscito a controllare il cursore di un computer solo con il pensiero. Da allora i BMI sono stati utilizzati per le crisi epilettiche, alleviare i sintomi del morbo di Parkinson attraverso la stimolazione neurale mirata, permettere a persone con gravi paralisi di giocare ai videogame.
Quello delle interfacce cervello-computer (BMI) è un mercato in crescita. Neuralink di Musk ha già impiantato Telepathy su due pazienti. Il Chinese Institute for Brain Research (CIBR) con sede a Pechino e NeuCyber NeuroTech hanno inserito un chip cerebrale wireless semi-invasivo, Beinao No.1, in tre pazienti il mese scorso e ne hanno in programma altri dieci entro quest'anno.
Il passo successivo è usare gli impianti per il potenziamento cognitivo. Secondo Musk sarà possibile tra circa dieci anni. Probabilmente servirà più tempo, eppure gli scienziati stanno già lavorando per realizzare dispositivi in grado di migliorare le nostre capacità mentali.
Quali superpoteri potranno darci gli impianti
Una BMI è composta da sonde, di solito fili molto sottili, che vengono inseriti nel cervello in punti specifici. Queste sonde intercettano l'attività delle cellule cerebrali vicine, trasmettono le informazioni raccolte a un computer che poi elabora le informazioni. Le BMI possono però funzionare anche al contrario, guidando l'attività neurale attraverso la stimolazione elettrica e modificando quindi ciò che pensiamo e sentiamo.
I primi dispositivi potrebbero potenziare i cinque sensi e permettere di controllare robot a distanza. Esistono già dispositivi in grado di utilizzare i segnali elettrici che arrivano dal sistema nervoso, le persone con paralisi gravi, come Arbaugh, possono utilizzare interfacce cervello-computer per muovere il cursore sullo schermo. L’attivazione di alcuni nervi periferici però potrebbe essere sfruttata per apprendere più velocemente. I ricercatori stanno già testando l’effetto degli impulsi sul nervo vago per il potenziamento cognitivo.
Non solo, i chip potrebbero anche migliorare la memoria o la capacità di elaborazione. Secondo Kevin Warwick, professore di cibernetica presso l'Università di Coventry e l'Università di Reading nel Regno Unito, “i ricordi e le conoscenze potrebbero essere immagazzinati esternamente, e scaricati se necessario quando ce n’è bisogno”. Si potrebbero imparare nuove lingue o aumentare in base alle necessità il livello di concentrazione.
Le fazioni umane superiori
Da un lato esseri umani normali, dall'altro essere umani con cervelli aumentati da memorie inesauribili e sensi potenziati. Come spiega Prinetti, "le nuove tecnologie rischiano di mettere le basi per un futuro distopico. Se penso ai neuroimpanti vedo molti rischi, esoscheletri e chip potrebbero potenziare corpo ”, creando una classe di essere umani superiori.
"Immaginiamo per esempio chip che permettono di pensare più velocemente, comunicare telepaticamente, ampliare la memoria, migliorare l'attenzione e la concentrazione. Il rischio è che diventino accessibili solo a persone benestanti, per via dei costi. Questo vorrebbe dire gruppi umani molto diversi". Gli impianti potrebbero, per citare lo scrittore Yuval Noah Harari, segnare il passaggio dall'Homo sapiens all'Homo Deus, e l'unico parametro d'accesso sarebbe il denaro.
"Questo processo", ha spiegato Prinetti, "viene già raccontato nella fantascienza però abbiamo visto negli ultimi decenni evoluzioni tecnologiche talmente rapide che non so fino a che punto tutto ciò resterà confinato alla fantascienza.”
Dentro il nostro cervello
Gli impianti cerebrali comportano una serie di rischi. I dispositivi di intelligenza artificiale infatti vengono addestrati su dati, non sono neutri, anzi, l'intelligenza artificiale assorbe e consolida pregiudizi e ideologie che si concretizzano poi nei bias algoritmici. Le BMI quindi potrebbero influenzare il nostro pensiero, è come se inserissimo direttamente nelle nostre menti bias sociali in grado di influenzarci.
C’è poi un problema di privacy. Al momento non siamo ancora vicini alla possibilità di leggere la mente attraverso i chip, eppure come ha spiegato Clare Elwell, professoressa di fisica medica all'UCL: "Queste innovazioni potrebbero essere davvero rapide. Ora abbiamo accesso ai percorsi neurali in un modo che non eravamo mai stati in grado di fare prima, quindi dobbiamo valutare attentamente l'impatto clinico di qualsiasi intervento e assicurarci di agire sempre nel migliore interesse del paziente".
La lettura del pensiero a distanza lascia intravedere anche una prospettiva orwelliana. Con l’accesso al nostro cervello, nel peggiore dei casi i governi potrebbero punire “chi ha pensieri sbagliati”. Nel migliore invece la nostra mente diventerebbe una fonte inesauribile di dati per profilazioni accuratissime. Come si legge nel rapporto della Royal Society intitolato iHuman: confini sfumati tra mente e macchina, le interfacce neurali "pongono nuovi rischi: il rischio che stati d'animo o pensieri possano essere intercettati da aziende, governi o altri. I rischi per la privacy e i diritti umani e il rischio di un aumento delle disuguaglianze sociali".
Non stiamo considerando il controllo mentale a distanza, la deriva più inquietante ma anche la meno probabile in un futuro prossimo. Considerati i rischi e le derive distopiche, al di là dei superpoteri che potrebbero darci gli impianti cerebrali, vien da chiedersi: ma a che prezzo?