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Come un caso contro Andy Warhol potrebbe cambiare il futuro dell’intelligenza artificiale

Tra qualche mese la Corte Suprema dovrà decidere se un’opera di Warhol ha violato il diritto d’autore. La decisione potrebbe cambiare le regole per il copyright delle immagini generate con l’IA.
A cura di Elisabetta Rosso
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Una fotografia di Prince scattata nel 1981 potrebbe cambiare il futuro dell'intelligenza artificiale generativa. È necessario collegare una lunga serie di punti, in mezzo alla storia c’è un fotografo del Vanity fair, un caso giudiziario, la battaglia feroce di tre artisti di San Francisco contro l’IA, Andy Warhol, e la dottrina del fair use inclusa nel Copyright Act.

Facciamo ordine. Tra qualche mese la Corte Suprema degli Stati Uniti emetterà una sentenza sul caso Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc. contro Goldsmith, che potrebbe cambiare le regole del copyright per l’intelligenza artificiale. Da quando Midjourney ha cominciato a generare immagini con l’IA, illustratori, artisti, designer e grafici si sono accorti che i risultati erano troppo simili a opere che già esistevano: le loro. Questo perché per funzionare l’IA deve essere addestrata su materiale che è stato pubblicato, impara, copia e riproduce. Si apre così un dibattito controverso sui diritti d’autore. L’intelligenza artificiale ha aperto nuove domande sulla proprietà intellettuale delle opere e ora è necessario fare i conti con una variabile che nessuno prima d’ora aveva mai considerato: l’arte delle macchine.

La questione dirimente è se Andy Warhol doveva concedere o meno i diritti al fotografo che ha immortalato Prince. Meglio, se la foto usata da Warhol come base per la sua opera è stata modificata a tal punto da rappresentare qualcosa di estraneo all’originale. A seconda di cosa deciderà la Corte Suprema si apriranno nuovi scenari.

Il caso Andy Warhol

Tutto inizia nel 1981, Lynn Goldsmith entra nello studio di Prince e scatta una foto, tre anni dopo la rivista Vanity Fair concede la licenza dello scatto all’artista Andy Warhol, e il suo lavoro a novembre del 1984 finisce sulla copertina della rivista, Goldsmith riceve i crediti ed è tutto a posto. Poi tra il 1984 e il 1987, Warhol crea la "Prince Series", riprendendo proprio la fotografia di Goldsmith. Tra il 1993 e il 2004, la Warhol Foundation vende 12 opere basate sullo scatto, e 4 invece le espone all'Andy Warhol Museum.

Poi, quando nel 2016 Prince muore, Condé Nast pubblica un numero speciale dove compare in copertina proprio "Orange Prince" di Warhol, concessa in licenza per 10.250 dollari. Peccato che questa volta Goldsmith non sia citato tra gli autori, e così decide di fare causa alla Warhol Foundation. Il tribunale nel 2019 si pronuncia a favore della fondazione, ma nel 2011, la Corte d'Appello si è schierata con Goldsmith e ora la Corte Suprema, che ha  esaminato il caso nell'ottobre 2022, dovrà decidere chi ha ragione.

Come la sentenza della Corte Suprema può cambiare le regole dell'intelligenza artificiale

Ryan Merkley, amministratore delegato di Aspen Digital e presidente della Flickr Foundation parlando con Wired ha messo in luce la domanda cruciale: "Perché Goldsmith è stato pagato la prima volta e non la seconda?” Ora la Corte dovrà decidere se l'opera di Warhol ha trasformato radicalmente o meno lo scatto di Goldsmith. Nel primo caso la fondazione può appellarsi al fair use (una dottrina esclusiva nella legislazione degli Stati Uniti che permette di utilizzare un’opera senza licenza perché trasformata in modo tale da non essere riconducibile all’originale), nel secondo dovrà riconoscere il diritto d'autore a Goldsmith. E questa decisione influirà su come applicare il copyright per le opere generate dall'intelligenza artificiale.

Non si tratta solo di un caso sui diritti di una fotografia. Prendiamo in esame il primo scenario. Se la Corte desse ragione alla Warhol Foundation la battaglia degli artisti che chiedono di ottenere le licenze per le immagini prodotte dall’IA sarebbe vana. In poche parole se le immagini generate da Midjourney o da Stable Diffusion modificassero in modo radicale l’opera da cui prendono spunto e con cui sono state addestrate, non sarà applicabile la legge sul copyright. E c’è anche il rovescio della medaglia, se vincesse Goldsmith invece potrebbero rafforzarsi le licenze, e come ha spiegato Art Neill, direttore del New Media Rights Program presso la California Western School of Law sempre a Wired:  "Il copyright è un monopolio e il fair use è la valvola di sicurezza". Secondo i sostenitori del fair use, la dottrina è un punto cardine per difendere il diritto di criticare, modificare, e reinterpretare le opere fatte da altri.

La battaglia degli artisti contro i generatori di immagini

Tre artiste, Sarah Andersen di Portland, Kelly McKeran di Nashville, e Karla Ortiz di San Francisco hanno avviato una causa legale negli Stati Uniti “per rappresentare una categoria di migliaia di colleghi colpiti dall'intelligenza artificiale generativa”. L’accusa è di sfruttare le opere degli artisti, senza il loro permesso e senza riconoscere una percentuale di guadagno, per addestrare i generatori di immagini. Sin da subito infatti sono state esposte nelle vetrine dell’IA generativa immagini troppo simili, copie maldestre del lavoro di altri artisti, opere buttate dentro i generatori senza il consenso di chi le ha create

Il caso Greg Rutkowski è emblematico. Lui è un concept artist celebre per le sue opere in stile fantasy, ed è stato menzionato centinaia di migliaia di volte nei prompt su Midjourney. Secondo il sito Lexica , che tiene traccia di oltre 10 milioni di immagini e suggerimenti generati da Stable Diffusion, il nome di Rutkowski è stato utilizzato 93.000 volte. Gli artisti chiedono innanzitutto di poter concedere il consenso, quindi scegliere se far usare o meno le immagini all’IA. Non solo hanno anche proposto di creare un filigrana sui contenuti digitali per dimostrare l’autenticità, la fonte e quindi assicurare una corretta attribuzione, e anche un compenso all’artista di riferimento che ha ispirato l’opera. Le aziende che sono state citate in giudizio hanno spiegato che le immagini generate dall'intelligenza artificiale hanno poca somiglianza con le opere che hanno utilizzato per addestrare le macchine. Hanno quindi parafrasato la dottrina del fair use.

Il diritto d'autore al contrario: cosa succede alle opere create con l'IA

I riflessi del fair use si vedono anche applicato al contrario. Infatti non c'è solo il problema degli artisti che rivendicano le loro opere usate dall'IA. Sin da subito i generatori di immagini sono stati usati come strumento creativo,un'opera creata con Midjourney ha persino vinto un concorso artistico. E qui nasca l'altro problema. Le immagini che sono state create da un artista che a sua volta ha usato l'intelligenza artificiale, possono essere protette del diritto d'autore?

A marzo, l'US Copyright Office ha detto: "Queste tecnologie, spesso note come ‘IA generativa', sollevano interrogativi sul fatto che il materiale che producono sia protetto da copyright, se le opere costituite sia da materiale creato dall'uomo sia da materiale generato dall'IA possono essere registrate e quali informazioni debbano essere forniti all'Ufficio da parte dei richiedenti che cercano di registrarli", si legge nella dichiarazione. "Queste non sono più domande ipotetiche."

In poche parole è arrivata a un punto. L’arte creata solo dall’IA non è soggetta a copyright, per registrarla un artista deve mostrare un intervento umano significativo. “Un essere umano può selezionare o organizzare il materiale generato dall'intelligenza artificiale in modo sufficientemente creativo che ‘l'opera risultante nel suo insieme costituisca un'opera d'autore originale.' Oppure un artista può modificare il materiale originariamente generato dalla tecnologia AI a tal punto che le modifiche soddisfano lo standard per la protezione del copyright”.

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