“Ci rubano il lavoro”: perché altri otto giornali hanno fatto causa a OpenAI e Microsoft
La guerra continua. Altre otto testate americane hanno puntato il dito contro OpenAI e Microsoft. L'accusa è di usare milioni di articoli protetti da copyright per addestrare i loro chatbot. Non è la prima denuncia (a dicembre il New York Times aveva citato in giudizio la società madre di OpenAI per violazione del diritto d'autore) e non sarà l'ultima. L'intelligenza artificiale (IA), infatti, per essere addestrata ha bisogno di milioni di testi e immagini prodotti da altri. Ingerisce, rielabora, e poi sputa fuori contenuti che aprono anche un grande interrogativo sul diritto d'autore.
Secondo i giornali i chatbot sono stati addestrati con dati, informazioni e contenuti "rubati". Non solo, avrebbero anche attribuito alle testate notizie false o inaccurate danneggiando la reputazione dei giornali e "diffondendo informazioni pericolose". Le "allucinazioni" dell'intelligenza artificiale non sono una novità, ma le fake news prodotte dai chatbot e attribuite a fonti prestigiose, potrebbero causare un grave danno d'immagine per le testate.
La causa non chiede una somma di risarcimento, le otto testate vogliono però un compenso per i contenuti rubati che sono stati usati da OpenAI e Microsoft per addestrare i chatbot.
La denuncia delle testate
La causa, intentata dallo studio legale Rothwell, Figg, Ernst & Manbeck, accusa OpenAI e Microsoft di concorrenza sleale per appropriazione indebita, diluizione del marchio, e di violazione del diritto d'autore. La denuncia è stata presentata in tribunale federale del distretto meridionale di New York dalle seguenti testate: The Denver Post, The Orange County Register, The Chicago Tribune, The New York Daily News, The New York Daily News, The San Jose Mercury News, The Orlando Sentinel, e The Sun Sentinel of Florida. Tutti i giornali sono di proprietà di Alden Global Capital.
Secondo le otto testate i chatbot di OpenAI e Microsoft avrebbero generato interi testi identici agli articoli per abbonati delle testate. Un problema per le testate locali, i software infatti disincentivano i lettori a pagare i giornali visto che possono recuperare gratuitamente gli articoli grazie ai chatbot.
"Abbiamo speso miliardi di dollari raccogliendo informazioni e riportando notizie nelle nostre pubblicazioni, e non possiamo permettere a OpenAI e Microsoft di espandere il programma della Big Tech rubando il nostro lavoro per costruire le proprie attività a nostre spese", ha spiegato in una nota Frank Pine, redattore esecutivo che supervisiona i giornali di Alden.
La riposta di OpenAI
Il portavoce di OpenAI ha dichiarato che l'azienda "non era precedentemente a conoscenza" dei problemi causati dai chatbot, ha anche sottolineato che al momento sta lavorando a delle "partnership con molte testate giornalistiche per esplorare le opportunità".
Il Financial Times, per esempio, ha appena raggiunto un accordo con OpenAI, ha concesso alla società di utilizzare i suoi contenuti per addestrare i suoi chatbot. OpenAI aveva già stretto un accordo con l’Associated Press, Le Monde, e El Paìs per addestrare ChatGPT con i contenuti delle testate.
"Insieme ai nostri partner giornalistici, vediamo un immenso potenziale negli strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT per approfondire le relazioni degli editori con i lettori e migliorare l'esperienza delle notizie", ha poi aggiunto. Microsoft al momento non ha ancora rilasciato dichiarazioni sul caso.