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Caso Telegram, i dubbi sulla profezia di Elon Musk: “Nel 2030 saremo giustiziati per un Mi Piace”

Dopo l’arresto di Pavel Durov, fondatore di Telegram, Elon Musk ha pubblicato diversi contenuti su X sulla libertà di parola. Per l’uomo più ricco del mondo siamo davanti a un nuovo attacco delle istituzioni: i suoi commenti però vanno letti in una cornice che riguarda contesti più ampi, a partire dal marketing.
A cura di Valerio Berra
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L’arresto di Pavel Durov è uno dei passaggi più interessanti nella storia recente delle app. Il fondatore di Telegram è stato fermato dalla polizia appena arrivato all’aeroporto di Le Bourget. Secondo le informazioni riportate dall’agenzia stampa Reuters il motivo del fermo si trova in un’indagine preliminare della polizia francese: l’accusa è che la mancanza di moderazione su Telegram abbia favorito lo sviluppo di attività criminali. Una tesi che ha sollevato parecchie critiche nelle ultime ore.

La più tagliente è quella di Elon Musk. L’uomo più ricco del mondo è al centro del dibattito sulla moderazione dei social da quando ha acquistato Twitter, ora ribattezzato X. Musk ha scritto: “POV: Siamo nel 2030 in Europa stai per essere giustiziato per aver messo Mi Piace a un meme”. Musk ha poi pubblicato altri contenuti sul tema, rilanciando anche l’hashtag #freePavel.

Il marketing della libertà di parola

Le parole di Elon Musk vanno lette in almeno due contesti. Il primo è quello del marketing. X non è un social molto diverso dagli altri. È un posto in cui si possono condividere testi, immagini e video. Si possono produrre contenuti originali o rilanciare quelli degli altri. Si possono creare account o seguirne altri. È veloce, vero. E funziona bene anche per i testi o le dichiarazioni ufficiali. Ma anche se in molte nicchie è ancora apprezzato, a livello di utenti è imparagonabile con TikTok o con l’ecosistema di Meta (Instagram e Facebook). Da quando è arrivato Musk il marketing di X si è spostato molto sulla libertà di parola.

Puntare su questo tema permette sia di rivolgersi a chi si sente stretto dalle maglie della moderazione sui social sia di giustificare i tagli avvenuti dall’arrivo di Musk in questo settore. Insomma, la difesa della libertà di parola sta diventando l’unica caratteristica che rende X diversa dalle altre piattaforme. Certo poi la formula “libertà di parola” meriterebbe un approfondimento a parte, visto che spesso si intende solo libertà di odiare, insultare o condividere contenuti violenti. Ma non è questo il momento.

Il vecchio problema della libertà dei social

Il secondo contesto, più interessante, in cui leggere le parole di Elon Musk riguarda la responsabilità dei social sui contenuti pubblicati dagli utenti. Nel 2018 in un’udienza davanti al Congresso, Mark Zuckerberg aveva detto che la sua non era una “media company” ma una “tech company”. In pratica, Facebook e Instagram si occupavano solo di creare l’infrastruttura. Per cosa venisse usata questa infrastruttura non era un suo problema.

La frase di Zuckeberg è invecchiata malissimo. Torna ancora il marketing: quale azienda sarebbe interessate a farsi pubblicità in una piattaforma in cui ci possono essere contenuti violenti? Chi accetterebbe di vedere il nome del suo brand prima del video di una strage? Senza contare che diversi regolatori hanno iniziato a chiedere standard di moderazione più alti per poter operare nei loro territori. In Unione Europea questo dibattito ha portato alla firma del Digital Service Act (DSA).

Tutto questo sembrava aver reso tacita una cosa: le piattaforme non sono responsabili dei singoli contenuti ma devono garantire un impianto di moderazione stabile. Regola che è stata accolta soprattutto dai nuovi operatori del mercato. Secondo i dati del 2023, TikTok è la piattaforma che ha più moderatori per i contenuti in italiano: 430, Meta ne ha 179 mentre X ne ha 2. Ora l’arresto di Durov può aprire un nuovo capitolo sul dibattito che definirà il futuro delle piattaforme.

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