C’è un museo dove rivivere l’Olocausto in realtà virtuale: “Con la tecnologia combattiamo l’antisemitismo”
Inizia con un ologramma sospeso, dietro ci sono vagoni merci serrati e rotaie lunghissime, quelle che portano ad Auschwitz, meglio, quelle in grado di portare lì anche chi non c'è mai stato. Grazie alla realtà virtuale, l'Illinois Holocaust Museum and Education Center di Skokie, negli Stati Uniti, fa vivere, quasi sulla pelle, tutto l'orrore dell'Olocausto. Per farlo basta indossare un visore e delle cuffie, e inizia così un viaggio indietro nel tempo guidato dalle testimonianze dei superstiti.
Come spiega Susan Abrams, CEO dell'Illinois Holocaust Museum and Education Center, "in questo momento storico, in cui stiamo assistendo a un aumento dell'antisemitismo, la tecnologia diventa fondamentale, per fare in modo che alla fine milioni di persone possano vivere queste esperienze", e non dimenticare.
I campi di concentramento virtuali
Le testimonianze dei superstiti, vengono raccontate in due esposizioni "The Journey Back: A VR Experience", e "The Abe & Ida Cooper Survivor Stories Experience". Grazie alla realtà virtuale, l’esposizione non solo porta i visitatori dentro gli spazi che hanno segnato l’Olocausto, ma consente anche di porre domande agli ologrammi dei sopravvissuti per ottenere informazioni in tempo reale e in modo interattivo. Le risposte sono costruite grazie a 40 ore di interviste registrate.
I visitatori si sistemano su sedie girevoli blu elettrico, che permettono di avere una visuale a 360° e indossano cuffie e visore. Sono guidati poi dai sopravvissuti, come George Brent, che nel 1944 era solo un ragazzo ungherese trascinato via da casa perché ebreo. Si attraversano così i campi di concentramento di Auschwitz, Mauthausen ed Ebensee.
Ricordare grazie alla tecnologia
La visita inizia con Brent, che ora ha 93 anni. Racconta subito di un album fotografico trovato in una libreria nel 1981 "The Auschwitz Album". Dentro ci sono due foto, una di suo padre e una di lui, ancora ragazzino. "Sono corso da tutti per mostrare alla gente la prova che ero davvero stato ad Auschwitz", spiega. Il viaggio continua a Ebensee, il campo di concentramento in Austria dove Brent è stato trasferito a 15 anni. Viene mostrato anche come si è trasformato durante gli anni. Ora è una città di periferia. "Mi ha colpito il cambiamento che questi luoghi subiscono nel corso degli anni, e quello di cui ho paura è che alla fine scompariranno", spiega Brent ai visitatori.
L'Olocausto sulla propria pelle
Susan Abrams ha spiegato alla NbcNews che “essere immersi con un visore per la realtà virtuale smuove le persone in un modo diverso". Infatti, "invece di leggere qualcosa o guardare qualcosa passivamente, sei coinvolto", ha aggiunto. Quando la famiglia di Brent ha indossato i visori per visitare i campi ha detto: “Wow, ho sentito la storia così tante volte. Ma fino a quando non ho indossato le cuffie e non sono stato lì con lui, non credo di averlo mai provato in questo modo”.
Durante la visita Brend racconta del suo viaggio ad Auschwitz-Birkenau, e fa salire con lui i visitatori su quel vagone merci dove stipati tutti piangono, tossiscono e urlano. "Stando solo sul treno grazie alla realtà virtuale, mi sono sentita spaventata, schiacciata tra tutte le persone", ha detto. “Solo essere lì dentro, è stato molto coinvolgente. Penso che sarà uno strumento utile per insegnare a noi ragazzi cosa è successo”, ha raccontato Divine Olikaju, una studentessa di 15 anni dell'Accademia militare di Chicago alla Nbcnews, quando ha provato l'esperienza della realtà virtuale durante una gita al museo.
Combattere l'antisemitismo oggi
Abrams ha anche spiegato che le testimonianze di prima mano sono "il modo più potente per sviluppare empatia e comprensione della nostra comune umanità", proprio per questo il museo sta realizzando altre tre esperienze di realtà virtuale per avvicinare ancora di più le persone alle testimonianze storiche dei sopravvissuti. "Stiamo assistendo a un aumento, non solo dell'antisemitismo, ma di tutte le forme di odio e fanatismo, siamo così grati di poter avere queste storie da condividere", ha detto.
Il rapporto tra social network e antisemitismo
La tecnologia fa bene e la tecnologia fa male. Le esposizioni dell'Illinois Holocaust Museum and Education Center diventano ancora più rilevanti in un mondo dove ci sono anche tanti strumenti tecnologici che vanno dalla parte opposta, alimentando sentimenti antisemiti e negazionisti.
Sophie Schmalenberger, dell’Università di Aarhus, esperta di polulismi e estremismi ha spiegato che oggi l’antisemitismo ha trovato nuove strade per proliferare, soprattutto sui social. L'antisemitismo infatti può assumere forme sottili, per esempio le emoji. La combinazione di una stella di David e un topo, evoca chiaramente la propaganda nazista, quella che portò a disumanizzare gli ebrei a tal punto da accettare il genoicidio. Un altro esempio di antisemitismo sui social sono gli attacchi troll che interrompono eventi online sull’Olocausto diffondendo messaggi negazionisti.
Gabi Weimann, professore di scienze della comunicazione dell’Università di Haifa, Israele, insieme alla ricercatrice Natalie Masri, hanno scoperto che i giovani su TikTok sono spesso inconsapevolmente esposti all’antisemitismo. Alcuni dei contenuti pubblicati combinano clip di filmati della Germania nazista con nuovi testi che sminuiscono o prendono in giro le vittime dell'Olocausto. L’esposizione a tali contenuti, potrebbe portare i ragazzi a normalizzare l’antisemitismo.
L'Anti-Defamation League, un gruppo per i diritti civili con sede a New York che tiene traccia dei casi di antisemitismo dal 1979, ha rilevato che nel 2021 si sono verificati 2.717 incidenti, il 34% rispetto al 2020. In Europa, la Commissione europea ha rilevato un aumento preoccupate, i post antisemiti sono cresciuti sette volte tanto negli account in lingua francese e oltre tredici volte all'interno dei canali tedeschi durante la pandemia. Secondo un rapporto del 2022 delle Nazioni Unite , il 17% dei contenuti pubblici di TikTok relativi all'Olocausto lo ha negato o distorto. Lo stesso vale per quasi 1 post su 5 presente su Twitter relativo all'Olocausto e per il 49% dei contenuti sull'Olocausto su Telegram.