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Come TikTok è diventato una delle fonti principali nella crisi tra Ucraina e Russia

TikTok è e sarà sempre di più la piattaforma centrale in crisi come quella che ha colpito Ucraina e Russia. Da calderone di commedie e balletti, in questi casi la piattaforma cinese si trasforma in vera e propria fonte diretta di contenuti.
A cura di Marco Paretti
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Probabilmente in questi giorni avrete visto diversi video simili: mostrano le forze e i mezzi corazzati russi ammassarsi al confine con l’Ucraina come parte di una mobilitazione che sta tenendo il mondo sulle spine. Questi contenuti hanno però una particolarità, perché non sono stati ripresi da giornalisti o inviati, ma da cittadini, curiosi ed ex militari. Non arrivano dalle televisioni, insomma, ma da una piattaforma che sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel racconto di queste crisi: TikTok.

Le immagini dei veicoli militari incolonnati sulle strade o ammassati vicino al confine hanno fatto il giro del mondo, ma lo hanno fatto sfruttando questo cortocircuito: TikTok è diventata la piattaforma chiave dove questi contenuti si sono diffusi a macchia d’olio. Alimentando non solo la tensione di una possibile guerra ma consentendo agli analisti e agli esperti di valutare almeno in parte le forze in campo. E a noi di vedere cosa sta accadendo. Arrivano da cittadini a passeggio con il cane che si trovano davanti un treno militare, da autisti di camion che si vedono sfrecciare accanto colonne di mezzi corazzati o da satelliti commerciali che fotografano basi militari in piena attività. È un concetto che negli ultimi anni si è rafforzato diventando anche una parte di quella che viene chiamata Open Source Intelligence, cioè la pratica di valutare e analizzare contenuti, tra gli altri, di post, video sui social e immagini satellitari derivanti da satelliti commerciali. È un metodo utilizzato anche dalle agenzie governative per monitorare una situazione come quella attuale e che può fornire dettagli in più proprio perché i contenuti arrivano dagli occhi dei cittadini.

D’altronde social network e cronaca sono ormai legati da anni, a partire dalle proteste durante la primavera araba che hanno evidenziato quanto può essere forte la narrativa social quando i contenuti arrivano dalle stesse persone che stanno partecipando a quel movimento. Avanti veloce: oggi la diffusione degli smartphone e la nascita di TikTok hanno amplificato enormemente questo concetto, consentendo a tutti di diventare narratori di una storia che poi viene amplificata dall’algoritmo del social. Senza considerare chi sta utilizzando questo canale per parlare di questa crisi da remoto, che sia con contenuti seri di spiegazione, con siparietti ironici o con bufale.

Già perché questo approccio, è bene ricordarlo, può anche diventare un’arma a doppio taglio: è la stessa Russia che potrebbe alimentare un certo tipo di narrativa su TikTok per rafforzare la propaganda interna e confondere le acque all’estero. Una pratica che il Paese avrebbe già utilizzato diverse volte in passato. Di certo, però, sappiamo che ancora una volta la piattaforma cinese non ha fatto pace con questa sua centralità nei fatti di cronaca, tanto che TikTok sembra essere allergico all’attenzione mediatica dovuta a una crisi che coinvolge tutto il mondo. A differenza di Twitter e Facebook, che spesso si fregiano di essere le piattaforme su cui vengono pubblicate le notizie in tempo reale, il social cinese non ha mai sottolineato né sostenuto questo suo ruolo nel racconto di una crisi. E in Italia ha persino "censurato" l’hashtag #terzaguerramondiale, che non è selezionabile. Forse TikTok vorrebbe solo commedie e balletti, ma prima o poi dovrà mettersi l’anima in pace: è e sarà sempre di più la piattaforma centrale in crisi di questo tipo.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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